Ordini e Collegi professionali: contribuzioni previdenziali e assistenziali

L’INPS, con Circolare 15 marzo 2022, n. 40, riepiloga l’assetto degli obblighi contributivi degli Ordini e dei Collegi professionali relativi alle assicurazioni pensionistiche e previdenziali per il personale dipendente.

Premessa
Gli Ordini e i Collegi professionali sono enti pubblici autarchici e dotati di personalità giuridica di diritto pubblico. Inoltre, sono dotati di autonomia amministrativa, organizzativa e finanziaria in quanto caratterizzati dalla capacità di provvedere alla propria organizzazione e di finanziarsi integralmente attraverso il contributo degli iscritti senza gravare sulla finanza pubblica.
Il legislatore, con riferimento agli Ordini e ai Collegi professionali, individua espressamente il comparto degli enti pubblici non economici ai fini dell’applicazione dei contratti collettivi confermandone, pertanto, quantomeno in linea generale, l’appartenenza alla categoria degli enti pubblici non economici come considerati dall’articolo 1, comma 2, del D.lgs 30 marzo 2001, n. 165, ai fini dell’applicazione della disciplina del lavoro nel settore pubblico.


Gestione previdenziale ai fini pensionistici
Il R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, ha disciplinato l’Assicurazione generale obbligatoria (AGO) per Invalidità, Vecchiaia o Superstiti (IVS), connotandola come forma previdenziale destinata a garantire il trattamento pensionistico per la generalità dei lavoratori dipendenti.


Il legislatore ha altresì previsto diverse forme di esclusione da detta assicurazione; ciò è avvenuto per i dipendenti delle Amministrazioni statali, comprese quelle ad ordinamento autonomo, delle Province, dei Comuni e delle IPAB, esclusi dall’AGO qualora sia loro garantito un trattamento di quiescenza o di previdenza.


In particolare diverse disposizioni hanno previsto, per gli enti di diritto pubblico e per gli enti parastatali, la facoltà di iscrivere il personale dipendente alle Casse pensionistiche pubbliche – con conseguente esclusione dall’obbligo dell’assicurazione generale obbligatoria – mediante adozione di deliberazione da proporre entro termini perentori (l’ultimo termine del 26 febbraio 1992 è stato fissato dalla legge n. 274/1991) e da approvarsi con decreto interministeriale.


Pertanto, sulla base delle norme citate, per il personale degli Ordini e dei Collegi professionali che abbiano adottato una deliberazione di massima per l’esercizio d’opzione di cui alla legge n. 274/1991, approvata con decreto interministeriale, la gestione previdenziale di competenza è quella pubblica; diversamente, in mancanza dell’adozione da parte dell’ente pubblico di apposita deliberazione resta competente ai fini assicurativi per il personale dipendente la gestione dell’AGO.


Ciò premesso, sulla base delle disposizioni normative che regolano i profili previdenziali, il personale degli Ordini e dei Collegi professionali è assicurato al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), fatta salva l’iscrizione alla Cassa pensioni dipendenti enti locali (CPDEL) del personale degli Ordini e dei Collegi professionali che abbiano adottato la delibera di massima di cui alla legge n. 379/1955.


Assetto delle contribuzioni previdenziali e assistenziali minori
Gli obblighi contributivi minori che sussistono in capo agli Ordini e ai Collegi professionali si determinano sulla base delle norme che disciplinano le contribuzioni di finanziamento delle assicurazioni non pensionistiche (disoccupazione, malattia e maternità, ecc.), che, talvolta, conferiscono rilievo all’appartenenza del soggetto contribuente al novero delle pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001 e, talvolta, alla natura del contratto di lavoro applicato ai dipendenti.
Di seguito viene illustrato l’assetto delle contribuzioni di finanziamento delle assicurazioni minori spettanti o meno al personale dipendente degli Ordini e dei Collegi professionali.


a) Malattia e maternità
La normativa vigente di cui al D.lgs 26 marzo 2001, n. 151, c.d. Testo unico della maternità e della paternità, e all’articolo 71 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede che, per la generalità dei lavoratori dipendenti delle pubbliche Amministrazioni, durante l’evento venga corrisposto, dal datore di lavoro, il trattamento economico fondamentale (in caso di malattia), nonché il trattamento economico previsto dalle disposizioni normative e contrattuali (per la maternità).
Pertanto, attesa la loro natura giuridica pubblica, gli Ordini e i Collegi professionali non sono obbligati al versamento della contribuzione previdenziale di finanziamento dell’onere derivante dall’erogazione delle prestazioni economiche di malattia e di maternità (congedo di maternità/paternità, congedo parentale e riposi giornalieri per “allattamento”, ecc.) alle lavoratrici e ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato.


b) Cassa unica assegni familiari (CUAF)
Con riguardo agli assegni per il nucleo familiare si ricorda che, a norma dell’articolo 79 del D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, le disposizioni del “Testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari” (TUAF) non si applicano al personale degli enti pubblici il cui trattamento di famiglia sia disciplinato per legge, regolamento o atto amministrativo. Pertanto, tale obbligo contributivo non sussiste laddove, in virtù di quanto previsto dalla citata disposizione, ai dipendenti degli Ordini e dei Collegi professionali sia garantito un trattamento per carichi di famiglia non inferiore a quello previsto dalla disciplina vigente in materia di ANF.


c) Fondo di Garanzia e Fondo di Tesoreria
In ragione dell’appartenenza degli Ordini e dei Collegi professionali alla categoria degli enti pubblici non economici di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001, non sussiste l’obbligo contributivo afferente alla contribuzione di finanziamento del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto disciplinato dall’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297.


Per le medesime ragioni, non sussiste altresì l’obbligo di versamento del contributo al Fondo di Tesoreria, istituito dall’articolo 1, comma 755 e seguenti, della legge n. 27 dicembre 2006, n. 296.


d) NASpI
Gli Ordini e i Collegi professionali sono tenuti al versamento della contribuzione di finanziamento delle prestazioni della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), disciplinata dal D.lgs 4 marzo 2015, n. 22, per il solo personale assunto con contratto a tempo determinato.
La suddetta contribuzione è dovuta nella misura dell’1,61% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (ossia, il contributo ordinario pari all’1,31%, in applicazione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2 e comma 29, lettera d), della legge 28 giugno 2012, n. 92, e il contributo integrativo pari allo 0,30%, introdotto dall’articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, destinabile al finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua).


e) Fondo di integrazione salariale
Rimangono esclusi dall’assoggettamento alla disciplina del Fondo di integrazione salariale, di cui all’articolo 29 del D.lgs 14 settembre 2015, n. 148, i datori di lavoro rientranti tra le pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001.
Pertanto, i soggetti in trattazione nella presente circolare non sono tenuti al versamento del contributo ordinario al predetto Fondo di integrazione salariale.

Bonus per impianti di compostaggio presso centri agroalimentari


Definite le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta riconosciuto per le spese sostenute per l’installazione e messa in funzione di impianti di compostaggio presso i centri agroalimentari presenti nelle regioni Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, e approvato il modello di comunicazione con le relative istruzioni (AGENZIA DELLE ENTRATE – Provvedimento 14 marzo 2022, n. 80989)

La legge di bilancio per il 2022 ha previsto un credito d’imposta per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2022, relative all’installazione e messa in funzione di impianti di compostaggio presso i centri agroalimentari presenti nelle regioni Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. L’agevolazione è richiesta dal gestore del centro agroalimentare purché l’impianto di compostaggio possa smaltire almeno il 70 per cento dei rifiuti organici (rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, uffici, attività all’ingrosso, mense, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti equiparabili prodotti dagli impianti dell’industria alimentare) prodotti dal medesimo centro agroalimentare (articolo 1, commi da 831 a 834, della legge 30 dicembre 2021, n. 234).
Il credito d’imposta è attribuito nella misura del 70 per cento delle spese documentate, rimaste a carico del contribuente, sostenute entro il 31 dicembre 2022.
L’agevolazione si applica nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis”.
Il provvedimento in oggetto definisce le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, al fine del rispetto del limite di spesa pari a 1 milione di euro per l’anno 2023, e approva il modello di Comunicazione, con le relative istruzioni, da presentare all’Agenzia delle entrate per beneficiare del credito d’imposta.
In particolare, è previsto che la Comunicazione delle spese sostenute sia effettuata nell’anno 2023, nei termini che saranno definiti con successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Tenuto conto dell’esigenza espressa dal legislatore di garantire il rispetto del limite di spesa, dopo aver ricevuto le comunicazioni degli importi, l’Agenzia determina la quota percentuale del credito effettivamente fruibile, in rapporto alle risorse disponibili. La suddetta percentuale sarà resa nota con successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro 10 giorni dalla scadenza dei termini di presentazione.
Al fine di consentire all’Agenzia delle entrate la verifica del rispetto limite di spesa, il credito d’imposta è utilizzabile dai beneficiari esclusivamente in compensazione.


Deducibilità contributi recuperati dall’Inps per indebita applicazione massimale contributivo

L’Agenzia deIle Entrate ha chiarito che i contributi previdenziali pregressi per indebita applicazione del massimale contributivo, recuperati dall’Inps con diffida nei confronti dell’ex datore di lavoro, sono deducibili nel periodo d’imposta in cui sono effettivamente rimborsati all’ex datore di lavoro. L’onere può essere documentato dalla CU rilasciata dall’ex datore di lavoro con l’inserimento di un’annotazione a contenuto libero con il codice ZZ (Risposta 15 marzo 2022, n. 117).

Il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate riguarda la deducibilità dei contributi pregressi dovuti per indebita applicazione del massimale contributivo, recuperati dall’Inps nei confronti dell’ex datore di lavoro mediante diffida per omissione contributiva.
Nella fattispecie, l’omissione è stata determinata dalla mancata comunicazione al datore di lavoro dell’esistenza di periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva antecedenti il 1° gennaio 1996 (versamenti contributivi figurativi per il servizio di leva).
Le norme in materia previdenziale infatti prevedono l’applicazione di un massimale annuo della base contributiva e pensionabile per i lavoratori che si iscrivono a forme pensionistiche obbligatorie a far data dal 1°gennaio 1996 (cd. “nuovi iscritti”) e privi di anzianità contributiva precedente. Per coloro che vantano anzianità contributiva già maturata in forme pensionistiche obbligatorie entro il 31 dicembre 1995 (cd. “vecchi iscritti”), il citato massimale annuo non trova applicazione con la conseguenza che l’intera retribuzione imponibile viene assoggettata a contribuzione previdenziale. A tal fine il lavoratore è tenuto a comunicare al datore di lavoro la propria posizione previdenziale.


L’Agenzia delle Entrate ha osservato che la maggior quota contributiva a carico del contribuente, derivante dall’erronea applicazione del massimale contributivo, che lo stesso è tenuto a restituire all’ex datore di lavoro, costituisce sostanzialmente un’integrazione di contributi obbligatori per legge, a suo tempo non versati.
Pertanto rientrano tra i “contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge” che le disposizioni in materia di IRPEF annoverano tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo, ai fini della determinazione della base imponibile ai fini IRPEF.
L’Agenzia delle Entrate precisa che detti oneri si deducono secondo il criterio di cassa. Pertanto, ai fini della deducibilità, occorre fare riferimento al periodo di imposta in cui il lavoratore (contribuente) rimborsa tali oneri all’ex datore di lavoro e non all’annualità in cui l’ex datore di lavoro è stato chiamato a versare (ed ha versato) la maggior quota contributiva a carico del dipendente regolarizzando le omissioni contributive obbligatorie.
I contributi in questione, pertanto, vanno indicati nel rigo della dichiarazione dei redditi dedicato ai “Contributi previdenziali e assistenziali” relativa al periodo d’imposta in cui tali contributi sono restituiti all’ex datore di lavoro (Rigo E21).
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il sostenimento dell’onere può essere documentato mediante una certificazione unica (CU) rilasciata dall’ex datore di lavoro che attesti le somme oggetto di deduzione con l’inserimento di un’annotazione a contenuto libero (con il codice ZZ).

Terzo Settore: regime di incompatibilità tra volontario e rapporto di lavoro


In attuazione della disciplina del codice del Terzo Settore, forniti chiarimenti sul regime di incompatibilità tra volontario e rapporto di lavoro (Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Nota 10 marzo 2022, n. 4011).

Nello specifico, è stato chiesto se il rapporto di lavoro intercorrente tra un determinato soggetto e un Comitato Regionale sia o meno compatibile con l’attività che il medesimo soggetto svolga in qualità di volontario presso (un ente di base) o un Comitato Regionale di diversa Regione appartenente alla medesima rete nazionale, considerata la distinzione esistente tra il datore di lavoro e l’ente presso il quale il volontario opera e la reciproca autonomia.
L’articolo 17 comma 5 del Codice del Terzo settore sancisce il principio della incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria, prevedendo altresì una deroga limitata alla legislazione delle province autonome di Trento e Bolzano di cui all’integrazione apportata dall’articolo 5 comma 1, lett. a) del d.lgs. 105/2018.
La previsione ha quindi portata ampia e generalizzata, come si evince dal tenore generale della stessa, che fa riferimento a “qualsiasi rapporto di lavoro” e ricomprende anche le entità tramite le quali il socio o associato svolge la propria attività di volontario. Essa va coerentemente rapportata al più ampio inquadramento fornito dai commi 2 e 3 dello stesso articolo 17, secondo cui nel definire il volontario viene innanzitutto evidenziato quale requisito caratterizzante quello della libera scelta, della personalità, spontaneità, gratuità e dell’assenza di finalità di lucro, neanche indirette; in secondo luogo, si prescrive che l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo, vietando altresì rimborsi spese di tipo forfetario.
Tali prescrizioni rispondono alla finalità di valorizzare la libera scelta della persona come consapevole, informata e non condizionata da uno stato di bisogno, onde preservare la genuinità dell’attività tipica di volontariato, finalizzata a soddisfare bisogni altrui che vadano a beneficio della comunità e del bene comune e non di interessi specifici o di parte, sicché l’attività di volontariato esula da qualunque vincolo di natura obbligatoria. Il volontario deve potersi sentire sempre libero di recedere dalla propria scelta, revocando in qualsiasi momento la disponibilità dimostrata, senza condizioni o penali, poiché la sua attività risponde esclusivamente ad un vincolo morale. Al contempo, infine, il citato articolo 17 comma 5 intende assicurare una tutela del lavoratore da possibili abusi legati ad attività che non rispondono alle caratteristiche sopra delineate della volontarietà.
Le disposizioni sopra richiamate devono essere poste in relazione con la profilazione organizzativa in cui ciascuna delle entità componenti di una struttura complessa come una rete associativa o un analogo ente associativo di secondo livello sono caratterizzati, anche sotto il profilo statutario, da autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale e operativa.
Quanto sopra considerato, sotto il profilo formale non appare ravvisabile una situazione di contrarietà della situazione prospettata nel quesito rispetto al dettato dell’art. 17, comma 5 del Codice del Terzo settore, considerato che l’ente datore di lavoro e l’ente che si avvale dell’operato volontario, con riferimento alla medesima persona, risultano a tutti gli effetti soggetti distinti e separati.

“Dopo di noi”: nessuna esclusione dall’esenzione per gli atti mortis causa


Il conferimento di beni al fondo speciale, costituito esclusivamente a favore della figlia con grave disabilità, secondo le previsioni della legge “Dopo di noi”, è esente dall’imposta sulle successioni e donazioni, anche nel caso in cui tale destinazione è disposta con atto mortis causa in sede di successione (Agenzia Entrate – risposta 11 marzo 2022, n. 103).

La L. n. 112/2016 è volta ad agevolare disabilità gravi prive del sostegno familiare e le erogazioni da parte di soggetti privati, la stipula di polizze di assicurazione e la costituzione di trust, di vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c. e di fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario  in favore di persone con disabilità grave.
L’art. 6, co. 1 della medesima legge prevede che i beni e i diritti conferiti in trust ovvero gravati da vincoli di destinazione ovvero destinati a fondi speciali, istituiti in favore delle persone con disabilità grave, sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’art. 2, co. da 47 a 49, D.L. n. 262/2006.
Ai sensi del comma 2 le esenzioni e le agevolazioni sono ammesse a condizione che il trust ovvero i fondi speciali ovvero il vincolo di destinazione perseguano come finalità esclusiva l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza delle persone con disabilità grave, in favore delle quali sono istituiti.
Le esenzioni e le agevolazioni disposte nello stesso articolo 6 sono ammesse se sussistono, inoltre, congiuntamente, anche tutte le ulteriori condizioni richieste dalla legge ed indicate nel prosieguo dell’articolo 6.
Detto questo, il caso di specie riguarda un contribuente intenzionato, congiuntamente al proprio coniuge, a costituire un “fondo speciale” disciplinato da un contratto di affidamento fiduciario, avente come beneficiaria esclusiva la figlia affetta da disabilità grave, avvalendosi delle disposizioni agevolative di cui alla predetta legge.
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che risulta applicabile l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’art. 6, L. n. 112/2016, anche nel caso in cui tale destinazione sia effettuata con un atto mortis causa mediante il quale il contribuente e il coniuge, in sede di successione, dispongano a favore del predetto fondo speciale.
Tale soluzione tiene conto del dato testuale dell’art. 6 che richiama genericamente i beni e i diritti conferiti in trust ovvero gravati da vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c. ovvero destinati a fondi speciali senza specificare quali siano gli atti con cui tali conferimenti o destinazioni debbano essere effettuati.
Conseguentemente, in assenza di una esplicita esclusione per gli atti mortis causa, è possibile applicare tale esenzione, indipendentemente dal fatto che si tratti di atti tra vivi o a causa di morte, e pertanto anche ai conferimenti e destinazioni attuate mediante atti mortis causa, ferme restando tutte le altre prescrizioni indicate dalla norma in esame.

Licenziamento: concetto di “retribuzione globale di fatto”


Nel concetto di retribuzione globale di fatto va ricompreso solo il compenso che il lavoratore percepisce in conseguenza del normale svolgimento di una prestazione, dovendosi escludere quelli aventi carattere occasionale o eccezionale.


La nozione di “retribuzione globale di fatto” non possa che rimandare a quella che il lavoratore avrebbe ricevuto se avesse lavorato, con esclusione dei compensi eventuali, di cui non sia certa la percezione, di quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione stessa ed aventi carattere occasionale o eccezionale.
Il concetto di “retribuzione globale di fatto” rinvia sinallagmaticamente al compenso che il lavoratore percepisce in conseguenza del “normale” svolgimento di una prestazione, senza che possano quindi essere valorizzate ulteriori indennità connesse non all’attività lavorativa svolta, ma ad altri parametri (per esempio, rimborso per oneri di trasferimento, di sede, etc.), emolumenti volti a compensare non la maggiore gravosità/difficoltà della prestazione, ma altri disagi, come – ad esempio – quelli connessi al trasferimento, ai viaggi, alla locazione di un immobile nel nuovo luogo di lavoro, etc. Conclusivamente, nel concetto di retribuzione globale di fatto vanno ricomprese solo le poste retributive e nemmeno tutte, dovendosi, come detto, escludersi quelle aventi carattere occasionale o eccezionale.
Esclusa la natura corrispettiva e retributiva dell’indennità estera, infatti, deve escludersene la computabilità nella retribuzione globale di fatto.
A tal riguardo, sovviene l’orientamento prevalente in materia della Corte di Cassazione, che ha negato la natura retributiva dell’indennità di servizio estero in quanto finalizzata a sopperire agli oneri derivanti dalla permanenza nella sede straniera.
Pertanto, negata la natura corrispettiva quindi retributiva dell’indennità in parola, ne va esclusa la rilevanza al fine della commisurazione del parametro risarcitorio in discussione (Ordinanza dell’11 marzo 2022, n. 8040).

INPS – tutele previdenziali nel settore privato

Con messaggio Inps n. 1126/2022 sono state individuati gli aggiornamenti normativi sulle tutele previdenziali per i lavoratori del settore privato assicurati per la malattia.

Come illustrato nel messaggio n. 679/2022, in merito al riconoscimento della tutela previdenziale per i lavoratori c.d. fragili, il decreto-legge n. 221/2021, ha previsto la proroga delle sole disposizioni inerenti alla modalità di svolgimento dell’attività lavorativa ed ha disposto l’adozione di un apposito decreto interministeriale finalizzato a individuare “le patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità”, in presenza delle quali la prestazione lavorativa, viene effettuata in “modalità agile,anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento”, secondo la disciplina contenuta nel contratto di riferimento.
In applicazione di quanto sopra, è stato pubblicato il decreto 4 febbraio 2022 del Ministro della Salute, di concerto con i Ministri del Lavoro e delle politiche sociali e per la Pubblica amministrazione, recante “Individuazione delle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, in presenza delle quali, fino al 28 febbraio 2022, la prestazione lavorativa è normalmente svolta in modalità agile”.
Successivamente, la legge 18 febbraio 2022, n. 11 ha disposto la proroga al 31 marzo 2022:
– lo svolgimento in modalità agile dell’attività lavorativa per i lavoratori in condizione di fragilità individuati ai sensi del decreto interministeriale 4 febbraio 2022;
– l’equiparazione del periodo di assenza dal servizio a ricovero ospedaliero con conseguente erogazione della prestazione economica.
Si è stabilito altresì che gli oneri a carico dell’INPS, dal 1° gennaio 2022 fino al 31 marzo 2022, connessi con le tutele previdenziali, sono finanziati dallo Stato nel limite massimo di spesa indicato in norma, dando priorità agli eventi cronologicamente anteriori.
La norma affida all’INPS anche il monitoraggio dello stanziamento, affinché l’Istituto non prenda in considerazione ulteriori domande, qualora il limite massimo di spesa ivi individuato, anche in via prospettica, venga raggiunto.
Per quanto sopra esposto, quindi, la tutela previdenziale per i lavoratori c.d. fragili del settore privato assicurati per la malattia INPS è riconosciuta dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022.
In merito, invece, all’equiparazione della quarantena/isolamento fiduciario con sorveglianza attiva a malattia, non è stata prevista, ad oggi, alcuna proroga per il 2022 e, pertanto, ai fini del riconoscimento della tutela previdenziale da parte dell’INPS, il cui termine rimane fissato al 31 dicembre 2021, sono confermate le indicazioni contenute nel citato messaggio n. 679/2022.


A fronte del nuovo quadro normativo, vengono ribadite le istruzioni già fornite agli Uffici medico legali territorialmente competenti, che sono tenuti a proseguire con la consueta trattazione dei certificati trasmessi dai lavoratori del settore privato (inclusi i lavoratori marittimi) assicurati per la malattia INPS afferenti alle tutele di cui all’articolo 26 (commi 1, 2 e 6), e agli operatori amministrativi con funzioni sanitarie, che debbono provvedere all’acquisizione manuale degli eventuali certificati cartacei ricevuti.

Firmato accordo per la riduzione delle tasse nel Lazio

Siglato il 10/3/2022, tra la REGIONE LAZIO e la CGIL Roma e Lazio, la CISL Lazio, la UIL Roma e Lazio, il seguente accordo per la riduzione delle tasse.

Le Parti pertanto concordano:
– di confermare per il 2022 l’esenzione per i redditi fino a 35000 € dalla maggiorazione dell’addizionale regionale Irpef analogamente a quanto avvenuto nel 2021.
– di mitigare, in relazione alla riduzione del potere di acquisto determinata dalla fase congiunturale di crescita dell’inflazione e dei costi energetici, l’incidenza dell’addizionale regionale Irpef per tutti i redditi tra 35.001 € e 40.000 € attraverso una detrazione del valore individuale annuale di 300€ per il 2022.
Le Parti, inoltre, al fine di rafforzare il sistema delle relazioni sindacali sui temi inerenti le politiche di bilancio e fiscali, si impegnano a:
– proseguire già dalle prossime settimane il confronto sulla possibilità di valutare la rimodulazione o la neutralizzazione della maggiorazione dello 0,50% della addizionale Irpef per il 2023 (cd. Irpef Sanità)
– tenere aperto il confronto, in attesa degli esiti degli incontri con il Governo per l’utilizzo del Fondo di Sviluppo e Coesione per consentire il co-finanziamento dei Fondi europei e liberare conseguentemente risorse aggiuntive per una ulteriore riduzione della pressione fiscale ovvero continuare gli incontri per valutare nei prossimi mesi la possibilità di eventuali ulteriori iniziative a salvaguardia del potere di acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori e delle pensionate e dei pensionati in relazione alle dinamiche dell’inflazione, dei prezzi delle materie prime energetiche, delle conseguenze economiche del conflitto in corso tra Russia e Ucraina e delle ricadute sul costo della vita.


Firmato il CCNL Centri eleborazione dati


Firmato il CCNL Centri eleborazione dati



Sottoscritto il rinnovo del CCNL per i Centri Elaborazione Dati (CED) per le società tra professionisti, per gli studi di professionisti non organizzati in ordini e collegi e per le agenzie di servizi per il disbrigo di pratiche amministrative ed i lavoratori dagli stessi dipendenti


L’accordo entrerà in vigore il 1° aprile 2022 e scadrà il 31 marzo 2025.


PAGA BASE CONTRATTUALE LORDA 01.04.2022 – 31.03.2025


































































LIVELLO

PAGA BASE LORDA


CONTRATTUALE AL 01/05/2022

PAGA BASE LORDA


CONTRATTUALE AL 01/03/2023

PAGA BASE LORDA


CONTRATTUALE AL01/10/2023

PAGA BASE LORDA


CONTRATTUALE AL 01/09/2024

TOTALE

INCREMENTO


RETRIBUTIVO

Quadri di direzione € 2.793,36 € 2.827,84 € 2.862,33 € 2.896,81 € 137,94
Quadri € 2.538,62 € 2.569,96 € 2.601,30 € 2.632,64 € 125,36
1 € 2.179,57 € 2.206,48 € 2.233,38 € 2.260,29 € 107,63
II € 1.951,31 € 1.975,40 € 1.999,49 € 2.023,58 € 96,36
IIIS € 1.870,87 € 1.893,96 € 1.917,06 € 1.940,16 € 92,39
III € 1.751,43 € 1.773,06 € 1.794,68 € 1.816,30 € 86,49
IV € 1.629,65 € 1.649,77 € 1.669,89 € 1.690,01 € 80,48
V € 1.551,61 € 1.570,76 € 1.589,92 € 1.609,07 €76,62
VI € 1.310,33 € 1.326,50 € 1.342,68 € 1.358,86 € 64,71


 


Indennità di funzione per i quadri
Dal 1° aprile 2022:
• Quadri di Direzione Euro 269,00 lorde per 14 mensilità;
• Quadri Euro 234,00 lorde per 14 mensilità.
Dal 1° aprile 2023:
• Quadri di Direzione Euro 273,00 lorde per 14 mensilità;
• Quadri Euro 238,00 lorde per 14 mensilità.
Dal 1° aprile 2024:
• Quadri di Direzione Euro 278,00  lorde per 14 mensilità;
• Quadri Euro 242,00  lorde per 14 mensilità.


Elemento economico di garanzia
Ai fini dell’effettività della diffusione della contrattazione aziendale, a favore dei lavoratori dipendenti da aziende prive della contrattazione aziendale stessa e che non percepiscono altri trattamenti economici individuali o collettivi oltre a quanto spettante in base al presente CCNL, sarà riconosciuto un importo a titolo di “elemento economico di garanzia” con la retribuzione di aprile 2025. Esso compete ai lavoratori a tempo indeterminato nonché agli apprendisti e ai contratti di sostegno all’occupazione in forza al 31-03-2025, che risultino iscritti nel libro unico da almeno sei mesi; l’azienda calcolerà l’importo spettante in proporzione all’effettiva prestazione lavorativa svolta alle proprie dipendenze nel periodo dal 01-04-2022 al 31-03-2025; per i lavoratori a tempo parziale, l’importo sarà calcolato secondo il criterio di proporzionalità. L’’importo non è utile ai fini del calcolo di nessun istituto di legge o contrattuale, in quanto le parti ne hanno definito l’ammontare in senso onnicomprensivo, tenendo conto di qualsiasi incidenza, ivi compreso il trattamento di fine rapporto. L’importo è assorbito, sino a concorrenza, da ogni trattamento economico individuale o collettivo aggiuntivo rispetto a quanto previsto dal presente CCNL, che venga corrisposto successivamente al 01-04-2022;


si tratta di un istituto sperimentale legato alla durata del CCNL







Quadri, I e II livello

III S, III e IV livello

V e VI livello

90 € lordi 75 € lordi 60 € lordi


Le aziende in situazione di crisi rilevata nell’anno precedente l’erogazione o nell’anno di competenza dell’erogazione, che hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali o abbiano formulato istanza per il ricorso a procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare, con accordo aziendale definito anche nell’ambito dell’espletamento delle procedure per l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, potranno definire la sospensione, la riduzione o il differimento della corresponsione dell’elemento economico di garanzia per l’anno di competenza.


Ente Bilaterale Nazionale – EBCE
Dal 1° aprile 2022 la quota contrattuale di servizio perii finanziamento dell’EBCE è fissata nella misura globale di 11 euro mensili per 14 mensilità, di cui 8 euro a carico dei datori di lavoro e 3 euro a carico dei lavoratori. Il datore di lavoro che ometta il versamento delle quote destinate alla bilateralità è tenuto a corrispondere al lavoratore un elemento distinto della retribuzione non assorbibile di importo pari a euro 26,00.


Finanziamento Fondo EASI
Dal 1° aprile 2022, il contributo annuale è fissato in euro 204,00  suddivisi in 12 rate mensili di cui euro 15,00 a carico del datore di lavoro ed euro 2,00 a carico di ciascun lavoratore iscritto al Fondo EASI. II datore di lavoro che ometta il versamento è tenuto a corrispondere al lavoratore in busta paga un elemento distinto della retribuzione di euro 36,00 per quattordici mensilità, utile ai fini di tutti gli istituti contrattuali, compreso il TFR.


Welfare
A decorrere dall’anno 2022, le aziende attribuiranno, a beneficio di tutti i lavoratori dipendenti, piani e strumenti di “flexible benefits” del valore di € 150 per l’anno 2022, € 150 per l’anno 2023 ed € 150 per l’anno 2024, da erogare entro il mese di settembre di ciascun anno di riferimento e comunque in base alla regolamentazione indicata dalle singole aziende. I suddetti valori sono onnicomprensivi ed espressamente esclusi dalla base di calcolo del trattamento di fine rapporto. Hanno diritto a quanto sopra i lavoratori, superato il periodo di prova, in forza al 1° gennaio di ciascun anno o successivamente assunti entro il 31 agosto, sempre di ogni anno:
– con contratto a tempo indeterminato;
– con contratto a tempo determinato che abbiano maturato almeno tre mesi, anche non consecutivi, di anzianità di servizio nel corso di ciascun anno (1° gennaio – 31 dicembre).
Sono esclusi i lavoratori in aspettativa non retribuita né indennizzata nel periodo 1° Gennaio-31 dicembre di ciascun anno.


Contratto a tempo determinato superiore a 12 mesi per specifiche esigenze previste dal CCNL
Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
c) Specifiche esigenze previste dal CCNL, ovvero:
– Attuazione di processi di digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo.
– Avvio di Start Up e PMI innovative volte a favorire la digitalizzazione, l’innovazione e la sicurezza a sostegno del passaggio dalla ricerca all’impresa (ad esempio mediante il passaggio al cloud e lo sviluppo di servizi perla connettività).
– Riconversione/innovazione dei processi produttivi con l’obbiettivo di ridurre l’impatto ambientale.
– Valorizzazione dei processi produttivi volti a sostenere il lavoro femminile, anche attraverso un sistema di misure che accompagni e incentivi le imprese ad adottare politiche adeguate a ridurre il gap di genere.
– Avvio di Start Up e PMI innovative volte a favorire l’imprenditoria femminile; sostenere la realizzazione di progetti aziendali innovativi per imprese già costituite e operanti a conduzione femminile o prevalentemente a conduzione femminile.
– Investimenti in percorsi di formazione e riqualificazione attraverso misure specifiche volte a favorire l’occupazione giovanile.
– Investimenti in percorsi di formazione e riqualificazione del personale, finalizzati all’avvio di processi di digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo.
– Attivazione di processi di sviluppo correlati alla realizzazione di nuovi business, utilizzando sistemi di informazione digitali o in presenza (webinar, convegni).

Bonus investimenti in beni strumentali: momento di effettuazione


Le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, per i beni mobili, alla data della consegna o spedizione, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale, senza tener conto delle clausole di riserva della proprietà (Agenzia delle entrate – risposta 14 marzo 2022, n. 107)

La legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 185) riconosce un credito d’imposta alle imprese che a decorrere dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, ovvero entro il 30 giugno 2021, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2020 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, effettuano investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato.
La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 1056) riconosce un credito d’imposta, in misura rafforzata rispetto a quello precedente, alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’allegato A annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, ovvero entro il 31 dicembre 2022, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2021 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.
In considerazione della parziale sovrapponibilità temporale delle due disposizioni sopra riportate, il Fisco ha chiarito che il coordinamento tra le due discipline agevolative deve avvenire distinguendo il caso degli investimenti per i quali alla data del 15 novembre 2020 (vale a dire anteriormente alla decorrenza della disciplina recata dalla legge di bilancio 2021) si sia proceduto all’ordine vincolante e sia stato versato l’acconto del 20 per cento (c.d. “prenotazione”), dal caso degli investimenti per i quali alla suddetta data non risultino verificate tali condizioni: nel primo caso, gli investimenti, sempre se effettuati (vale a dire completati) entro il 30 giugno 2021, restano incardinati nella disciplina di cui alla legge di bilancio 2020; nel secondo caso si rende applicabile la disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2021.
In merito al momento di “effettuazione” dell’investimento, è stato chiarito che l’imputazione degli investimenti al periodo di vigenza dell’agevolazione segue le regole generali della competenza previste dall’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR, secondo il quale le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, per i beni mobili, alla data della consegna o spedizione, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale, senza tener conto delle clausole di riserva della proprietà.