CdM: decreto-legge formalizza la proroga della rottamazione quater

Il CdM, in data 4 maggio 2023, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici e società, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale, nel quale è anche ufficializzata la proroga di due mesi per l’invio delle domande della rottamazione quater (Consiglio dei ministri, comunicato 4 maggio 2023, n. 33).

Il decreto-legge approvato in data 4 maggio 2023 dal CdM contiene norme che mirano al riordino della disciplina in materia di amministrazione degli enti pubblici previdenziali, delle fondazioni lirico sinfoniche e delle società quotate, intervenendo inoltre in materia di termini legislativi in scadenza nel settore sanitario, in quello fiscale, nell’artigianato e in relazione alla concessione del titolo onorifico a favore delle vittime delle foibe.

In particolare, in materia di fisco, con riferimento alla definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, è previsto che il pagamento dei debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 possa essere effettuato:

– in unica soluzione non più entro il 31 luglio 2023, ma entro il 31 ottobre 2023;

– nel numero massimo di diciotto rate, la prima e la seconda delle quali, ciascuna di importo pari al 10% delle somme complessivamente dovute ai fini della definizione, con scadenza rispettivamente il 31 ottobre (invece che il 31 luglio) e il 30 novembre 2023 e le restanti, di pari ammontare, con scadenza il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024. In questo caso, optando per il pagamento rateale, sono dovuti gli interessi al tasso del 2% annuo, a decorrere dal 1° novembre 2023 e non più dal 1° agosto 2023.

 

Il decreto ufficializza lo slittamento del termine per la manifestazione della volontà di procedere alla definizione, ora possibile entro il 30 giugno 2023 e non più entro il 30 aprile 2023, con possibilità di integrazione entro la stessa data.

Dal decreto risulta prorogato anche il termine per la comunicazione da parte dell’agente della riscossione delle somme dovute, che potrà avvenire entro il 30 settembre 2023 e non più entro il 30 giugno e la data alla quale le dilazioni sospese saranno automaticamente revocate, che passa dal 31 luglio al 31 ottobre 2023.

Inoltre, viene posticipato al periodo di imposta 2023 (modelli di dichiarazioni 2024) l’invio telematico delle schede relative all’8, al 5 e al 2 per mille, con il mantenimento delle modalità di trasmissione cartacea per il periodo d’imposta 2022.

Il CdM ha infine sancito che le elezioni del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria vengano indette entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione del decreto e che le stesse si svolgano entro il 30 settembre 2023.

Cause di esclusione dal regime forfettario: i chiarimenti dell’Agenzia

L’Agenzia delle entrate, con risposta 3 maggio 2023, n. 311, fornisce chiarimenti in merito al regime forfetario, di cui all’articolo 1, commi 54 e ss., della Legge  n. 190/2014 e in particolare su una causa di esclusione da tale regime.

A presentare l’istanza di interpello è un contribuente, residente in un paese dell’Ue, che desidera avere chiarimenti in merito alla sussistenza dei requisiti per l’inizio di un’attività con partita iva individuale con accesso al nuovo regime forfettario agevolato e capire se il percepimento della pensione di vecchiaia in qualità di ex dipendente della Commissione Europea costituisca una causa ostativa per l’accesso al suddetto regime fiscale.

Preliminarmente l’Agenzia delle entrate fa riferimento alla Legge n. 190/2014, all’articolo 1, commi da 54 a 89, che ha introdotto un regime fiscale agevolato (regime dei forfetari) rivolto ai contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni in possesso di determinati requisiti.  All’articolo 1, comma 57, lettera d-ter), della suddetta Legge n. 190/2014, è previsto, in particolare, che non possono avvalersi del regime dei forfetari i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917/1986, eccedenti l’importo di 30.000 euro, soglia irrilevante a rapporto di lavoro cessato.

In risposta al quesito dell’istante, l’Agenzia delle entrate richiama la circolare del 4 aprile 2016, n. 10/E, nella quale viene chiarito che tale limite, con decorrenza 1° gennaio 2016, dalla Legge di stabilità del 2016, non opera se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nel corso dell’anno precedente, sempre che nel medesimo anno non sia stato percepito un reddito di pensione che, in quanto assimilato al reddito di lavoro dipendente, assume rilievo, anche autonomo, ai fini del raggiungimento della citata soglia. Il citato limite rileva, invece, nell’ipotesi in cui, nello stesso anno, il contribuente abbia cessato il rapporto di lavoro dipendente ma ne abbia intrapreso uno nuovo, ancora in essere al 31 dicembre. Ciò in coerenza con la ratio della disposizione, che ha il fine di incoraggiare il lavoratore rimasto senza impiego e senza trattamento pensionistico mediante la concessione di agevolazioni fiscali. Infine la circolare evidenzia che ai fini della non applicabilità di tale causa di esclusione rilevano solo le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario.

Alla luce dei chiarimenti forniti dalla richiamata circolare n. 10/E, l’Agenzia delle entrate ritiene pertanto che la previsione della citata lettera d-ter) escluda dalla fruizione del regime forfettario i titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui agli articoli 49 e 50 del TUIR, ossia, i titolari di detti redditi a prescindere dalla loro l’esistenza di simili redditi e il loro ammontare. Considerato il richiamo alla soglia di euro 30.000 nella citata lettera d-ter), quello che rileva ai fini dell’applicazione di tale causa di esclusione è, dunque, l’esistenza di simili redditi e il loro ammontare.

Nel caso di specie, perciò, l’Agenzia esclude la possibilità di accesso al regime dei forfetari per un soggetto che percepisce una pensione di vecchiaia che, in assenza di indicazioni contrarie da parte del contribuente, deve ritenersi astrattamente riconducibile tra i redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, eccedente i 30.000 euro, ancorché questa sia esente da imposte in Italia per effetto delle disposizioni del Protocollo n. 7 allegato al TFUE.

 

 

Regole tecniche del processo tributario telematico: eliminazione firma digitale per gli allegati



Il Ministero dell’economia e delle finanze, con il decreto 21 aprile 2023, ha apportato modifiche al decreto ministeriale 4 agosto 2015, che individua le regole tecniche del processo tributario telematico.


Il MEF, con il comunicato del 21 aprile 2023, ha ricapitolato le modifiche apportate, con decreto del direttore generale del 21 aprile 2023, alle specifiche tecniche previste dall’articolo 3, comma 3 del decreto del MEF n. 163/2013, concernente il regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario.
All’articolo 1, dopo la lettera s), del DM 4 agosto 2015 sono state in primo luogo inserite le seguenti definizioni:
– “t. “PADES” (PDF Advanced Electronic Signature)”: modalità di sottoscrizione con firma digitale applicabile solo ai file in formato “.pdf” (Portable Document Format) che consente di memorizzare le informazioni relative alla firma digitale senza alterare il formato del file originale;
– u. “CADES” (Cryptographic Message Syntax Advanced Electronic Signature)”: le informazioni sulla firma digitale insieme al documento originale e alle informazioni necessarie per la verifica della validità della firma sono racchiuse in una “busta crittografata” (PKCS#7). Tale modalità di sottoscrizione si realizza in un unico file in formato “.p7m”;
– v. “EML (Electronic mail)”: formato che identifica un file che contiene un messaggio email.


L’aggiornamento delle regole tecniche per il deposito telematico degli atti/documenti riguarda in particolare:
– l’eliminazione dell’obbligo della firma digitale sugli allegati al momento del deposito;
– la previsione nel sistema di controlli bloccanti di integrità, dimensioni e formati sui file durante la fase del loro caricamento. In caso di riscontro negli allegati all’atto di costituzione in giudizio delle anomalie di cui ai punti b), d) ed e) del comma 4, art. 8 del DM citato, il S.I.Gi.T. fornisce durante la fase di caricamento dei file le informazioni relative alla mancata acquisizione dei file stessi. In caso di riscontro negli allegati all’atto di costituzione in giudizio dell’anomalia di cui al punto a) del comma 4, il sistema iscrive il ricorso al registro generale e non acquisisce gli allegati contenenti l’anomalia riscontrata. In caso di riscontro negli allegati all’atto di costituzione in giudizio dell’anomalia di cui al punto c) del comma 4, il sistema procede comunque all’acquisizione degli allegati;
– la trasmissione di atti processuali, con sottoscrizioni digitali plurime, a condizione che almeno una di esse risulti valida;
– l’accettazione a sistema dei file nel formato EML (Electronic mail);
– la previsione della validità della firma PADES, già consentita dal sistema insieme alla firma CADES. 


Il regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario (PTT) consentirà, dunque, di depositare esclusivamente allegati anche non firmati digitalmente, mediante una nota di deposito documenti generata dal sistema.


 

Irap 2023: approvate specifiche tecniche per trasmissione dei dati

L’Agenzia delle entrate ha approvato le specifiche tecniche per la trasmissione alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano dei dati relativi alla dichiarazione IRAP 2023 (Agenzia delle entrate, provvedimento 28 aprile 2023, n. 141337).

Riguardo alla trasmissione dei dati relativi all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), l’Agenzia delle entrate, con il provvedimento del 28 aprile 2023, n. 141337, ha reso nota l’approvazione delle specifiche tecniche da seguire per adempiere al proprio compito di trasmette le dichiarazioni IRAP alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in cui ha sede il domicilio fiscale del soggetto passivo, ovvero dove viene ripartito il valore della produzione netta.

Tale trasmissione di dati avviene attraverso il sistema di collegamento tra anagrafe tributaria ed enti locali, denominato attualmente “Siatel v2.0 PuntoFisco“.

 

Già con il provvedimento del 28 febbraio 2023, l’Agenzia delle entrate, aveva provveduto ad approvare il modello di dichiarazione “IRAP 2023”, con relative istruzioni, da utilizzare per la dichiarazione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per l’anno 2022. Inoltre, con lo stesso provvedimento erano state approvate anche le specifiche tecniche da utilizzare per la trasmissione telematica dei dati contenuti nel predetto modello.

 

Il suddetto provvedimento faceva rinvio ad un successivo atto dell’Agenzia delle entrate per la definizione delle specifiche tecniche per la trasmissione alle regioni e alle province autonome dei dati relativi alla dichiarazione Irap 2023. Pertanto, in attuazione di tale previsione, l’Agenzia con il nuovo provvedimento ha esposto le specifiche tecniche, contenute nell’allegato A in formato XML, da utilizzare per la trasmissione alle regioni e alle province autonome in cui ha sede il domicilio fiscale del soggetto passivo, ovvero dove viene ripartito il valore della produzione netta, delle dichiarazioni IRAP.

 

Come chiarito dall’Agenzia, tale trasmissione è effettuata con cadenza mensile a partire dal trentesimo giorno successivo alla data di scadenza della presentazione della dichiarazione IRAP.

 

 

 

Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti riguardo ai presupposti per accedere alla Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (Agenzia delle entrate, risposta 27 aprile 2023, n. 307).

L’Agenzia delle entrate ha ricordato la disciplina della definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni contenuta nella Legge di bilancio 2023, facendo riferimento, nello specifico, al comma 153, nel quale è disposto che le somme dovute dal contribuente a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, richieste con le comunicazioni previste dagli articoli 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, per le quali il termine di pagamento di cui all’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 462/1997, non fosse ancora scaduto alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2023, ovvero per le quali le comunicazioni sono recapitate successivamente a tale data, possono essere definite con il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali, degli interessi e delle somme aggiuntive. Inoltre, le sanzioni sono dovute nella misura del 3% senza alcuna riduzione sulle imposte non versate o versate in ritardo.

Al comma 155, la Legge di bilancio 2023 dispone che le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, il cui pagamento rateale ai sensi dell’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 462/1997 fosse ancora in corso alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio, possono essere definite con il pagamento del debito residuo a titolo di imposte e contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive. Anche in questo caso sono dovute le sanzioni nella misura del 3% senza alcuna riduzione sulle imposte residue non versate o versate in ritardo.

La definizione disposta dal comma 153 risulta, pertanto, circoscritta alle sole somme richieste a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, mentre il comma 155 prevede la definizione agevolata delle somme dovute a seguito di controllo automatizzato delle dichiarazioni riferite a qualsiasi periodo d’imposta, per le quali, alla data del 1° gennaio 2023 sia regolarmente in corso un pagamento rateale.

 

L’Agenzia, facendo riferimento anche alla circolare 13 gennaio 2023, n. 1/E, ha chiarito che per rateazioni in corso al 1° gennaio 2023 si intendono le rateazioni regolarmente intraprese in anni precedenti, per le quali, alla medesima data, non si è verificata alcuna causa di decadenza.

L’agevolazione, dunque, consiste nella rideterminazione delle sanzioni in misura pari al 3% dell’imposta, non versata o versata in ritardo, che residua dopo aver considerato i versamenti rateali eseguiti fino al 31 dicembre 2022. Pertanto, la definizione agevolata si realizza con il pagamento degli importi residui a titolo di imposte, contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive, nonché con il pagamento delle sanzioni calcolate nella misura del % delle residue imposte non versate o versate in ritardo.

 

Nel caso sottoposto al vaglio dell’Agenzia, risulta che l’istante abbia presentato, con riferimento all’anno d’imposta 2017, una prima dichiarazione modello 770 il 30 ottobre 2018 e, successivamente, una dichiarazione integrativa il 23 novembre 2020. A seguito di controllo automatizzato delle suddette dichiarazioni, le anomalie emerse sono state comunicate all’istante, successivamente invitato a segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo automatizzato. Avvenuta la comunicazione definitiva degli esiti, contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, l’istante ha, quindi, provveduto al pagamento della prima rata, adottando un piano di rateazione di 20 rate.

 

Ciò premesso, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che non risultano sussistere nel caso di specie i presupposti per l’applicazione della definizione agevolata di cui al citato comma 153, in quanto la comunicazione di irregolarità ricevuta non è riferita ai periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021. Inoltre, non si può far riferimento nemmeno alla definizione ex comma 155, in quanto alla data del 1° gennaio 2023 l’istante non aveva in corso alcun pagamento rateale delle somme dovute con riferimento alla comunicazione di irregolarità della dichiarazione modello 770/2018, relativa al periodo d’imposta 2017.

 

 

Definizione agevolata delle controversie tributarie e nozione di parte in senso formale

Per identificare le liti definibili deve farsi riferimento alla nozione di parte in senso formale, in particolare al 1° gennaio 2023, è necessario che, l’Agenzia delle entrate abbia lo status di parte processuale in quanto destinataria del ricorso o intervenuta nel relativo giudizio (Agenzia delle entrate, risposta 24 aprile 2023, n. 306).

 

L’Agenzia delle entrate, con la risposta in commento, ha fornito delucidazioni riguardo alla definizione agevolata delle controversie tributarie, di cui ai commi da 186 a 205 dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2023, nell’ambito della Tregua fiscale. In particolare, secondo quanto già chiarito dalla circolare del 27 gennaio 2023, n. 2/E, la definizione agevolata delle controversie tributarie consente di definire le controversie, attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti ­alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2023, ossia al 1° gennaio 2023 ­in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e quello instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un determinato importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio da definire. Con la suddetta circolare, l’Agenzia ha inoltre specificato che:
– possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi;
– per identificare le liti in cui è parte l’Agenzia delle entrate, si fa riferimento alle  sole ipotesi in cui quest’ultima sia stata evocata in giudizio o, comunque, sia  intervenuta. Da ciò consegue che non sono definibili le liti nelle quali l’Agenzia delle entrate, pur essendo titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, non sia stata destinataria dell’atto di impugnazione e non sia stata successivamente chiamata in giudizio né sia intervenuta volontariamente.

Pertanto, al fine di identificare le liti definibili occorre fare riferimento alla nozione di parte in senso formale, risultando necessario che al 1° gennaio 2023, data di entrata in vigore della Legge n. 197/2022, l’Agenzia delle entrate abbia lo status di parte processuale in quanto destinataria del ricorso o intervenuta nel relativo giudizio, volontariamente o perché chiamata in causa. Nel caso sottoposto all’Agenzia delle entrate le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 186 a 205, della Legge di bilancio 2023 non possono trovare applicazione in quanto il ricorso introduttivo della lite che l’istante ha inteso definire è stato notificato al solo agente della riscossione e, al 1° gennaio 2023, l’Agenzia non risultava ancora parte del giudizio, intervenendovi solo successivamente ai sensi dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 546/1992. 

Rottamazione-quater: domande di adesione fino al 30 giugno 2023

Differito al 30 giugno 2023 il termine per presentare le domande per la rottamazione quater (Agenzia delle entrate-riscossione, comunicato 21 aprile 2023).

Con il comunicato del 21 aprile 2023, n. 68, il MEF ha reso noto lo slittamento di due mesi del termine per la presentazione delle dichiarazioni di adesione alla speciale procedura “rottamazione-quater” delle cartelle, prevista dalla Legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi da 231 a 252). Il nuovo termine per la presentazione delle domande all’Agenzia delle entrate-riscossione è quindi differito dal 30 aprile al 30 giugno 2023.

Ne è conseguita la proroga al 30 settembre 2023 del termine entro il quale l’Agenzia deve trasmettere ai contribuenti la comunicazione delle somme dovute per il perfezionamento della definizione agevolata, attualmente fissato al 30 giugno 2023. Inoltre, con una prossima disposizione, verrà annunciata anche lo slittamento della scadenza per il pagamento della prima o unica rata, dall’originario 31 luglio 2023 al 31 ottobre 2023.

L’articolo 1, commi da 231 a 252, della Legge n. 197/2022 – si ricorda – ha introdotto la definizione agevolata (“rottamazione-quater”) dei carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Tale misura ha previsto la possibilità per il contribuente di estinguere i debiti relativi ai carichi rientranti nell’ambito applicativo, versando unicamente le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso spese per le procedure esecutive e per i diritti di notifica, escludendone le somme dovute a titolo di interessi iscritti a ruolo, sanzioni, interessi di mora e aggio. Per quanto riguarda i debiti relativi ai carichi riguardanti le sanzioni per violazioni del codice della strada, nonché le altre sanzioni amministrative, l’accesso alla misura agevolativa ha previsto, invece, che  non siano da corrispondere le somme dovute a titolo di interessi, compresi quelli di cui all’articolo 27, sesto comma, della Legge n. 689/1981 (cosiddette “maggiorazioni”), quelli di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del D.P.R. n. 602/1973 e di rateizzazione, nonché le somme dovute a titolo di aggio.

Il vecchio piano dei pagamenti prevedeva la possibilità di pagare l’importo dovuto a titolo di definizione agevolata: in un’unica soluzione, entro il 31 luglio 2023; in un numero massimo di 18 rate (5 anni) consecutive, di cui le prime due con scadenza il 31 luglio e il 30 novembre 2023. Le restanti 16 rate, ripartite nei successivi 4 anni, da saldare il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024. La prima e la seconda rata di importo pari al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di definizione agevolata e le restanti rate di pari importo. Nel caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, ne consegue l’inefficacia della definizione agevolata e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.

Oltre alle nuove scadenze, il MEF ha anche preannunciato l’arrivo di una prossima disposizione riguardo al pagamento della prima o unica rata che slitterà al 31 ottobre 2023.

 

Incentivi per il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sul rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero che percepiscano assegni di ricerca esenti da Irpef (Agenzia delle entrate, Principio di diritto 21 aprile 2023, n. 8).

L’articolo 44, D.L. n. 78/2010 ha stabilito che ai fini delle imposte sui redditi è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, tale agevolazione è fruibile dai contribuenti per sei anni a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i cinque periodi di imposta successivi.

L’ agevolazione in questione, ha spiegato l’Agenzia, ha avuto origine dall’esigenza di porre rimedio al fenomeno della “fuga dei cervelli” e di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese. A tal fine, la disposizione non è rivolta soltanto ai cittadini italiani emigrati che intendono far ritorno nel paese di origine, ma a tutti i ricercatori e docenti residenti all’estero, sia italiani, sia stranieri, i quali, per le loro particolari competenze e conoscenze scientifiche, possono favorire lo sviluppo della ricerca e della docenza in Italia.

 

Per quanto riguarda i requisiti per ottenere l’agevolazione, l’Agenzia facendo riferimento alla circolare del 23 maggio 2017 n. 17/E, ha precisato che sono ammessi tutti i titoli accademici universitari o equiparati. Inoltre, poiché i titoli di studio conseguiti all’estero non sono automaticamente riconosciuti in Italia, compete al soggetto interessato la richiesta della dichiarazione di valore alla competente autorità consolare.

In merito ai soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dall’articolo 44 del D.L. n. 78/2010 il rientro o l’ingresso in Italia con assunzione della residenza fiscale, può avvenire in relazione all’avvio dell’attività presso università e/o enti di ricerca anche nell’ambito di un assegno di ricerca, di cui all’articolo 2 della Legge n. 240/2010.

Per gli assegni di ricerca, di durata compresa tra uno e tre anni, l’articolo 22 della Legge n. 240/2010, nel testo vigente fino al 29 giugno 2022, prevedeva che fossero esenti dall’IRPEF. Il successivo articolo 24, comma 3, lett. b) della Legge n. 240 del 2010 stabiliva, poi, che le università potevano stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, riservati, tra l’altro, a candidati con abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia, ovvero in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, avessero usufruito di assegni di ricerca o di borse post dottorato, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.

Con questo richiamo normativo l’Agenzia ha spiegato che l’efficacia delle predette disposizioni è stata prorogata dall’articolo 6 del D.L. n. 198/2022, consentendo, in particolare, alle università e agli enti pubblici di ricerca, di indire procedure per il conferimento degli assegni di ricerca fino al 31 dicembre 2023, entro i limiti delle risorse già programmate e deliberate dagli organi preposti.

Pertanto lo svolgimento dell’attività di ricerca per effetto della corresponsione dell’assegno di cui al citato articolo 22 della Legge n. 240/2010 può anche risultare propedeutico alla successiva stipula di contratti di lavoro (retribuiti con redditi tassabili e pertanto agevolabili) con ricercatori e docenti provenienti dall’estero che, altrimenti, avrebbero dovuto essere già in possesso di un titolo di dottorato estero dichiarato equivalente o equipollente al titolo italiano o avrebbero dovuto aver acquisito più anni di rilevante esperienza lavorativa successivamente al conseguimento del titolo.

 

Il contesto premesso definisce, pertanto, particolari situazioni e modalità di assunzione da parte degli enti di ricerca e delle università, di docenti e ricercatori provenienti dall’estero che entrano o rientrano in Italia per svolgere attività di ricerca o di docenza, nell’ambito delle quali, in particolare, la percezione degli assegni di ricerca in questione (esenti da IRPEF), in occasione dell’ingresso o del rientro in Italia prima della successiva assunzione può rappresentare uno dei requisiti per la stipula di contratti di ricerca e docenza rientranti nell’ambito del citato articolo 44 del decreto legge n. 78 del 2010. 

In conclusione, l’Agenzia ha ritenuto che, in linea con la ratio agevolativa del regime di cui all’articolo 44 del D.L. n. 78/2010, non è ostativa ai fini dell’accesso allo stesso, la circostanza che i suddetti assegni siano esenti da IRPEF. In tal caso, la durata del periodo di godimento delle agevolazioni verrà computata a partire dal periodo d’imposta di ingresso o rientro in cui il contribuente interessato acquisirà la residenza fiscale in Italia che, nel caso specifico, deve essere in connessione con l’avvio dell’assegno di ricerca di cui all’articolo 22 della Legge n. 240/2010.

Chiarimenti sulla certificazione SOA delle imprese per l’accesso ai bonus edilizi

Chiarimenti sulla certificazione SOA delle imprese per l’accesso ai bonus edilizi

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito all’obbligo della certificazione SOA per la fruizione delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119 e 121 del D.L. n. 34/2020 (Agenzia delle entrate, circolare 20 aprile 2023 n. 10/E).

L’articolo 10-bis del D.L. 21 marzo 2022 ha stabilito che, ai fini del riconoscimento degli incentivi fiscali di cui agli articoli 119 e 121 del Decreto rilancio, l’esecuzione dei lavori di importo superiore a 516.000 euro deve essere affidata a imprese che siano in possesso della certificazione SOA, ai sensi dell’articolo 84 del codice dei contratti pubblici, allo scopo di contrastare il fenomeno delle frodi e raggiungere gli obiettivi di riqualificazione del patrimonio edilizio. 

L’Agenzia ha chiarito che ai fini del riconoscimento dei bonus edilizi, a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 30 giugno 2023, l’esecuzione dei lavori di importo superiore a 516.000 euro deve essere affidata a:
– imprese in possesso, al momento della sottoscrizione del contratto di appalto ovvero, in caso di imprese subappaltatrici, del contratto di subappalto, della occorrente certificazione SOA;
– imprese che, al momento della sottoscrizione del contratto di appalto ovvero, in caso di imprese subappaltatrici, del contratto di subappalto, documentano al committente ovvero all’impresa subappaltante l’avvenuta sottoscrizione di un contratto finalizzato al rilascio della predetta certificazione.

Per i lavori in corso di esecuzione al 21 maggio 2022 e per i contratti stipulati prima di tale data, aventi data certa, ai fini della fruizione degli incentivi fiscali, non è richiesto il rispetto delle condizioni previste dai commi 1 e 2 dell’articolo 10-bis, anche successivamente al 1° luglio 2023, anche al fine di non travolgere rapporti già in essere prima dell’entrata in vigore della disposizione in commento che, peraltro, prevede le “condizioni SOA” solo a decorrere dal 1° gennaio 2023.Diversamente, per i contratti di appalto e subappalto stipulati a decorrere dal 21 maggio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, relativi a lavori che si protraggono oltre il 31 dicembre 2022, è necessario acquisire la certificazione SOA, per lavori di importo superiore a 516.000 euro o, almeno, documentare l’avvenuta sottoscrizione di un contratto finalizzato al rilascio dell’attestazione. In tale ultimo caso, la detrazione relativa alle spese sostenute a decorrere dal 1° luglio 2023 è, in ogni caso, subordinata all’avvenuto rilascio dell’attestazione stessa.

Per i contratti di appalto e subappalto stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2023, invece, la certificazione SOA o l’avvenuta sottoscrizione di un contratto finalizzato al rilascio dell’attestazione deve sussistere al momento della stipula del contratto. Anche in questo caso la detrazione relativa alle spese sostenute a decorrere dal 1 luglio 2023 è subordinata all’avvenuto rilascio dell’attestazione. Mentre a decorrere dal 1° luglio 2023, ai fini del riconoscimento degli incentivi fiscali, l’esecuzione dei lavori di importo superiore a 516.000 euro deve essere affidata esclusivamente alle imprese in possesso della certificazione SOA al momento della sottoscrizione del contratto di appalto o di subappalto, non essendo sufficiente la sottoscrizione da parte dell’impresa di un contratto con l’ente certificatore finalizzato al rilascio della predetta certificazione.

 

In relazione al quadro temporale di applicazione dell’articolo 10-bis, l’Agenzia ha, dunque, ritenuto che:
– per i lavori in corso di esecuzione al 21 maggio 2022 e per i contratti di appalto o subappalto stipulati prima di tale data, aventi data certa, è possibile fruire degli incentivi fiscali a prescindere dalle “condizioni SOA”, per le spese agevolabili sostenute fino al 31 dicembre 2022 e negli anni successivi al 2022, incluse quelle sostenute a decorrere dal 1 luglio 2023;
– per i contratti di appalto o subappalto stipulati a decorrere dal 21 maggio 2022 e fino al 31 dicembre 2022 è possibile fruire degli incentivi fiscali, per le spese agevolabili sostenute fino al 31 dicembre 2022 a prescindere dalle “condizioni SOA” tra il 1° gennaio 2023 e il 30 giugno 2023, qualora le imprese, entro il 1° gennaio 2023, abbiano acquisito la certificazione SOA o abbiano sottoscritto un contratto finalizzato al rilascio della predetta certificazione e dal 1° luglio 2023, solo qualora le imprese abbiano già acquisito la certificazione SOA, anche a seguito della richiesta formulata nel semestre precedente;
– per i contratti stipulati dal 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2023 è possibile fruire degli incentivi fiscali, per le spese agevolabili sostenute tra il 1 gennaio 2023 e il 30 giugno 2023, qualora le imprese, al momento della sottoscrizione del contratto, abbiano acquisito la certificazione SOA o abbiano sottoscritto un contratto finalizzato al rilascio della predetta certificazione e dal 1 luglio 2023, solo qualora le imprese abbiano già acquisito la certificazione SOA, anche a seguito della richiesta formulata nel semestre precedente;
– per i contratti stipulati a decorrere dal 1 luglio 2023 è possibile fruire degli incentivi, per le spese agevolabili sostenute a decorrere da tale data, qualora le imprese abbiano acquisito, al momento della sottoscrizione del contratto, la certificazione SOA.

In merito all’ambito di applicazione, l’Agenzia ha chiarito che le “condizioni SOA”:
– riguardano sia la fruizione della detrazione sia l’esercizio delle opzioni di sconto in fattura e cessione del credito, relativamente agli interventi previsti dall’articolo 119 (Superbonus) e dall’articolo 121, comma 2, (bonus diversi dal Superbonus) del Decreto Rilancio;
– non sono applicabili alla detrazione per le spese riguardanti l’acquisto delle unità immobiliari di cui all’articolo 16-bis, comma 3, del TUIR e a quello di “case antisismiche” di cui all’articolo 16, comma 1-septies, del D.L. n. 63/2013.

Infine, la circolare ha specificato che, nell’ipotesi in cui i lavori siano affidati in subappalto, le “condizioni SOA” devono essere rispettate dall’impresa appaltatrice, per valore dell’opera complessiva superiore ai 516.000 euro, nonché dalle imprese subappaltatrici solo qualora le stesse eseguano lavori di importo superiore a 516.000 euro.

Conciliazione agevolata delle controversie tributarie: chiarimenti delle Entrate

 

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sulla procedura conciliativa “fuori udienza” che permette di definire con un abbattimento delle sanzioni a un diciottesimo del minimo e l’ulteriore beneficio di una rateazione in cinque anni le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, che hanno ad oggetto atti impositivi (Agenzia delle entrate, circolare 19 aprile 2023, n. 9 e comunicato 19 aprile 2023).

Con circolare n. 9/2023 l’Agenzia ha illustrato l’ambito applicativo della conciliazione agevolata, prevista dall’ultima Legge di bilancio nell’ambito delle misure di tregua fiscale e le relative modalità di accesso. In particolare, dopo le modifiche introdotte dal  D.L. n. 34/2023:
– la conciliazione agevolata è applicabile alle controversie pendenti al 15 febbraio 2023;
– il termine per la sottoscrizione dell’accordo con cui si perfeziona la conciliazione totale o parziale è prorogato al 30 settembre 2023.

Nell’accordo sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento ed a questo proposito, la circolare ha ricordato che è prevista la possibilità di effettuare i versamenti in forma rateale (fino a 20 rate di pari importo). Qualora gli importi pagati a titolo di riscossione provvisoria siano di ammontare superiore rispetto a quanto dovuto per la conciliazione agevolata, per il contribuente c’è la possibilità di ottenere il rimborso della differenza.

Come ricordato dall’Agenzia, la conciliazione agevolata è applicabile, secondo quando disposto dall’art. 1, co. 206 e ss, Legge n. 197/2022, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie tributarie, alle liti pendenti al 1 gennaio 2023 (data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2023) innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado, aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia stessa. Successivamente l’articolo 17, comma 2, del D.L. n. 34/2023, in corso di conversione, ha esteso l’applicabilità della conciliazione agevolata alle controversie pendenti al 15 febbraio 2023 innanzi alle Corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado. Con riferimento alla pendenza della lite è presupposto sufficiente che, alla data indicata dal Legislatore, sia stata effettuata la notifica del ricorso a controparte.

Inoltre, con riferimento alle controversie aventi ad oggetto atti impositivi che al 15 febbraio 2023 risultino in fase di reclamo/mediazione, decorsi i novanta giorni previsti, al ricorrente costituitosi in giudizio non è preclusa la possibilità di effettuare una proposta di conciliazione agevolata della lite, ai sensi del comma 206 e seguenti della Legge di bilancio 2023. 

L’Agenzia delle entrate ha inoltre evidenziato come la Legge di bilancio, al comma 211, abbia previsto che alla conciliazione agevolata si possa applicare, in quanto compatibile, l’articolo 48 relativo alla conciliazione fuori udienza. Con circolare 2/E/2023, è stato altresì chiarito che è ammessa la conciliazione parziale della controversia qualora l’accordo interessi una parte dell’atto impositivo impugnato. Il perfezionamento della conciliazione agevolata avviene con la sottoscrizione dell’accordo, momento in cui si formalizza l’incontro di volontà tra Amministrazione e contribuente, con conseguente speciale abbattimento delle sanzioni.

Per quanto riguarda le modalità di pagamento, la circolare ha precisato che sussiste l’ obbligo di versamento delle somme dovute per la conciliazione agevolata, per intero o limitatamente alla prima rata, entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo, nonchè l’obbligo di versare le rate successive alla prima entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata; sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dal giorno successivo al termine per il versamento della prima rata; il pagamento rateale può essere effettuato in un numero di rate più esteso, atteso che è consentita la dilazione in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo; è espressamente esclusa la compensazione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997; dagli importi dovuti a titolo di conciliazione vanno computate in diminuzione le eventuali somme versate dal contribuente a titolo di iscrizione provvisoria. Infine, nell’ipotesi di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il contribuente decade dal beneficio della riduzione delle sanzioni. Dunque, l’intervenuto accordo conciliativo ha efficacia novativa del precedente rapporto e il mancato pagamento delle somme dovute conduce alla iscrizione a ruolo del nuovo credito derivante dall’accordo stesso e all’applicazione del conseguente regime sanzionatorio per l’omesso versamento.