Somme corrisposte al legale non distrattario con delega all’incasso: esonero ritenuta d’acconto


Ai fini dell’esonero dall’applicazione della ritenuta d’acconto, il legale non distrattario, con delega all’incasso, che percepisce direttamente dalla parte soccombente (sostituto d’imposta) le somme liquidate in sentenza a favore del proprio cliente a titolo di spese di giudizio, è tenuto a fornire la prova dell’avvenuto pagamento da parte del cliente del compenso professionale. (Agenzia delle Entrate – Risposta 20 maggio 2022, n. 286).

Sui compensi comunque denominati, per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente ovvero siano rese a terzi o nell’interesse di terzi o per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere, il sostituto d’imposta è tenuto ad operare, all’atto del pagamento, una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti, con l’obbligo di rivalsa.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’area di applicazione della ritenuta comprende anche le remunerazioni di compensi per prestazioni professionali rese, al di fuori del sinallagma commissione-prestazione, a favore di un committente non esecutore del pagamento e che, pertanto, lo status di sostituto d’imposta è attribuito a chiunque corrisponda compensi per prestazioni professionali, anche se l’adempimento del pagamento è disposto in modo coattivo in base a sentenza di condanna.
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che sulle somme liquidate in sentenza alla controparte vittoriosa, a titolo di spese di giudizio, e corrisposte direttamente al legale di quest’ultima, munito di un mandato all’incasso, la parte soccombente è esonerata dall’effettuazione della suddetta ritenuta nella sola ipotesi in cui le somme erogate al difensore della parte vittoriosa non costituiscano per quest’ultimo reddito di lavoro autonomo, vale a dire qualora questi produca copia della fattura emessa, nei confronti del proprio cliente, per la prestazione professionale resa.
In altri termini, l’esibizione della copia della fattura emessa dal difensore “non distrattario” nei confronti del cliente, fa presumere, che quanto dovrà essere erogato dalla parte soccombente ha l’effetto di “ristorare” la parte vittoriosa dell’onere per le spese legali a suo carico inerenti la prestazione professionale del proprio difensore. Tale presunzione, legittima l’esonero dall’applicazione della ritenuta su richiesta del professionista.
Tuttavia, considerato che la responsabilità per la violazione dell’obbligo di esecuzione della ritenuta alla fonte resta in capo al sostituto d’imposta, quest’ultimo, qualora ritenga che le somme che sta erogando possano costituire reddito di lavoro autonomo per il difensore, è legittimato a richiedere al legale ” non distrattario”, ai fini della non applicazione della ritenuta, oltre alla delega all’incasso rilasciata dal proprio cliente e la fattura emessa nei confronti dello stesso, ogni altra documentazione che ritenga opportuno in base alle proprie procedure, come ad esempio la prova dell’avvenuto pagamento del compenso professionale.

Precisazioni Inps sull’APE sociale


L’Inps ha fornito indicazioni sulle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2022 sull’APE sociale.

Il periodo di sperimentazione dell’APE sociale è stato differito al 31 dicembre 2022. Coloro che avevano perfezionato i requisiti per l’accesso al beneficio negli anni precedenti e che non hanno presentato la relativa domanda di verifica, nonché i soggetti decaduti dal beneficio (ad esempio, per superamento dei limiti reddituali annuali) e che intendono ripresentare domanda, devono tenere conto delle modifiche intervenute che si espongono ai paragrafi che seguono.
Resta fermo che, i soggetti in possesso del provvedimento di “certificazione” potranno presentare domanda di accesso all’APE sociale anche successivamente al nuovo termine di scadenza della sperimentazione (31 dicembre 2022).
Dal 1° gennaio 2022, coloro che si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa, risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della L. n. 604/1966, nonché per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che abbiano avuto, nei trentasei mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno diciotto mesi, possono presentare domanda di accesso al beneficio senza dovere attendere, ove non ancora perfezionato, il decorso di almeno 3 mesi dal momento in cui è terminata l’integrale fruizione della prestazione di disoccupazione spettante.
Relativamente agli operai agricoli, non è più necessario, ai fini della decorrenza del beneficio, computare il trimestre in argomento a fare data dal licenziamento o dalle dimissioni per giusta causa (verificati tramite le risultanze UNILAV) se avvenuti nell’anno in cui è proposta la domanda di APE sociale o, se avvenuti in precedenza, dalla fine dell’anno precedente a quello di presentazione della domanda.
Ne consegue che, in fase di calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola spettante per i periodi di disoccupazione antecedenti la decorrenza dell’APE sociale, non è necessario considerare non indennizzabili i tre mesi antecedenti la decorrenza dell’APE sociale.


A decorrere dal 1° gennaio 2022, possono presentare domanda di verifica delle condizioni di accesso all’APE sociale per la categoria dei lavoratori addetti ad attività c.d. gravose esclusivamente i lavoratori dipendenti che svolgono professioni riconducibili alle classificazioni Istat.  La definizione di tali categorie di destinatari non incide sul diritto di chi ha già ottenuto il beneficio, né limita le categorie già riconosciute dalla previgente normativa.
Possono usufruire della riduzione del requisito contributivo di cui al comma 92 in parola esclusivamente: gli operai edili con contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili e affini, nell’ambito dei codici Istat; i ceramisti con codice di classificazione Istat 6.3.2.1.2;i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta con codice di classificazione Istat 7.1.3.3.
Al fine di potere beneficiare della riduzione contributiva in oggetto, il soggetto richiedente l’APE sociale deve avere svolto, per almeno sei anni negli ultimi sette anni o per almeno sette anni negli ultimi dieci anni, una o più delle attività previste.
Nel caso di lavoratrici madri appartenenti alle categorie sopra elencate, la riduzione del requisito contributivo di dodici mesi per ciascun figlio, fino a un massimo di 24 mesi opera con riferimento ai trentadue anni di anzianità contributiva.
Ai fini dell’applicazione della riduzione in parola ai figli legittimi sono equiparati quelli naturali e adottivi.


Nuovi modelli di domanda di accesso al beneficio e moduli per le attestazioni dei datori di lavoro
I modelli di domanda che gli utenti dovranno utilizzare per la verifica delle condizioni e per l’accesso al beneficio sono reperibili sul sito www.inps.it al seguente percorso: “Prestazioni e Servizi” > “Prestazioni” > “Ape Sociale-Anticipo pensionistico” > “Accedi al servizio”; i suddetti modelli recepiscono le modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2022 in merito alle categorie di cui alle lettere a) e d) dell’articolo 1, comma 179, della legge n. 232/2016.
Per la categoria dei lavoratori gravosi che intendono accedere all’APE sociale, dal 1° gennaio 2022, sono altresì reperibili sul sito, nella sezione “Prestazioni e servizi” > “Moduli”, i nuovi modelli di attestazione:
– AP148, denominato ” Attestazione datore di lavoro per la richiesta dell’APE Sociale in relazione alle attività lavorative di cui all’allegato 3 della legge 30 dicembre 2021, n. 234″;
– AP149, denominato “Attestazione datore di lavoro domestico per la richiesta dell’APE Sociale in relazione alle attività lavorative di cui all’allegato 3 della legge 30 dicembre 2021, n. 234”.
I termini entro i quali l’Inps deve comunicare ai richiedenti l’esito dell’istruttoria delle domande di verifica sono i seguenti:
– 30 giugno 2022, per le domande di verifica delle condizioni presentate entro il 31 marzo 2022;
– 15 ottobre 2022, per le domande di verifica delle condizioni presentate entro il 15 luglio 2022;
– 31 dicembre 2022, per le domande di verifica delle condizioni presentate oltre il 15 luglio 2022, ma entro il 30 novembre del medesimo anno.
L’APE sociale, in presenza di tutti i requisiti, decorre dal primo giorno del mese successivo alla domanda di trattamento, previa cessazione dell’attività di lavoro dipendente, autonomo e parasubordinato, svolta in Italia o all’estero (Circolare 25 maggio 2022, n. 62).

Tassazione e ritenuta per l’indennità da perdita di redditi da lavoro


Le indennità percepite dal lavoratore a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di redditi, costituiscono redditi da lavoro dipendente e come tali sono assoggettate a tassazione separata e a ritenuta (Corte di Cassazione, Ordinanza 23 maggio 2022, n. 16512).


La vicenda


La dipendente di un ente previdenziale, esclusa dal corso concorso per l’accesso alla dirigenza, otteneva dai giudici amministrativi l’annullamento dell’atto; il Consiglio di Stato, poi, in sede di ottemperanza, imponeva all’amministrazione di organizzare un nuovo corso concorso con la sua partecipazione, e, in caso di superamento del corso, di reintegrarla dal punto di vista giuridico; non essendo, invece, possibile la reintegrazione economica, i giudici amministrativi evidenziavano la necessità di un’autonoma azione risarcitoria sul punto.
All’esito positivo del corso concorso la dipendente adiva, dunque, nuovamente il T.A.R. regionale per ottenere il risarcimento dal danno derivante dal comportamento illecito dell’ente.
Il T.A.R., in accoglimento della domanda, condannava l’amministrazione a risarcirle il danno subito, consistente in un danno patrimoniale, pari alla differenza tra la retribuzione percepita e quella che avrebbe percepito quale dirigente, ed un danno non patrimoniale, dovuto al mancato conseguimento del livello dirigenziale cui avrebbe avuto diritto e per l’alterazione della vicenda umana e professionale subita.


L’INPDAP versava tali somme, applicando, però, sulle stesse il regime fiscale per i redditi di lavoro dipendente, con le conseguenti ritenute.
La dipendente, a questo punto, chiedeva il rimborso delle somme ritenute a titolo di Irpef, a suo avviso indebitamente effettuate, in quanto aventi natura risarcitoria delle perdite subite e finalità di reintegrazione patrimoniale; impugnava il silenzio rifiuto dell’amministrazione e si vedeva riconosciute integralmente le proprie ragioni dalla competente Commissione tributaria provinciale.
La Commissione tributaria regionale, viceversa, accoglieva in parte l’appello dell’ufficio, confermando la sentenza appellata in relazione alle ritenute sulle somme percepite a titolo di danno esistenziale, rigettando, invece, la domanda della contribuente per le ritenute operate sulle somme corrisposte a titolo di danno patrimoniale.
La C.T.R. evidenziava, sul punto, che i proventi erogati a titolo di danno patrimoniale erano sostitutivi di reddito, e quindi soggetti a imposizione, mentre i proventi erogati a titolo di danno esistenziale costituivano danno emergente, per cui illegittima risultava la loro ripresa a tassazione.


Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la dipendente, sostenendo che gli importi dalla stessa percepiti, ritenuti dalla C.T.R. conseguiti in sostituzione di redditi, e quindi soggetti a imposizione, fossero, invece, stati riconosciuti come posta risarcitoria strettamente patrimoniale e che tali somme, aventi carattere di danno emergente per perdita di chance, non fossero assoggettabili ad imposizione.


La pronuncia della Cassazione


La Corte di legittimità ha rigettato il ricorso, riaffermando il principio secondo cui, in tema di imposte sui redditi da lavoro dipendente, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a tassazione, nel caso in cui siano volte a reintegrare un danno da mancata percezione di redditi, e quindi un lucro cessante, mentre non sono assoggettabili a tassazione quelle intese a riparare un pregiudizio di natura diversa, costituente danno emergente.
L’imposizione, dunque, è esclusa solo in caso di somme riconosciute a titolo di danno emergente, quali il danno morale, il danno all’immagine, nonchè il danno da perdita di chance.
Da tanto discende che tutte le indennità conseguite dal lavoratore a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di redditi costituiscono redditi da lavoro dipendente, come tali assoggettati a tassazione separata e a ritenuta.


Richiamando tali principi, i giudici hanno evidenziato che nel caso in argomento la C.T.R., distinguendo le poste risarcitorie riconosciute dal T.A.R., aveva correttamente ritenuto tassabili quelle volte a sostituire reddito perduto, costituente lucro cessante, e non soggette, invece, ad imposizione quelle volte a reintegrare una perdita immediatamente verificatasi nel patrimonio giuridico della contribuente, corrispondente al danno esistenziale.


La Corte ha, inoltre, sottolineato l’assoluta irrilevanza della circostanza che il T.A.R. avesse qualificato le predette somme come posta risarcitoria strettamente patrimoniale da fatto illecito, non essendo tale circostanza, da sola, idonea ad escludere l’assoggettabilità della somma ad imposizione, atteso che non è la natura risarcitoria della somma ad escluderne l’imponibilità ma la natura del pregiudizio risarcito, il quale, come ampiamente chiarito, rimane imponibile quando si tratti di perdita di redditi.

EPITEMP – Nuovo Regolamento assistenziale per i lavoratori somministrati

EBITEMP, l’Ente Bilaterale Nazionale per il lavoro temporaneo, pubblica il nuovo Regolamento assistenziale in vigore dall’1/5/2022 per i lavoratori in somministrazione

EBITEMP, l’Ente Bilaterale Nazionale per il lavoro temporaneo, in collaborazione con la Cassa Mutualistica Interaziendale al fine di sovvenire alle esigenze dei lavoratori somministrati a fronte di problemi sanitari, propone un nuovo Regolamento, con prestazioni sanitarie dettagliate, che entra in vigore il 1° maggio 2022 e scade il 31 dicembre 2022 salvo proroga.


1. Aventi diritto
Hanno diritto ad usufruire delle prestazioni elencate nel regolamento i lavoratori in somministrazione (sia a tempo determinato che indeterminato) dipendenti dalle Agenzie per il Lavoro associate a Ebitemp. Il diritto ad usufruire delle prestazioni è garantito alle lavoratrici ed ai lavoratori con contratti in somministrazione attivi o che abbiano svolto almeno 30 giorni di attività lavorativa nell’arco dei 120 giorni di calendario, nonché per i 120 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.
Il diritto ad usufruire delle prestazioni previste dal Regolamento dovrà essere certificato dall’interessato al momento della richiesta di ogni sussidio.
Il diritto ad usufruire delle prestazioni previste dal presente Regolamento viene esteso al coniuge ed ai figli del lavoratore avente diritto, se fiscalmente a carico dello stesso.


2. Documentazione (comune a qualsiasi tipo di richiesta)
In relazione alle varie tipologie di prestazione indicate nel Regolamento, ogni richiesta di rimborso o sussidio, dovrà essere corredata dalla seguente documentazione:
a) specifico modulo di richiesta rimborso (scaricabile dal sito www.ebitemp.it) compilato in ogni sua parte e sottoscritto dall’interessato (i moduli contengono anche le modalità di spedizione di tutta la documentazione richiesta);
b) per i lavoratori con contratto di somministrazione a tempo determinato: copia dei contratti ed eventuali proroghe;
c) per i lavoratori con contratto di somministrazione a tempo indeterminato: copia del contratto, lettere di assegnazione ed eventuali proroghe;
d) copia della più recente busta paga percepita;
e) fotocopia del codice fiscale e documento d’identità.
In caso di richiesta di rimborso per familiare fiscalmente a carico, occorre allegare in aggiunta:
– dichiarazione sostitutiva di certificazione/variazione dei familiari conviventi fiscalmente a carico;
– fotocopia del codice fiscale del paziente/familiare.


3. Modalità di attivazione dell’assistenza
Le richieste di rimborso potranno essere inoltrate effettuando l’accesso alla propria area riservata sulla piattaforma MyEbitemp, oppure inviando la documentazione con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno a Ebitemp c/o Cassa Mutualistica Interaziendale, Viale San Gimignano 30/32 – 20146 Milano.
Le liquidazioni avverranno con bonifico sul c/c bancario o postale dell’associato o, in mancanza, con bonifico domiciliato (può essere riscosso presso qualsiasi ufficio di Poste Italiane).
I rimborsi sono integrativi di eventuali rimborsi dovuti dalle ASL o da altri enti mutualistici o da compagnie di assicurazione per i quali gli interessati devono fare regolare richiesta.

Trattenuta quota contrattuale a maggio per il CCNL Tessile-Abbigliamento-Moda

Effettuata, con la busta paga del mese di maggio, la trattenuta per il versamento della quota di sottoscrizione contrattuale dalle Organizzazioni sindacali a carico dei lavoratori non iscritti al CCNL Tessile-Abbigliamento-Moda

I lavoratori che non hanno voluto effettuare la trattenuta per il versamento della quota di sottoscrizione contrattuale lo hanno comunicato per iscritto alla Direzione aziendale entro il mese di aprile
Diversamente, per gli altri lavoratori, l’Azienda provvederà ad effettuare la trattenuta di 40 Euro sul saldo della retribuzione del mese di maggio 2022.
Entro il 31/7/2022, l’Azienda dovrà versare le trattenute sul seguente c/c: n. IBAN IT13U0832703211000000004904 presso BANCA di Credito Cooperativo di Roma – ag. 7, intestato a Femca-Cisl, Filctem-Cgil, Uiltec-Uil, a mezzo di bonifico bancario ordinario, specificando la denominazione dell’azienda versante ed il luogo in cui essa svolge la sua attività.
Entro il 30/9/2022, le Direzioni aziendali comunicheranno alle R.S.U., o in mancanza alle Organizzazioni Sindacali territoriali di Femca-Cisl, Filctem-Cgil e Uiltec- Uil, esclusivamente l’ammontare complessivo trattenuto (allegando fotocopia della ricevuta del versamento delle quote di sottoscrizione effettuato tramite bonifico bancario) unitamente al numero complessivo degli aderenti alla sottoscrizione e al numero dei dipendenti in forza.
I dati e la documentazione relativa alla sottoscrizione saranno conservati dall’Azienda fino al giorno 31/12/2022 e successivamente potranno essere distrutti. Le Organizzazioni Sindacali provinciali FEMCA-CISL, FILCTEM-CGIL e UILTEC-UIL potranno richiedere, entro il 31/12/2022, alle Direzioni aziendali un atto notarile che, salvaguardando la segretezza dei nominativi dei lavoratori, attesti esclusivamente il numero complessivo dei non aderenti alla sottoscrizione.

Trasferimento ad altra sede: quando è legittimo il rifiuto del lavoratore


Il rifiuto del lavoratore di trasferimento ad altra unità produttiva è legittimo se opposto in reazione all’ illegittima condotta del datore, il quale abbia eluso il comando giudiziale di reintegra dello stesso lavoratore nel luogo e nelle mansioni originariamente svolte (Corte di Cassazione, Ordinanza 19 maggio 2022, n. 16206).


La vicenda


Confermando la sentenza di primo grado, la Corte di appello territoriale aveva annullato il licenziamento intimato per motivi disciplinari al dipendente, al quale la società datrice di lavoro aveva addebitato l’abbandono del posto di lavoro; l’assenza ingiustificata dal servizio nei giorni successivi a tale abbandono, nonchè la circostanza che ciò fosse avvenuto in assenza di motivazione da parte del lavoratore.
A fondamento della decisione il giudice d’appello rilevava che, mentre l’allontanamento e l’assenza nei giorni successivi potevano essere considerati pacifici, in quanto non negati dal lavoratore, non sussisteva, invece, l’ulteriore elemento integrante la condotta addebitata, ovvero la mancata motivazione della stessa; tramite lettera, infatti, il dipendente aveva spiegato le ragioni del suo comportamento, ponendole in relazione al provvedimento datoriale, adottato in esecuzione di precedenti sentenze di reintegra del lavoratore, divenute definitive, con cui era stato assegnato in via definitiva presso altra sede.
Secondo la Corte distrettuale la condotta del lavoratore non presentava profili di illiceità, dovendo essere posta in relazione all’ illegittima condotta datoriale, dal momento che la società datrice non solo aveva tardato, anche a fronte di ripetuti solleciti del lavoratore, ad eseguire ben due sentenze definitive di reintegra del lavoratore, ma ne aveva sostanzialmente eluso il comando passato in giudicato; la reintegra non era avvenuta, infatti, nel luogo e nelle mansioni originarie e l’assegnazione a sede diversa da quella precedente configurava di fatto un trasferimento ad altra unità produttiva che avrebbe dovuto essere giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive, la cui mancanza qualificava come illecita la condotta datoriale e giustificava il comportamento del lavoratore.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società datrice di lavoro.


La pronuncia della Cassazione


I giudici di legittimità hanno respinto il ricorso, rilevando, nel caso di specie, la conformità a buona fede dell’inadempimento del lavoratore, condividendo il risultato della verifica operata, in tal senso, dalla Corte di merito.
Gli stessi hanno evidenziato che la particolare gravità della condotta datoriale, consistente nel ritardo con cui la società aveva dato esecuzione all’ordine di reintegrazione e nella sostanziale elusione del giudicato, attraverso la ricollocazione del lavoratore in un luogo diverso da quello originario, mediante trasferimento non sorretto da ragioni giustificative dello stesso, imponeva di ritenere legittima e, dunque, giustificata la reazione del lavoratore, valutando questa conforme a buona fede.


Nel caso in argomento, in particolare, dal raffronto tra l’inadempimento datoriale e il rifiuto opposto dal lavoratore emergeva l’obiettiva, speciale, gravità della condotta datoriale, direttamente incidente su aspetti di pregnante rilievo esistenziale, attinenti al medesimo diritto al lavoro ed al luogo di svolgimento della prestazione lavorativa.
In conclusione, la Suprema Corte ha ribadito il principio, adeguatamente applicato in sede di merito nel caso in esame, secondo cui, la verifica della contrarietà o meno a buona fede del comportamento del lavoratore deve essere condotta sulla base delle concrete circostanze che connotano la specifica fattispecie, nell’ambito delle quali si può tenere conto dell’ entità dell’inadempimento del datore in relazione al complessivo assetto di interessi regolato dal contratto, della concreta incidenza di tale inadempimento su fondamentali esigenze di vita e familiari del lavoratore, della puntuale, formale indicazione delle ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del provvedimento di trasferimento, come pure dell’ incidenza del comportamento del lavoratore sull’organizzazione datoriale e più in generale sulla realizzazione degli interessi aziendali, nell’ottica del bilanciamento degli opposti interessi in gioco, costituzionalmente garantiti.

Fisco: istruzioni operative in materia di prezzi di trasferimento


Fornite istruzioni operative in merito alla corretta interpretazione della nozione di “intervallo di libera concorrenza” (Agenzia delle entrate – Circolare 24 maggio 2022, n. 16/E).

La corretta applicazione del metodo più appropriato per la determinazione dei prezzi di trasferimento può portare a ottenere anziché un unico valore, un intervallo di valori tutti conformi al principio di libera concorrenza.
In questi casi è possibile ricorrere all’intera gamma di valori all’interno dell’intervallo di libera concorrenza (cd. “full range”) se tutte le operazioni individuate nell’intervallo sono parimenti comparabili.
Se, invece, alcune delle transazioni comprese nell’intervallo dovessero presentare difetti di comparabilità che non possono essere identificati o quantificati in modo affidabile e, quindi, rettificati, è preferibile l’utilizzo di “metodi statistici” (al fine di rafforzarne l’affidabilità) e di un valore compreso nell’intervallo ristretto. Il ricorso, invece, ad un valore il più possibile centrale all’interno dell’intervallo (anche al fine di minimizzare il rischio di errore dovuto alla presenza di tali difetti) deve essere limitato ai casi in cui l’intervallo non comprende valori caratterizzati da sufficiente grado di comparabilità neppure per considerare affidabile qualsiasi punto compreso nell’intero intervallo ristretto tramite strumenti statistici e deve, in ogni caso, essere specificamente motivato.
Pertanto, sarà cura degli Uffici far ricorso al “full range” ai fini della individuazione dell’intervallo di libera concorrenza soltanto in quei casi in cui sia ravvisabile una perfetta comparabilità di tutti i soggetti del set con la “tested party”.
In conclusione, nel ricordare nuovamente che secondo le Linee Guida OCSE l’individuazione di un insieme di valori potrebbe essere sintomatico del fatto che l’applicazione del principio di libera concorrenza consente in determinate circostanze di pervenire unicamente a un’approssimazione delle condizioni che sarebbero state stabilite tra imprese indipendenti, l’Agenzia raccomanda di argomentare puntualmente le rettifiche che comportano l’individuazione del punto che soddisfa maggiormente il principio di libera concorrenza all’interno dell’intervallo.


 

Trattamento fiscale del reddito prodotto da un consulente per l’attività resa ad un Ministero italiano


L’Agenzia delle Entrate con la risposta 20 maggio 2022, n. 285 ha fornito chiarimenti sul trattamento fiscale applicabile, ai fini Irpef e IVA, al reddito di lavoro autonomo prodotto da un soggetto residente nei Paesi Bassi per un’attività di consulenza resa ad un Ministero Italiano.

Nel caso di specie, all’Agenzia delle Entrate è stato chiesto se, sul compenso spettante al consulente non residente per il contratto individuale di collaborazione, si debba applicare la ritenuta alla fonte di cui all’art. 25, co. 2, D.P.R. n. 600/1973, e se, quindi, il medesimo compenso rientri tra quelli di lavoro autonomo in ragione del collegamento tra l’attività di consulenza prestata dal professionista e l’oggetto della professione svolta dallo stesso.
Va premesso che in base all’ordinamento tributario domestico, il criterio di collegamento ai fini dell’attrazione dei compensi nella potestà impositiva dello Stato è costituito dal luogo ove è svolta la prestazione lavorativa; di fatto, sono imponibili in Italia i soli compensi corrisposti ai lavoratori autonomi non residenti, per l’attività lavorativa svolta in Italia.
La normativa domestica deve, tuttavia, essere coordinata con le disposizioni internazionali contenute nella Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Paesi Bassi.
In particolare, nel caso in esame, occorre fare riferimento all’art. 14, co. 1, della Convenzione in base al quale “I redditi che un residente di uno degli Stati ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in questo Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell’altro Stato di una base fissa per l’esercizio delle sue attività. Se egli dispone di tale base, i redditi sono imponibili nell’altro Stato ma solamente nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa”.
La norma convenzionale stabilisce, in sostanza, che i compensi derivanti dall’attività professionale sono imponibili solo nello Stato di residenza del professionista, a meno che detto professionista non disponga abitualmente di una base fissa per l’esercizio della sua attività nello Stato contraente da cui provengono i compensi. In tal caso, i redditi sono imponibili anche nello Stato contraente, ma solamente nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa.
Il dubbio interpretativo dell’ Istante riguarda proprio la verifica della disponibilità, da parte del professionista, di una base fissa in Italia per l’esercizio dell’attività professionale.
Al riguardo, si ricorda che, sebbene le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni stipulate dal nostro Paese facciano riferimento, per le professioni indipendenti, all’espressione “base fissa”, non ne delimitano precisamente i contorni.
Secondo la dottrina e la giurisprudenza, la nozione in parola è da ricavare facendo ricorso ai criteri ermeneutici propri dell’interpretazione dei trattati.
Sulla base di quanto emerge nel Commentario del Modello OCSE all’articolo 5, paragrafo 2, il concetto di “base fissa” deve essere assimilato al concetto di “stabile organizzazione”, ossia una sede fissa di affari in cui il professionista esercita in tutto o in parte la sua attività indipendente.
Secondo la giurisprudenza, la base fissa può essere equiparata alla nozione di stabile organizzazione i cui elementi costitutivi sono quello materiale ed oggettivo della “sede fissa di affari” e quello dinamico dell’esercizio in tutto o in parte della sua attività. Può essere costituita anche da un locale o da una stanza di proprietà di altri soggetti che, tuttavia, deve essere a disposizione del lavoratore autonomo e nel quale questo esercita la sua attività o parte della stessa.
Un tipico esempio è quello di un pittore che, per due anni, trascorre tre giorni a settimana nel grande edificio del suo principale cliente. In tal caso, la presenza del pittore in quell’edificio dove svolge le funzioni più importanti della sua attività (cioè la pittura) costituisce una stabile organizzazione del pittore.
Ciò posto, stabilire se il professionista in esame abbia a disposizione un luogo che possa considerarsi una “base fissa” in Italia, quale ad esempio, la struttura logistica messa a disposizione dal Ministero, dipenderà dal potere effettivo del Consulente non residente di utilizzare tale ubicazione per svolgere la sua attività professionale, nonché dalla portata della presenza del professionista in quel luogo e delle concrete attività che vi svolgerà.
Pertanto, nella ipotesi in cui il Consulente utilizzi le strutture logistiche presenti presso gli Uffici di diretta collaborazione del Ministro integrando nei termini sopra descritti i requisiti della sussistenza di una “sede fissa” di affari in Italia, è possibile applicare sui compensi erogati la ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30%.


Ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, occorre valutare la sussistenza dei presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale recati dall’art. 1 del decreto Iva, ai sensi del quale “L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni”.
Nel caso di specie, in cui il Ministero non risulta titolare di partita Iva, non risultano integrate le condizioni per considerare la prestazione di servizi territorialmente rilevante in Italia.


Il prestatore di servizi estero dovrà quindi emettere fattura con l’addebito dell’Iva secondo le regole vigenti nello Stato estero.


Straniero con permesso di soggiorno studio: lavoro part-time con limiti inderogabili


Qualora il cittadino straniero con permesso di soggiorno in Italia per motivi di studio intenda lavorare, può farlo soltanto con attività part-time che non superi le 20 ore settimanali. Tale limite orario settimanale è inderogabile, anche se non viene superato il limite annuale delle 1.040 ore. (Ispettorato Nazionale del Lavoro – Nota 24 maggio 2022, n. 1074).

In base alla disciplina in materia (art. 14, co. 4, DPR n. 394 del 1999), il permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione consente, per il periodo di validità dello stesso, l’esercizio di attività lavorative subordinate per un tempo non superiore a 20 ore settimanali, anche cumulabili per 52 settimane, fermo restando il limite annuale di 1.040 ore.
Si è posto il problema se allo studente straniero sia consentito di modulare lo svolgimento dell’attività lavorativa in modo tale da superare il limite delle 20 ore settimanali per un limitato periodo di tempo (ad es. in estate, periodo durante il quale i corsi universitari e/o didattici sono in genere sospesi), pur nel rispetto del limite annuale delle 1.040 ore.

La disciplina di riferimento, nello stabilire la facoltà di svolgimento di una attività lavorativa da parte del titolare di un permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione entro il limite di 20 ore settimanali e di complessive 1.040 ore annuali, rinviene la sua ratio nella facoltà di consentire allo studente straniero di potersi mantenere agli studi, fermo restando che l’attività didattica/formativa (ragione dell’ingresso e permanenza nel territorio italiano) si pone in termini di assoluta prevalenza rispetto a quella lavorativa.
Inoltre, occorre considerare che l’ingresso per motivi di studio non è subordinato alla disponibilità delle quote stabilite con i flussi, pertanto costituisce una procedura di maggior favore rispetto a quella prevista ordinariamente per coloro che intendano fare ingresso nel territorio nazionale per finalità lavorative. La facoltà riconosciuta allo studente straniero, quindi, si pone in termini di eccezionalità rispetto agli stranieri che richiedono il permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Il carattere eccezionale della disposizione impedisce una interpretazione estensiva dei limiti orari in esame.


Ne consegue che, con il permesso di soggiorno per motivi di studio, non è consentito lo svolgimento di un’attività lavorativa con un’articolazione oraria settimanale superiore alle 20 ore, pur restando al di sotto del limite annuale delle 1.040 ore.


Pertanto, qualora il titolare del permesso per motivi di studio intenda lavorare per un numero di ore superiore al limite settimanale o quello annuale, è tenuto a richiedere, prima della sua scadenza, la conversione dello stesso in permesso per motivi di lavoro.

Trasporto aereo: nuovo processo di gestione dei pagamenti della Cigs


L’Inps rende note le novità introdotte nell’ambito del nuovo processo di gestione dei pagamenti delle prestazioni integrative della cassa integrazione guadagni straordinaria, erogate dal Fondo di solidarietà del trasporto aereo.


In particolare, il nuovo processo è finalizzato al superamento delle criticità evidenziate dall’attuale sistema di gestione dei pagamenti. La trasmissione dei dati utili al calcolo della prestazione integrativa della CIGS avviene esclusivamente tramite Uniemens. Ciò consente di standardizzare in un unico processo la gestione del pagamento, evitando una duplicazione dei flussi.
Dal mese di competenza giugno 2022 le aziende interessate, contraddistinte dal codice di autorizzazione “4P”, avente il significato di “Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale”, dovranno valorizzare all’interno di <DenunciaIndividuale>, <DatiRetributivi>, <InfoAggcausaliContrib>, i seguenti elementi (senza valenza contributiva):
– nell’elemento <CodiceCausale> dovrà essere indicato il codice “FSTA”;
– nell’elemento<IdentMotivoUtilizzoCausale> dovrà essere indicato il valore “N”;
– nell’elemento<AnnoMeseRif> dovrà essere indicato l’anno/mese di riferimento;
– nell’elemento <ImportoAnnoMeseRif> la retribuzione così come individuata in precedenza.
Nella prima competenza utile, giugno 2022, vanno riportati anche i dati relativi agli elementi, così come individuati, riferiti alle mensilità di aprile e maggio 2022.
Alla luce dell’attuale quadro normativo, l’integrazione al trattamento di cassa integrazione in deroga, per i periodi decorrenti dal 1° gennaio 2022, non può essere più erogata dal Fondo.
Per tutte le domande di accesso alle prestazioni integrative del Fondo, rispetto alle quali il periodo dei dodici mesi antecedenti l’istanza ricada anche solo parzialmente nell’arco temporale ricompreso tra gennaio 2020 e la fine dello stato di emergenza (31 marzo 2022), il periodo da considerare per il calcolo della retribuzione lorda di riferimento sarà dato dai dodici mesi precedenti il mese di gennaio 2020.
Dal 24 maggio 2022, le domande di accesso alle prestazioni integrative dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria devono essere presentate con le consuete modalità
Per le istanze di accesso alle prestazioni integrative dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria che sono, invece, presentate a decorrere dal 1° aprile 2023, corrispondente al tredicesimo mese successivo alla data del 31 marzo 2022, di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, non rientranti nell’ambito di applicazione del messaggio n. 1336/2021, le aziende devono attenersi alle indicazioni che verranno fornite successivamente con apposito messaggio.
Dopo l’approvazione della delibera da parte del Comitato amministratore del Fondo, la Struttura territoriale INPS provvede, tramite PEC, alla notifica del provvedimento di autorizzazione.
Il pagamento della prestazione è preceduto da una serie di controlli atti a verificare che per lo stesso lavoratore si sia provveduto alla liquidazione del trattamento di cassa integrazione straordinaria e che sussistano tutti i requisiti di congruità e compatibilità previsti per la prestazione.
Le suddette verifiche si concludono, in caso di esito positivo, con la validazione e il conseguente mandato di pagamento alla Struttura INPS competente, che provvederà alla liquidazione del beneficio spettante, con cadenza mensile.
L’azienda non è più obbligata all’invio dei file mensili contenenti le informazioni necessarie al pagamento, in quanto l’ammontare del trattamento integrativo erogabile al singolo beneficiario sarà determinato dall’Istituto mediante l’incrocio dei dati disponibili negli archivi Uniemens.
Il nuovo processo di pagamento è operativo per tutte le domande presentate dal 1° giugno 2022, per eventi decorrenti dalla medesima data. Quanto alle domande afferenti a periodi che si collocano a cavallo del 1° giugno 2022, restano confermate le attuali modalità di trasmissione dei dati di pagamento, che prevedono l’obbligo aziendale di invio dei file mensili (Circolare Inps 24 maggio 2022, n. 61).