Spettacolo: prestazione di malattia a pagamento diretto


Si forniscono precisazioni sul pagamento diretto della prestazione di malattia ai lavoratori dello spettacolo.

L’obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali presso l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, è esteso anche ai lavoratori autonomi iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo. L’obbligo di assicurazione per i lavoratori decorre dal 1° gennaio 2022.
Reltivamente alle modalità di erogazione della prestazione, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato l’indennità viene anticipata dal datore di lavoro, con conseguente conguaglio dei contributi dovuti all’Inps.
Il datore che anticipa la prestazione, nei casi in cui il lavoratore abbia maturato i requisiti contributivi richiesti a fronte di giornate effettuate presso altro datore di lavoro, è tenuto ad accertarne l’effettiva sussistenza, nonché la retribuzione percepita ai fini del calcolo della prestazione, mediante la piena collaborazione del lavoratore interessato che fornisce eventuale documentazione a supporto.
Quanto ai lavoratori a termine, l’Inps procede con il pagamento della prestazione in modalità diretta.
L’Istituto ricorda che il certificato di malattia, prodotto in modalità telematica o, laddove ciò non sia eccezionalmente possibile, in modalità cartacea, costituisce a tutti gli effetti l’istanza di prestazione.
In proposito si applicano le disposizioni normative valide per la generalità dei lavoratori sulla base delle quali il certificato viene redatto sin dal primo giorno dell’evento e viene trasmesso telematicamente dal medico curante mediante il canale SAC ovvero, se compilato in modalità cartacea, viene inviato direttamente dal lavoratore all’Inps e al datore di lavoro, entro il termine di due giorni dal rilascio, secondo quanto previsto dal legislatore.
Il certificato, che riporta i dati previsti dal disciplinare tecnico allegato al D.M. 18/4/2012, viene recepito dall’Inps e abbinato alle informazioni relative alla qualifica e al settore lavorativo di appartenenza del lavoratore, presenti nelle banche dati dell’Istituto.
Nei casi di pagamento diretto della prestazione di malattia, il lavoratore, al fine di indicare alla Struttura territoriale di competenza gli elementi informativi necessari al pagamento dell’indennità economica, ove non siano già in possesso della medesima Struttura, ha a disposizione il modello “SR188”, denominato “Modalità di pagamento delle prestazioni a sostegno del reddito” (disponibile sul sito www.inps.it), nel quale è presente un campo libero in cui è possibile specificare l’evento di malattia a cui si fa riferimento.
Il modello, al quale può essere allegata eventuale documentazione ritenuta utile all’istruttoria della pratica (ad esempio, il contratto di lavoro), deve essere trasmesso alla Struttura territoriale di riferimento – individuata sulla base della residenza o del domicilio abituale del lavoratore – mediante i consueti canali (posta ordinaria o raccomandata, posta elettronica, ecc.).
I datori di lavoro devono correttamente valorizzare, nell’ambito dei flussi mensili Uniemens, lo specifico campo finalizzato a distinguere il tipo di trattamento retributivo che il datore di lavoro garantisce al lavoratore nei casi di assenza per malattia sulla base del contratto di riferimento (messaggio del 7 aprile 2022, n. 1568).

IRAP: regime opzionale e dichiarazioni integrative


In materia di IRAP, forniti chiarimenti sulla fruizione di un regime opzionale per gli anni pregressi e la presentazione di dichiarazioni integrative (Agenzia delle entrate – Risposta 08 aprile 2022, n. 187).

Nel caso di specie, l’ente istante afferma di avere determinato l’IRAP, per i periodi d’imposta anteriori al 2016, avvalendosi dell’opzione per il metodo c.d. “commerciale”, prevista dall’articolo 10- bis, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, vista la presenza di personale comunale impiegato – al 100% o promiscuamente – anche in servizi rilevanti ai fini IVA. Detta opzione ha consentito un notevole risparmio d’imposta, dato che i conti economici aggregati relativi alle attività considerate commerciali sono risultati sempre in perdita.
A decorrere dal mese di febbraio del 2016 – con effetto dalle retribuzioni del mese di gennaio – in seguito all’adozione di un nuovo gestionale, l’istante ha iniziato a versare l’IRAP sulle retribuzioni di tutti i dipendenti senza tener conto delle percentuali del personale impiegato nei servizi commerciali, e senza più predisporre il conto economico aggregato delle attività commerciali.
L’istante riferisce che la “nuova” modalità di determinazione dell’IRAP è stata «determinata dal cambio di gestionale informatico e da un’errata presunzione circa le potenzialità del nuovo sistema», e non da una precisa volontà di revocare l’opzione o dal venir meno dei presupposti per l’utilizzo del metodo c.d. “commerciale”, non essendoci stati mutamenti nei servizi commerciali resi all’utenza e nei risultati di conto economico, caratterizzati da una costante perdita.
Ciò detto, l’istante chiede se sia possibile recuperare l’IRAP versata in misura superiore – in applicazione del metodo c.d. “retributivo” – presentando, entro il 21 dicembre 2022, una dichiarazione integrativa a favore, ex articolo 2, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, per ciascun periodo d’imposta dal 2016 al 2019.

Nel caso sopra esposto, l’adozione – a partire dal 2016 – del metodo retributivo anche per le attività commerciali (e, conseguentemente, la revoca del metodo commerciale) non sembra essere stata determinata esclusivamente dall’errata funzionalità del “nuovo sistema gestionale”, avendo l’istante scelto di versare gli acconti (rilevatori dell’esercizio dell’opzione), di omettere la predisposizione del conto economico aggregato delle attività commerciali, di presentare le dichiarazioni annuali IRAP in conformità con il metodo scelto, adottando, quindi, un “comportamento concludente” per ben quattro periodi d’imposta, ovvero fino alla nuova opzione esercitata solo nel 2020.
L’Agenzia non ravvisa, dunque, alcun “errore” da rettificare, ma solo una scelta per un metodo di calcolo dell’imposta che ora si vuole modificare, rispetto alla quale non è consentito il ricorso alla dichiarazione integrativa, destinata alla correzione di errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito.
A tal riguardo, con la risoluzione n. 325/E del 14 ottobre 2002, è già stato chiarito che le opzioni « anche se inserite in manifestazioni non dispositive o, per usare un termine comune in dottrina in “dichiarazioni di scienza” quali le dichiarazioni dei redditi, al pari di qualsiasi altra manifestazione di volontà negoziale non possono essere “rettificate” che in presenza di dolo, violenza o errore.
In particolare l’errore, quale vizio della volontà, deve possedere i requisiti della rilevanza e dell’essenzialità e non deve cadere sui “motivi” della scelta, vale a dire sulle mere finalità che hanno indotto il contribuente a porre in essere un determinato comportamento.».
La dichiarazione integrativa è, quindi, finalizzata a correggere errori od omissioni nell’indicazione di elementi funzionali alla determinazione del reddito imponibile e non anche a modificare scelte più o meno favorevoli; non essendo ammissibile la presentazione di una dichiarazione integrativa per ripensare una scelta rivelatasi a posteriori sfavorevole, non ravvisandosi, in tale ipotesi, un vizio della volontà determinato dalla presenza di un errore grave ed essenziale.


 

Risarcimento per perdita di chance da demansionamento: recupero ritenute fiscali


Con la Risposta n. 185 dell’8 aprile 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il risarcimento del danno per demansionamento, connesso alla “perdita di chance”, non ha natura reddituale, pertanto su tali somme non vanno operate le ritenute fiscali. In caso di restituzione al lavoratore di ritenute indebitamente applicate, le somme versate all’Erario possono essere recuperate dal datore di lavoro nel Modello 770.

Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro è stato condannato dal Tribunale a risarcire il dipendente per il danno alla sua professionalità quale conseguenza del demansionamento. L’importo stabilito dal tribunale a titolo di risarcimento del danno è stato determinato in via equitativa.
Sull’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno il datore di lavoro ha operato e versato le ritenute fiscali.
Su precetto del lavoratore, che ha rivendicato l’esenzione delle somme, il datore di lavoro gli ha corrisposto l’importo equivalente alle ritenute fiscali operate.
Si chiede, dunque, se sia corretta l’esenzione fiscale di tali somme e in che modo sia possibile recuperare le ritenute versate all’Erario.


In merito al trattamento fiscale delle somme corrisposte a titolo di risarcimento danni, la disciplina di riferimento distingue in ragione della funzione risarcitoria: “lucro cessante” o “danno emergente”.
In particolare, devono essere ricondotte a tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente; in altri termini sono imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni (cd. “lucro cessante”) sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce.
Non assumono rilevanza reddituale, invece, le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto, ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (cd. danno emergente).


In tema di demansionamento, occorre distinguere il danno patrimoniale, derivante dall’impoverimento della capacità professionale del lavoratore o dalla mancata acquisizione di maggiori capacità, con la connessa “perdita di chances” (possibilità di guadagno), da quello non patrimoniale, comprendente sia l’eventuale lesione dell’integrità psico-fisica del lavoratore, accertabile medicalmente, sia il danno esistenziale, da intendersi come ogni pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, sia infine la lesione arrecata all’immagine professionale ed alla dignità personale del lavoratore.


Il risarcimento per “perdita di chances” conseguente a demansionamento non è soggetto a imposizione fiscale ai fini IRPEF, in quanto non rappresenta alcuna reintegrazione di reddito patrimoniale non percepito, ma piuttosto il risarcimento del danno alla professionalità e all’immagine derivato dal demansionamento. In particolare, non sono imponibili le somme che trovino titolo nella necessità di ristorare la perdita delle cosiddette “chance professionali”, ossia connesse alla privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell’attività lavorativa. Secondo la giurisprudenza la “perdita di chance” da demansionamento configura un danno attuale e risarcibile (consistente non in un lucro cessante, bensì nel danno emergente da perdita di possibilità attuale), a condizione che il soggetto che agisce per il risarcimento ne provi, anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni, la sussistenza.
A tal fine, la perdita di chance può essere dedotta, ad esempio, dall’esercizio di un’attività soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all’esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo.


Dunque, le somme liquidate a titolo di perdita di chance professionali possono essere correttamente qualificate alla stregua di risarcimento di danno emergente solo ove l’interessato fornisca prova concreta dell’esistenza e dell’ammontare di tale danno. In tal caso, il risarcimento del danno non ha natura reddituale, poiché consiste nel ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale.
L’eventuale quantificazione del danno facendo ricorso al criterio di valutazione equitativa basato sul maggior stipendio non conseguito, non fa mutare la natura del risarcimento, attesa la funzione meramente quantitativa di tale criterio.


Nel caso esaminato, la sentenza di condanna al risarcimento del danno ha accertato la lesione della capacità professionale del lavoratore, derivante dall’attribuzione di mansioni (archivista) inferiori rispetto a quelle professionalmente spettanti, accertate da una precedente sentenza. Le somme corrisposte al lavoratore, dunque, hanno la funzione di risarcire la lesione della sua capacità professionale; sulla base delle precedenti considerazioni, pertanto, sono da considerarsi non imponibili, in quanto configurabili come danno emergente.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce che il recupero delle ritenute indebitamente operate e versate, e poi restituite al lavoratore deve essere effettuato tramite la dichiarazione dei sostituti d’imposta – Modello 770.
Qualora i termini di presentazione del Modello 770 siano decorsi, il recupero deve essere effettuato presentando una dichiarazione integrativa.

Edilizia – Circolare Ance Padova Treviso: riconoscimento dell’E.V.R.



In attuazione di quanto previsto dal vigente CCNL Edilizia Industria e di quanto disposto dall’Accordo territoriale del 15/12/2021 per le province di Padova Treviso e Vicenza, è stata disposta la determinazione e l’erogazione dell’Elemento Variabile della Retribuzione ai lavoratori del settore per l’anno 2022


Il giorno 28 marzo 2022, Ance Padova e Assindustria Veneto Centro – Sezione autonoma ANCE, (come riportato nella circolare n. 34 del 5/4/2022) congiuntamente con le rispettive Organizzazioni sindacali territoriali, sulla base dei dati degli indicatori forniti dalla Cassa Edile Interprovinciale Veneto – C.E.I.V., hanno proceduto alle verifiche e determinazioni previste dal citato dall’accordo territoriale 15 dicembre 2021 relativamente all’E.V.R. di competenza 2021 da corrispondere nel 2022, per il territorio delle province di Padova e Treviso.
In particolare, è stato accertato che, ai sensi di quanto previsto dall’accordo territoriale 15 dicembre 2021 citato, ci sono i presupposti per il riconoscimento dell’E.V.R. di competenza 2021 per il territorio delle province di Padova e di Treviso, che verrà corrisposto dalle imprese, previa verifica a livello aziendale sulla base di due indicatori aziendali, nella misura oraria corrispondente:


– al 4% dei minimi mensili di paga in vigore al 1° settembre 2020 divisi per il coefficiente 173 (Valori orari dell’EVR riportati nelle Tabelle 1), qualora dalla verifica aziendale le variazioni dei due indicatori aziendali risultino entrambe pari o positive (entrambi pari; uno pari e uno positivo; entrambi positivi);


– al 2,6% dei minimi mensili di paga in vigore al 1° settembre 2020 divisi per il coefficiente 173 (Valori orari dell’EVR riportati nelle Tabelle 2), qualora dalla verifica aziendale la variazione pari o positiva interessi solo uno degli indicatori aziendali.


L’E.V.R. da corrispondere è pari al valore orario moltiplicato per il numero di ore ordinarie effettivamente lavorate ed equiparate nel 2021 (con un massimo di 173 ore mensili).


TABELLA 1 – Operai e Impiegati



























Livelli

EVR Orario

7Q 0,41
7 0,41
6 0,37
5 0,31
4 0,29
3 0,27
2 0,24
1 0,21


TABELLA 2 – Operai e Impiegati



























Livelli

EVR Orario

7Q 0,27
7 0,27
6 0,24
5 0,20
4 0,19
3 0,17
2 0,16
1 0,13


Gli importi dell’E.V.R. saranno corrisposti a consuntivo in unica soluzione con la retribuzione del mese di competenza di agosto 2022, o in caso di cessazione del rapporto di lavoro nei mesi da aprile 2022 a luglio 2022, con la retribuzione di competenza del mese di cessazione del rapporto di lavoro.
Le imprese non corrisponderanno l’E.V.R. se le variazioni dei due indicatori aziendali risultino entrambe negative.

Quota di servizio contrattuale per il CCNL Agenzie immobiliari

Con la retribuzione del mese di aprile deve essere effettuato il versamento della quota trimestrale di servizio contrattuale all’’EBNAIP, l’Ente Bilaterale del CCNL degli agenti immobiliari

ll funzionamento di tali prestazioni è assicurato da un contributo indicato con la sigla QSC, Quota di servizio contrattuale, fissato nella misura dell’ 1,90% della retribuzione mensile da calcolarsi per 14 mensilità, così ripartito:
– 0,30% a carico dei lavoratori;
– 1,60% a carico dei datori di lavoro;
La QSC nella sua interezza fa parte della retribuzione ordinaria al lavoratore.
– una Quota Forfetaria obbligatoria di € 12,00 mensili, per dodici mensilità, a carico del datore di lavoro.
Detta quota determina l’adesione contrattuale dell’impresa datoriale al CCNL e, allo stesso tempo, copre il diritto alle prestazioni di assistenza integrativa a favore del legale rappresentante dell’impresa datoriale, soggetto che deve essere dichiarato al momento dell’iscrizione all’EBNAIP e che, nel caso di variazione, deve essere oggetto di comunicazione all’EBNAIP tramite l’indirizzo PEC ebnaip@pec.it.
Le quote di contributo a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro pari all’ 1,90% della retribuzione mensile come sopra calcolate e la Quota Forfetaria, saranno versate trimestralmente sul c/c intestato a EBNAIP – ENTE BILATERALE NAZIONALE AGENTI IMMOBILIARI PROFESSIONALI presso l’ISTITUTO BANCARIO BPER BANCA S.P.A.:


coordinate IBAN: IT67Y0538703224000035325223.
Il versamento della QSC dovrà essere effettuato trimestralmente con la retribuzione dei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre, rispettivamente entro il 16 aprile, 16 luglio, 16 ottobre, 16 gennaio e nelle causali di versamento dovrà essere indicata la voce QSC cui il versamento fa riferimento specificando:
– QSC riferita al 1°, o 2°, o 3° o 4° trimestre e l’anno relativo;
– il cognome, il nome e il codice fiscale del lavoratore;
– la denominazione e il codice fiscale dell’impresa datoriale;
Il versamento della Quota Forfetaria deve essere effettuato trimestralmente separatamente dalla QSC, ma in concomitanza del versamento della stessa, specificando:
– Quota Forfetaria di € 36,00 riferita al 1°, o 2°, o 3° o 4° trimestre e l’anno relativo;
– la denominazione e il codice fiscale dell’impresa datoriale;
– il cognome, il nome e il codice fiscale del legale rappresentante.
In concomitanza, va obbligatoriamente effettuata la registrazione dei versamenti del trimestre nell’area riservata del sito web dell’EBNAIP.
Le quote di assistenza contrattuale sono dovute da tutte le imprese di mediazione immobiliare e creditizia in quanto, essendo parte economica del CCNL, vengono erogate prestazioni di welfare contrattuale che sono indispensabili a completare il trattamento economico e normativo del lavoratore.
Le prestazioni assicurate dalla bilateralità rappresentano un diritto contrattuale di ogni singolo lavoratore.


L’azienda, aderendo alla bilateralità ed ottemperando ai relativi obblighi contributivi, assolve ogni suo obbligo in materia nei confronti dei lavoratori.
nel caso in cui il datore di lavoro non versi la QSC, il lavoratore ha diritto alla erogazione diretta da parte dell’azienda datrice di lavoro di prestazioni equivalenti a quelle erogate da EBNAIP, anche per assistenza integrativa, oltre al risarcimento del danno.
Le aziende che non versano la QSC sono quindi tenute ad erogare a ciascun lavoratore un importo forfetario pari al 2,40% della retribuzione mensile di fatto, da calcolarsi per 14 mensilità, garantendo al dipendente le prestazioni di assistenza sanitaria in alternativa all’EBNAIP.
Tale importo, non è assorbibile e rappresenta un elemento aggiuntivo della retribuzione (E.A.R.) che incide su tutti gli istituti retributivi di legge e contrattuali, compresi quelli indiretti o differiti e il TFR. Tale importo dovrà essere erogato con cadenza mensile e mantiene carattere aggiuntivo rispetto alle prestazioni dovute ad ogni singolo lavoratore.
Una volta effettuata l’adesione al CCNL con l’iscrizione al sito e/o una volta iniziati i versamenti, nell’ipotesi di successivi mancati versamenti della QSC, il datore di lavoro è tenuto a versare obbligatoriamente all’EBNAIP gli importi arretrati non corrisposti, comprese le Quote Forfetarie non versate.In tale ipotesi, se sarà stata effettuata al lavoratore la ritenuta in busta paga pari allo 0,30% della retribuzione, il mancato versamento configura come inadempienza nei confronti del dipendente.Pur aderendo al CCNL, nell’ipotesi della mancata registrazione del dipendente e quindi del mancato versamento della QSC, il datore di lavoro è tenuto a versare al dipendente l’importo forfetario pari al 2,40% della retribuzione mensile di fatto.

Siglato accordo di rinnovo del CIPL Edilizia Pavia

Siglato tra l’ANCE della Provincia di Pavia, la CONFARTIGIANATO Imprese Pavia, la CONFARTIGIANATO Imprese Lomellina, la CNA di Pavia, la CLAAI Voghera, la CLAAI Pavia, la CASA, l’Associazione Varzese Artigiani e la FENEAL-UIL, la FILCA-CISL, FILLEA-CGIL, l’accordo di rinnovo considerando le vigenti dispozioni per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19.

Con il suddetto accordo le Parti firmatarie hanno preso atto che con decorrenza 1° gennaio 2022 non sono soggetti a quarantena, ma solo ad auto sorveglianza, i lavoratori asintomatici che abbiano avuto un contatto a rischio:
– dopo aver ricevuto la dose booster di vaccino;
– entro 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale;
– entro 120 giorni dalla guarigione dal Covid-19.
Sono previsti 10 giorni di quarantena, nel caso di contatti con soggetti positivi, per:
– Persone non vaccinate
– persone che hanno avuto contatti a rischio prima che siano trascorsi 14 giorni dal completamento del ciclo vaccinale primario, e cioè dalla ricezione della prima o della seconda dose (a seconda del numero di dosi previste dal vaccino).
– lavoratori che hanno completato il ciclo vaccinale da più di 120 giorni, (che hanno il Green pass valido, se asintomatici possono effettuare una quarantena di soli 5 giorni, che terminerà con un tampone antigenico o molecolare negativo).
Considerato inoltre che dal 1° gennaio 2022, per i lavoratori che hanno avuto contatti con soggetti positivi ai Covid-19 e che devono effettuare la quarantena, non è previsto il riconoscimento dell’indennità di malattia da parte dell’INPS, in quanto non è infatti stata prorogata l’operatività dell’art. 26 co. 1 del DL 18/2020, o Decreto Cura Italia, che equipara i giorni di quarantena a quelli di malattia, e permette al lavoratone di ricevere un’indennità economica dall’INPS.
Le Parti, per supportare i lavoratori e le imprese dei settore che potrebbero essere interessate da eventuali quarantene da covid intendono mettere a disposizione una prestazione straordinaria dedicata che possa garantire sostegno al reddito al lavoratore e un’indennità alle imprese e pertanto, limitatamente al periodo 1 gennaio 2022 – 31 marzo 2022, convengono e stipulano di destinare la somma di € 50.000 accantonata presso la Cassa edile al “Fondo Rischi” al fine di garantire un’idonea prestazione ai lavoratori ed un intervento di sostegno per imprese a seguito di eventuali quarantene dovute a contatti del personale operaio con persone positive ai sensi della normativa vigente.
L’intesa ha previsto, esclusivamente per il periodo da gennaio a marzo 2022 e fino a capienza delle risorse stanziate, un indennizzo giornaliero di € 41,00 (lordi) per il lavoratore inquadrato con la qualifica ‘‘operaio” per un numero massimo di 5 giorni di assenza dovuta a quarantena. Allo stesso modo anche l’impresa, alle cui dipendenze risulta essere in forza il lavoratore, riceverà un indennizzo di pari importo.

Regime impatriati: inclusi i cittadini britannici


L’agevolazione prevista per i lavoratori impatriati di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 può essere riconosciuta anche ai cittadini britannici in quanto l’accordo Brexit vieta di discriminare i cittadini inglesi sulla base della loro nazionalità e vieta che siano negati ai lavoratori gli stessi vantaggi fiscali concessi agli altri lavoratori comunitari (Agenzia Entrate – risposta 06 aprile 2022 n.172).

Il regime speciale dei lavoratori impatriati è disciplinato dall’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 e per accedere è necessario che il lavoratore:
– trasferisca la residenza in Italia;
– non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
– svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.


Sono destinatari del beneficio fiscale, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
– sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
– abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.


L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
Per accedere al regime speciale, è necessario, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
Detto questo, in relazione al caso di specie, l’Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (cd “Accordo Brexit”), entrato in vigore a partire dal 1° febbraio 2020, all’art. 12 vieta di discriminare i cittadini inglesi sulla base della loro nazionalità e agli artt. da 24 a 26 vieta che siano negati ai lavoratori di cittadinanza inglese gli stessi vantaggi fiscali concessi agli altri lavoratori comunitari.


Il citato divieto di non discriminazione è coerente con quanto previsto, sul piano fiscale, all’art. 25, par. 1, della Convenzione tra l’Italia ed il Regno Unito per evitare le doppie imposizioni (firmata a Pallanza il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329) secondo cui: “I nazionali di uno Stato contraente non sono assoggettati nell’altro Stato contraente ad alcuna imposizione od obbligo ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i nazionali di detto altro Stato che si trovino nella stessa situazione”.


Pertanto, anche ai cittadini del Regno Unito può essere riconosciuta l’estensione per lavoratori impatriati, fermo restando la sussistenda di tutte le condizione richieste per accedervi.

Nuova proroga per gli amministratori per le spese ristrutturazioni/riqualificazione energetica


Ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata 2022, per la comunicazione all’anagrafe tributaria dei dati relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati su parti comuni di edifici residenziali, gli amministratori di condominio hanno tempo fino al 19 aprile prossimo (Agenzia delle entrate – Provvedimento 07 aprile 2022, n. 110854).


 


Ulteriore proroga per gli amministratori che devono trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati delle spese sostenute dal condominio per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni e per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici per l’arredo di parti comuni dell’edificio ristrutturato.
Viene ulteriormente estesa, dal 7 aprile al 19 aprile 2022, la finestra temporale utile per l’invio delle comunicazioni delle spese sostenute nel 2021.
La nuova proroga segue il precedente provvedimento del 16 marzo 2022, con il quale l’Agenzia delle Entrate, rinviando dal 16 marzo al 7 aprile il termine per l’invio dei dati, aveva accolto le esigenze manifestate dagli operatori per assicurare la trasmissione di informazioni il più possibile corrette e complete per la predisposizione della dichiarazione precompilata.
L’ulteriore proroga viene prevista senza impatti sul calendario della campagna dichiarativa 2022, considerato che è stata spostata dal 30 aprile al 23 maggio la data a partire dalla quale l’Agenzia rende disponibile la dichiarazione precompilata 2022 relativa all’anno 2021 (legge n. 25/2022).


Bonus bebè: il beneficio spetta anche ai cittadini extracomunitari


8 apr 2022 L’Inps ha fornito precisazioni sull’estensione ai cittadini extracomunitari del diritto all’Assegno di natalità (c.d. bonus bebè), conformandosi alla pronuncia della Corte Costituzionale la quale ha dichiarato incostituzionali le norme istitutive del bonus bebè nella parte in cui limitano la concessione della prestazione ai soggetti in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo in UE (messaggio del 7 aprile 2022, n. 1562).


Con particolare riferimento ai requisiti previsti per i cittadini extracomunitari per la fruizione del bonus in argomento, la normativa prevedeva che i medesimi dovessero essere titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
Tuttavia, in virtù del principio della tutela della maternità e dell’infanzia garantiti dalla Costituzione italiana, sulla scorta delle indicazioni vincolanti fornite dal diritto dell’Unione europea in tema di divieto di discriminazioni arbitrarie, sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale nei confronti della disciplina istitutiva della misura (Legge di Stabilità 2015, e successive proroghe).
Al riguardo, la Corte Costituzionale, dopo aver rimesso la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea affinché si pronunciasse in via pregiudiziale, alla luce dell’interpretazione da questa fornita, ha rilevato il contrasto con gli articoli 3 e 31 della Costituzione e con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, con la sentenza n. 54/2022, ha dichiarato incostituzionali le norme istitutive del bonus bebè nella parte in cui prevedono, come requisito per l’accesso alla prestazione, la titolarità in capo ai cittadini di Paesi terzi non comunitari del permesso per soggiornanti UE di lungo periodo.
In particolare, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma (art. 1, co. 125, Legge di Stabilità 2015), nella parte in cui esclude dal riconoscimento del diritto all’assegno di natalità i cittadini di Paesi terzi non comunitari che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi, a norma del diritto dell’Unione o nazionale, e i cittadini dei predetti medesimi Paesi che sono stati ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa, a norma del diritto dell’Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002.
La Corte ha, inoltre, precisato che la suddetta illegittimità si estende anche alle successive proroghe dell’assegno di natalità vigenti fino al 31 dicembre 2021.
Quanto statuito dalla Corte Costituzionale riguarda, nello specifico, la formulazione della norma in esame nella versione antecedente alle modificazioni introdotte dalla c.d. legge europea 2019-2020, la quale è intervenuta al fine di garantire l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
In particolare, la novella stabilisce che, ai fini dell’accesso alla prestazione in favore dei cittadini di Stati extracomunitari, si considerano i titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo, i familiari titolari di carte di soggiorno, nonché gli stranieri titolari di permesso unico di lavoro autorizzati a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi e gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi.


Tanto premesso, l’Inps ha specificato che le domande di assegno di natalità presentate dai titolari dei predetti titoli di soggiorno e permessi di lavoro e/o di ricerca, attualmente in fase di istruttoria devono essere accolte, qualora ricorrano i requisiti indicati nella sentenza della Corte Costituzionale e potranno essere accolte, in autotutela, dalle Strutture territoriali competenti le eventuali istanze volte a ottenere il riesame delle domande respinte per la mancanza del requisito del possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo.

Iva: pagamento tasse automobilistiche tramite PagoPA


Il Fisco chiarisce il trattamento ai fini IVA da applicare al servizio di pagamento tasse automobilistiche per il tramite di PagoPA e mandato con rappresentanza (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 07 aprile 2022, n. 182)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco la società istante rappresenta di svolgere principalmente consulenza globale alle aziende, amministrativa e gestionale, che si estrinseca nella fornitura di molteplici servizi.
Tra queste attività è presente quella di gestione globale delle flotte auto aziendali, nell’ambito della quale la Società effettua anche servizi di disbrigo pratiche automobilistiche e consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, essendo autorizzata a incassare i versamenti delle imposte/tasse automobilistiche, utilizzando il polo telematico predisposto all’uopo da un Consorzio Nazionale cui l’Istante partecipa in qualità di socio consorziato.
Al riguardo, la Società fa presente che l’introduzione della nuova modalità di pagamento “PagoPA” che opera per il tramite di un prestatore di servizi di pagamento (PSP), in genere un istituto bancario o Payment institution, ha notevolmente modificato l’iter operativo gestionale ed amministrativo che l’Istante deve seguire per la gestione delle pratiche auto.
In questo mutato contesto, la Società non opera più come incaricato pubblico al servizio di riscossione bolli (agenzia pratiche auto), bensì come incaricato al servizio di pagamento (esternalizzato per l’attività di incasso fondi) per conto della Payment institution o del suo Agente di Riferimento.
Il cliente versa all’Istante un importo tramite bonifico (anticipato, in caso di “bolli massivi”) a titolo di rimborso delle somme corrisposte (o da corrispondere) dalla Società al PSP, pari all’onere della tassa auto o delle pratiche STA maggiorato della fee del PSP per il servizio di pagamento (costo necessariamente da sopportare per il versamento della tassa automobilistica tramite sistema PagoPA).
L’Istante, infatti, dopo aver inoltrato un elenco contenente le operazioni da effettuare per ciascuna targa e aver pre-calcolato gli importi necessari, dispone un bonifico su un apposito conto dedicato dal PSP, sufficiente per pagare, solitamente in modalità “massiva”, le tasse auto relative a tutti i veicoli della flotta aziendale del proprio cliente nonché i diritti spettanti al predetto PSP (pari a X euro per ciascun bollo).
Il PSP, verificato l’incasso, rende disponibili le somme versate accreditando un apposito castelletto nel servizio “riscossione PagoPA” e consentendo alla Società di processare le tasse auto inerenti la flotta aziendale del suo cliente nonché di ottenere – al termine dell’operazione – la ricevuta/quietanza prodotta dal PSP attestante il versamento della tassa e dei diritti. Ciò rappresentato, l’Istante chiede quale debba essere il corretto regime IVA degli importi che riceve tramite bonifico dal cliente a titolo di rimborso delle somme erogate al PSP a titolo di tassa automobilistica e diritti di utilizzo fee) del sistema PagoPA, spettanti allo stesso PSP.
Il Fisco, a riguardo, chiarisce che sotto il profilo della normativa IVA, l’articolo 15, comma 1, n. 3), del Decreto IVA disciplina il trattamento delle spese che il mandatario riaddebita al mandante nell’ambito di un mandato con rappresentanza. Ai sensi della norma appena richiamata, infatti, non concorrono a formare la base imponibile ” le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate”.
Poiché le operazioni del mandatario non producono alcun effetto per lui, la rifusione delle spese dallo stesso affrontate, non riveste la natura di corrispettivo per un’attività svolta: rappresenta un semplice rimborso/ristoro di un'”anticipazione” da lui fatta nell’esclusivo interesse del mandante. Di conseguenza la somma che il mandante rimborsa al mandatario non è soggetta a IVA e non rientra nel calcolo della base imponibile dell’operazione.
Se dunque il rapporto tra l’Istante e il suo cliente è riconducibile a un mandato con rappresentanza, non concorrono alla formazione della base imponibile – perché escluse dal campo di applicazione dell’IVA – le somme che percepisce dal suo cliente a titolo di rimborso della tassa automobilistica e della fee spettante al PSP.
Resta inteso che se anziché anticipare il denaro per il pagamento della tassa automobilistica, la Società riceve preventivamente la necessaria provvista dal suo cliente, queste somme rappresentano mere movimentazioni di denaro, escluse ugualmente dalla determinazione della base imponibile dell’operazione ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a) del Decreto IVA. Diverso invece il rapporto che la Società instaura con il PSP a favore del quale svolge l’attività di riscossione del bollo auto e nei cui confronti provvederà, come da contratto, a fatturare separatamente il corrispettivo per tale attività in esenzione dall’imposta ex articolo 10 del Decreto IVA.