Qualificazione del periodo di guardia: la pronuncia della Cassazione


Il periodo di guardia è qualificato come come “orario di lavoro” laddove il lavoratore sia soggetto, durante i suoi servizi in regime di reperibilità, a vincoli di un’intensità tale da incidere, in modo oggettivo e molto significativo, sulla sua facoltà di gestire liberamente il tempo durante il quale i suoi servizi professionali non sono richiesti e di dedicare detto tempo ai propri interessi.


Secondo l’orientamento giurisprudenziale, nelle ipotesi di servizio di reperibilità effettuato nel giorno di riposo settimanale e di mancata fruizione del riposo compensativo spetta al lavoratore un adeguato risarcimento per il danno da usura.
Spetta al datore di lavoro, al fine di adempiere ai propri obblighi, garantire il riposo compensativo della reperibilità, predisponendo i relativi turni, indipendentemente dal previsto raggiungimento di un accordo circa le modalità di godimento del riposo.
In materia, la Corte di Giustizia ha precisato che, un periodo di guardia può essere qualificato come «orario di lavoro» ai sensi della direttiva 2003/88 anche nel caso in cui manchi un obbligo del dipendente di permanere sul luogo di lavoro, in ragione delle conseguenze che il complesso dei vincoli imposti al lavoratore comporta per la sua facoltà di gestire liberamente il tempo «di attesa» e di dedicarsi ai propri interessi.
Qualora il dipendente sia soggetto, durante i suoi servizi in regime di reperibilità, a vincoli di un’intensità tale da incidere, in modo oggettivo e molto significativo, sulla sua facoltà di gestire liberamente il tempo durante il quale i suoi servizi professionali non sono richiesti e di dedicare detto tempo ai propri interessi si impone la qualificazione del periodo di guardia come «orario di lavoro».
A tal fine, è necessario prendere in considerazione il termine di cui dispone il lavoratore, nel corso del periodo di guardia, per riprendere le proprie attività professionali a partire dal momento in cui il datore di lavoro lo richieda, unitamente alla frequenza media degli interventi che detto lavoratore sarà effettivamente chiamato a garantire durante detto periodo.
Quanto al termine concesso per la ripresa del servizio, la Corte di Giustizia ha precisato che, quando tale termine, durante un periodo di guardia, è limitato a qualche minuto, tale periodo deve, in linea di principio, essere considerato, nella sua integralità, come «orario di lavoro». È tuttavia necessario, come parimenti precisato dalla Corte, stimare l’impatto di tale termine di reazione in esito a una valutazione concreta che tenga conto, eventualmente, da un canto, degli altri vincoli imposti al lavoratore, dall’altro, delle agevolazioni che gli sono accordate durante tale medesimo periodo. Secondo la disciplina collettiva, l’interessato deve raggiungere il posto di lavoro assegnato nell’arco di trenta minuti, senza che sia previsto l’utilizzo di un veicolo di servizio che gli consenta di fare uso di diritti in deroga al codice della strada e di diritti di precedenza; trattasi di disciplina riferibile a tutte le aree di pronto intervento e, dunque, anche a quelle soggette a frequenti richiami in servizio ed ad interventi di durata media significativa.
La concessione del riposo compensativo quando il servizio di reperibilità cade nel giorno di riposo settimanale deve essere allora interpretata nel senso dell’obbligo del datore di lavoro di concedere il riposo compensativo, per iniziativa propria (Ordinanza Corte di Cassazione 23 maggio 2022, n. 16582).

Edilizia Ance Palermo: determinati gli importi dell’EVR



A seguito del CIPL 17/12/2021 per il settore dell’Edilizia Industria Palermo, le Parti sociali provinciali si sono incontrate per la verifica annuale dei parametri dell’EVR e per la determinazione dei relativi importi.


Il 17 febbraio 2022, l’ANCE Palermo e la FENEAL-UIL, la FILCA-CISL, la FILLEA-CGIL, territoriali, in attuazione di quanto previsto dagli artt. 12, 38 e 46 del CCNL del 19 aprile 2010, come modificati dall’accordo nazionale del 1° luglio 2014 e di quanto previsto nel Contratto Integrativo Provinciale del 17 dicembre 2021, si sono incontrate per valutare gli indicatori territoriali per la verifica dell’andamento congiunturale del settore e dei risultati conseguiti in termini di produttività, qualità e competitività nel territorio, con la finalità di quantificare l’Elemento Variabile della Retribuzione.
A seguito di ciò, le Parti hanno convenuto che a decorrere dal 1° marzo 2022, l’incidenza dell’EVR viene determinata nel 4% dei minimi in vigore.
Come indicato nelle Circolari dell’Ance di Palermo, si riportano di seguito le tabelle con gli importi dell’Elemento Variabile della Retribuzione – E.V.R. in vigore dal 1° marzo 2022 per operai e impiegati.


Tabella E.V.R. Operai





















Livelli

E.V.R.

Operaio di 4° livello 0,29
Operaio specializzato – 3° livello 0,27
Operaio qualificato – 2° livello 0,24
Operaio comune -1° livello 0,21
Guardiani 0,19
Guardiani con alloggio 0,17


 


– Note Ance Palermo –
– L’ammontare dell’E.V.R., come sopra determinato, presenta i requisiti previsti dalle vigenti norme di legge in materia di decontribuzione e tassazione agevolata delle erogazioni correlate ai risultati conseguiti in termini di produttività, qualità e competitività.
– Le aziende sono tenute alla verifica annuale dei parametri aziendali, come previsto dal CCPL del 18 giugno 2012 art. 3.
– Dalla procedura annuale di verifica dei parametri dell’EVR per l’anno 2022, condivisa dalle Parti Sociali in data 17 febbraio 2022, risulta che sussistono le condizioni per l’applicazione dell’EVR. Pertanto a decorrere dal 1° marzo 2022, l’EVR resta determinato nel 4% dei minimi in vigore.


Tabella E.V.R. Impiegati
























Livelli

E.V.R.

7° livello – quadri e 1.a categoria super 68,83
6° livello -1 .a categoria 61,95
5° livello – 2.a categoria 51,62
4° livello – Impiegati di 4° livello 48,18
3° livello – 3.a categoria 44,74
2° livello – 4.a categoria 40,26
1° livello – 4.a categoria primo impiego 34,41


 


– Note Ance Palermo –
– L’ammontare dell’E.V.R., come sopra determinato, presenta i requisiti previsti dalle vigenti norme di legge in materia di decontribuzione e tassazione agevolata delle erogazioni correlate ai risultati conseguiti in termini di produttività, qualità e competitività.
– Le aziende sono tenute alla verifica annuale dei parametri aziendali, come previsto dal CCPL del 18 giugno 2012 art. 3.
– Dalla procedura annuale di verifica dei parametri dell’EVR per l’anno 2022, condivisa dalle Parti Sociali in data 17 febbraio 2022, risulta che sussistono le condizioni per l’applicazione dell’EVR. Pertanto a decorrere dal 1° marzo 2022, l’EVR resta determinato nel 4% dei minimi in vigore.

CCNL Impianti sportivi: firmato il rinnovo



Sottoscritto l’accordo per i dipendenti degli impianti e delle attività sportive profit e no profit


L’ipotesi prevede il mantenimento della struttura contrattuale esistente fino al 31 dicembre 2023, con l’erogazione di 100,00€ riparametrati al 4° livello contrattuale e suddivisi in due tranches: una tranche di 50,00 € sarà erogata con la busta paga del mese di luglio 2022 e una seconda tranche di ulteriori 50,00 € sarà erogata con la retribuzione di ottobre 2022, per un complessivo ammontare di 1.850,00 € di massa salariale erogata.











































































LIVELLI

PARAMETRI

Oggi

Minimo


dall’1/7/2022

Minimo


dall’1/10/2022

Aumento dall’1/7/2022

Aumento dall’1/10/2022

Totale

Quadri 139,5627002 1.716,37 1.786,15 1.855,93 69,78 69,78 139,56
I 132,9560423 1.635,12 1.701,60 1.768,08 66,48 66,48 132,96
II 120,9965686 1.488,04 1.548,54 1.609,04 60,50 60,50 121,00
III 109,0647412 1.341,30 1.395,83 1.450,36 54,53 54,53 109,06
IV 100 1.229,82 1.279,82 1.329,82 50,00 50,00 100,00
V 94,23655494 1.158,94 1.206,06 1.253,18 47,12 47,12 94,24
VI 88,87967345 1.093,06 1.137,50 1.181,94 44,44 44,44 88,88
VII 81,9233709 1.007,51 1.048,47 1.089,43 40,96 40,96 81,92


Vengono sperimentalmente e transitoriamente sostituiti gli articoli 16 e 18 del CCNL con due previsioni leggermente diverse e più ampie, rispetto alla possibilità di assunzione, da parte delle Società e Associazioni sportive, di lavoratori con contratto a tempo determinato, quando queste hanno picchi di attività importanti o di stagionalità.
Tali articolati e pertanto i contratti a tempo determinato che saranno assunti attraverso quello strumento, avranno validità sino al 31 dicembre 2023, data di scadenza del verbale di accordo.
Fino al 31 dicembre 2023, le parti hanno concordato di proseguire le trattative per un nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, che recepisca i numerosi mutamenti che ci sono stati in questi anni nel settore, che superi il doppio regime contrattuale, oltre ad altre questioni riguardanti il welfare, la salute e sicurezza, la bilateralità e le eventuali flessibilità comprese quelle adottate con questo verbale in via temporanea, ma soprattutto che recepisca e implementi contrattualmente le norme di legge che sono in via di cambiamento, attraverso la riforma della legislazione sul lavoro sportivo, in queste settimane all’attenzione della politica.

Siglato il rinnovo del CCNL Operai Agricoli

Firmato, negli scorsi giorni, l’accordo di rinnovo del CCNL Operai agricoli e florovivaisti

Il contratto nazionale degli operai agricoli e florovivaisti, scaduto a dicembre 2021, non è stato ancora pubblicato dalle parti sociali ed è in vigore dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2025.
Nel rinnovo è previsto un aumento salariale del 4.7% nel biennio che sarà erogato in tre tranche: il 3% a partire da giugno 2022, l’1,2% da gennaio 2023 e lo 0,5 a giugno 2023. Elemento innovativo è l’impegno ad incontrarsi a settembre 2023 per verificare l’inflazione reale del biennio e rivalutare l’adeguamento economico. Tra i punti qualificanti del rinnovo si conferma il modello contrattuale che si articola a livello nazionale e provinciale. Per evitare ulteriori futuri ritardi nei rinnovi dei CPL, è stato definito che gli effetti economici abbiano decorrenza nell’ambito del biennio di riferimento.
Grande rilievo viene dato alla bilateralità e al ruolo degli Ebat, con una serie di misure che prevedono il rafforzamento dell’integrazione fra scuola e lavoro e l’accesso prioritario alla formazione e all’informazione sui temi della salute e della sicurezza. É stata inoltre inserita l’opportunità di effettuare un monitoraggio, anche attraverso l’Eban, per verificare le trasformazioni delle casse extra-legem in Ebat e viene rafforzato lo strumento delle convenzioni, utile alla salvaguardia e alla stabilizzazione occupazionale.
Tra le novità in tema di welfare, un’integrazione del 20%, che si aggiunge all’80% attualmente riconosciuto dall’INPS, per i cinque mesi di maternità obbligatoria; per gli operai a tempo indeterminato, il riconoscimento di un assegno di solidarietà non solo per gravi patologie ma anche per interventi chirurgici e l’istituzione della Cassa Rischio Vita; l’aumento da due a tre mesi dell’indennità per lavoratrici vittime di violenza di genere.Un altro elemento fortemente richiesto dalle parti sociali, e inserito nel contratto, è l’aggiornamento di alcuni profili all’interno della classificazione, in particolar modo per gli operai florovivaisti.


Acquisto veicolo disabile: cosa serve per l’Iva al 4%


Per fruire dell’Iva al 4%, il disabile acquirente di un’auto, deve presentare un atto notorio o una dichiarazione attestante che nel quadriennio anteriore non abbia fruito della stessa agevolazione e copia semplice della patente posseduta, ove essa contenga l’indicazione di adattamenti al veicolo, anche di serie, prescritti dalle Commissioni mediche locali (Agenzia Entrate – risposta 30 maggio 2022 n. 313).

Il numero 31) della Tabella A, parte II, allegata al Decreto Iva, prevede l’aliquota IVA agevolata del 4% per:
– poltrone e veicoli simili per invalidi anche con motore o altro meccanismo di propulsione, intendendosi compresi i servoscala e altri mezzi simili atti al superamento di barriere architettoniche per soggetti con ridotte o impedite capacità motorie;
– motoveicoli di cui all’art. 53, co. 1, lett. b), c) ed f), D.Lgs. n. 285/1992, nonché autoveicoli di cui all’art. 54, co. 1, lett. a), c) ed f), dello stesso decreto, di cilindrata fino a 2.000 centimetri cubici se con motore a benzina o ibrido, a 2.800 centimetri cubici se con motore diesel o ibrido, e di potenza non superiore a 150 kW se con motore elettrico, anche prodotti in serie, adattati per la locomozione dei soggetti disabili, con ridotte o impedite capacità motorie permanenti, ceduti ai detti soggetti o ai familiari di cui essi sono fiscalmente a carico, nonché le prestazioni rese dalle officine per adattare i veicoli, anche non nuovi di fabbrica, compresi i relativi accessori e strumenti necessari per l’adattamento, effettuate nei confronti dei soggetti medesimi;
– autoveicoli di cui all’art. 54, co. 1, lett. a), c) ed f), D.Lgs. n. 285/1992, di cilindrata fino a 2.000 centimetri cubici se con motore a benzina o ibrido, a 2.800 centimetri cubici se con motore diesel o ibrido, e di potenza non superiore a 150 kW se con motore elettrico, ceduti a soggetti non vedenti e a soggetti sordomuti, ovvero ai familiari di cui essi sono fiscalmente a carico.


Detto questo, per quanto concerne i soggetti titolari di patente speciale per ridotte o impedite capacità motorie, le procedure per l’applicazione dell’aliquota ridotta sono disciplinate dal decreto del Ministero delle Finanze 16 maggio 1986, modificato dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 13 gennaio 2022.
La nuova disposizione, in vigore dal 29 gennaio 2022, semplifica il procedimento per accedere all’Iva agevolata, prevedendo che, ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA al 4% alla cessione del veicolo per i disabili è sufficiente la presentazione della patente di guida recante l’indicazione degli adattamenti al veicolo e l’atto notorio o la dichiarazione di responsabilità attestante che nel quadriennio anteriore non si è fruito della stessa agevolazione.


Superbonus: determinazione superficie residenziale di edificio condominiale


In materia di Superbonus, forniti chiarimenti sui criteri di determinazione della superficie residenziale di edificio condominiale (Agenzia delle entrate – Risposta 30 maggio 2022, n. 314).

Nello specifico, il Fisco ha ribadito che nel caso di:
– edificio ” residenziale nel suo complesso” – in quanto più del 50 per cento della superficie complessiva delle unità immobiliari sono destinate a residenza – il Superbonus per interventi realizzati sulle parti comuni spetta anche ai possessori di unità immobiliari non residenziali (ad esempio, al professionista che nel condominio ha lo studio oppure all’imprenditore che nel condominio ha l’ufficio o il negozio). Tali soggetti, tuttavia, non potranno fruire del Superbonus per interventi ” trainati” realizzati sui propri immobili;
– edificio ” non residenziale nel suo complesso” – in quanto la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza è minore del 50 per cento, il Superbonus per interventi realizzati sulle parti comuni spetta solo ai possessori di unità immobiliari residenziali che potranno, peraltro, fruire del Superbonus anche per interventi ” trainati” realizzati sui propri immobili, sempreché questi ultimi non rientrino tra le categorie catastali degli immobili “di lusso” escluse (A/1, A/8 e A/9). Al riguardo, per la verifica che l’edificio oggetto degli interventi sia residenziale nella sua interezza, occorre fare riferimento alla superficie catastale delle unità immobiliari determinata secondo quanto previsto nell’allegato C del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, denominato ” Norme tecniche per la determinazione della superficie catastale delle unità immobiliari a destinazione ordinaria”. Ai fini della verifica della natura “residenziale” dell’edificio non va conteggiata la superficie catastale delle pertinenze delle unità immobiliari di cui lo stesso si compone. Pertanto, ad esempio, nel caso di un box o di una cantina pertinenziale di una abitazione ovvero nel caso di un magazzino pertinenziale di una unità immobiliare a destinazione commerciale, la superficie catastale di tali pertinenze non va considerata.
Inoltre, nel caso di interventi realizzati su parti comuni di edifici in condominio per i quali il limite di spesa è calcolato in funzione del numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio oggetto di interventi, il calcolo va effettuato tenendo conto anche delle pertinenze, indipendentemente dalla circostanza che le stesse siano o meno servite dall’impianto termico; inoltre, nel caso di interventi realizzati sulle parti comuni di edifici in condominio nei quali la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio è superiore al 50 per cento, ai fini del calcolo dell’ammontare massimo delle spese ammesse al Superbonus vanno conteggiate anche le unità immobiliari non residenziali (ad esempio strumentale o merce). L’ammontare di spesa così determinato costituisce il limite massimo di spesa agevolabile riferito all’intero edificio e non quello riferito alle singole unità che lo compongono. Ciascun condomino potrà calcolare la detrazione in funzione della spesa a lui imputata in base ai millesimi di proprietà o ai diversi criteri applicabili ed effettivamente rimborsata al condominio.
Pertanto, qualora l’edificio sia residenziale nel suo complesso, il limite di spesa per gli interventi sulle parti comuni è calcolato in funzione del numero delle unità immobiliari di cui si compone l’edificio comprese le unità D/2 e C/6.


 

Permessi per allattamento e diritto ai buoni pasto: la pronuncia della Cassazione


In tema di pubblico impiego privatizzato l’attribuzione del buono pasto è subordinata all’effettuazione della pausa pranzo, presupponente l’osservanza del lavoratore di un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore; pertanto i buoni pasto non spettano ai lavoratori che, beneficiando delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, osservano, in concreto, un orario giornaliero effettivo inferiore a quello stabilito (Corte di Cassazione, Ordinanza 25 maggio 2022, n. 16929).


La vicenda


La Corte d’Appello territoriale ha respinto il gravame proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che aveva riconosciuto ad alcune lavoratrici il diritto al pagamento dei buoni pasto, dell’indennità di agenzia e di quella di produttività, con riferimento ai periodi in cui le stesse erano state assenti per allattamento, congedo di maternità, interdizione anticipata dal lavoro o congedo parentale.
La Corte, invero, riteneva che il riconoscimento, sulla base del CCNL applicabile, del diritto agli emolumenti rivendicati nel periodo di astensione obbligatoria per maternità/paternità consentisse di escludere che gli incentivi in questione fossero da rapportare alle ore ordinarie di servizio effettivamente prestate;
con riferimento ai buoni pasto, poi, il riconoscimento discendeva, secondo i giudici, dal disposto dell’art. 39 d. Igs. 151/2001, secondo cui i permessi in questione erano da considerare ore lavorative ai fini della retribuzione del lavoro, non rilevando l’assenza di una pausa destinata alla consumazione del pasto, trattandosi di presupposto espressamente ritenuto non necessario dal DPCM 18.11.2005, art. 5 lett. e) ed anche sul presupposto che, prevedendo il permesso per allattamento il diritto di uscire dall’azienda, l’esercizio di tale diritto non poteva comportare la perdita del beneficio dei buoni pasto, pur se ne fosse derivata l’assenza di pausa.


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.


La pronuncia della Cassazione


La Corte di Cassazione, condividendo in parte la decisione dei giudici di merito limitatamente alle varie indennità rivendicate e riconosciute, ha riaffermato il principio secondo cui, in tema di pubblico impiego privatizzato, le misure di tutela e sostegno della maternità e della paternità devono essere riconosciute anche ai genitori adottanti, adottivi e agli affidatari, con modalità adeguate alla peculiarità della loro rispettiva situazione, e, in linea generale, non possono avere incidenza negativa sul trattamento retributivo complessivo degli interessati.
Con riguardo ai buoni pasto, viceversa, la Corte di legittimità, accogliendo il ricorso proposto dall’Agenzia delle Dogane, ha richiamato il principio secondo cui l’attribuzione del buono pasto è condizionata all’effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone che il lavoratore osservi un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore; di conseguenza i buoni pasto non possono essere attribuiti ai lavoratori che, beneficiando delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, osservano, in concreto, un orario giornaliero effettivo inferiore alle suddette sei ore.
La Corte ha, altresì, precisato che nessuna valenza può essere attribuita all’equiparazione dei periodi di riposo alle ore lavorative, in quanto essa vale solo agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro, mentre l’attribuzione dei buoni pasto non riguarda né la durata né la retribuzione del lavoro ma ha natura assistenziale, essendo finalizzata a compensare l’estensione dell’orario lavorativo disposta dalla P.A., con un’agevolazione volta a consentire il recupero delle energie psico-fisiche degli interessati.


I Giudici di legittimità hanno, poi, evidenziato che, ai fini del diritto ai buoni pasto, avente natura assistenziale, non assume alcun rilievo l’assimilazione delle ore di permesso a quelle di lavoro ai fini della retribuzione. Queste ultime, in particolare, non sono utili all’integrazione del requisito del superamento delle sei ore.


Esaminando l’ulteriore profilo della vicenda in questione, la Corte ha, infine, sottolineato la necessaria coincidenza tra buono pasto ed esistenza nell’orario di lavoro di una pausa pranzo, atteso che il CCNL di riferimento subordina il diritto proprio all’effettuazione di un orario di lavoro ordinario superiore alle sei ore, con la relativa pausa, al cui interno va consumato il pasto, escludendo, dunque, altri e diversi presupposti rispetto alla pausa.
Né alcun rilievo assume, ad avviso della Corte, la circostanza che, nel caso sottoposto ad esame, i permessi consentissero l’uscita dal luogo di lavoro, non potendosi desumere automaticamente che gli stessi avessero la natura di pausa pranzo.

Dichiarazione dei redditi 730/2022: criteri per l’individuazione degli elementi di incoerenza


Approvati i criteri per individuare gli elementi di incoerenza da utilizzare per effettuare i controlli delle dichiarazioni dei redditi modello 730/2022 con esito a rimborso (AGENZIA DELLE ENTRATE – Provvedimento 30 maggio 2022, n. 184653)


 


Nel caso di presentazione della dichiarazione direttamente ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale, con modifiche rispetto alla dichiarazione pre-compilata che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta e che presentano elementi di incoerenza rispetto ai criteri pubblicati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate ovvero determinano un rimborso di importo superiore a 4.000 euro, l’Agenzia delle entrate può effettuare controlli preventivi, in via automatizzata o mediante verifica della documentazione giustificativa, entro quattro mesi dal termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine. Il rimborso che risulta spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo è erogato dall’Agenzia delle entrate non oltre il sesto mese successivo al termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine. Restano fermi i controlli previsti in materia di imposte sui redditi. (art. 5, co. 3-bis, d.lgs. n. 175/2014, introdotto dalla legge di stabilità per il 2016)
I controlli preventivi possono trovare applicazione anche con riferimento alle dichiarazioni presentate ai CAF o ai professionisti abilitati.
Con il provvedimento in oggetto sono approvati i criteri per individuare gli elementi di incoerenza da utilizzare per effettuare i controlli delle dichiarazioni dei redditi modello 730/2022 con esito a rimborso.
Gli elementi di incoerenza delle dichiarazioni dei redditi modello 730/2022 con esito a rimborso, presentate dai contribuenti con modifiche rispetto alla dichiarazione pre-compilata che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta, sono individuati nello scostamento per importi significativi dei dati risultanti nei modelli di versamento, nelle certificazioni uniche e nelle dichiarazioni dell’anno precedente, o nella presenza di altri elementi di significativa incoerenza rispetto ai dati inviati da enti esterni o a quelli esposti nelle certificazioni uniche.
È altresì considerato elemento di incoerenza delle dichiarazioni dei redditi modello 730/2022 con esito a rimborso la presenza di situazioni di rischio individuate in base alle irregolarità verificatesi negli anni precedenti.


 


INPS: indicazioni sul nuovo modello “Rdc – Com AU”


L’Inps rende noto il rilascio del modello Rdc – Com AU e fornisce indicazioni per la compilazione del medesimo.


Il modello Rdc – Com AU può essere presentato esclusivamente in modalità telematica attraverso:
– il sito internet dell’Istituto (www.inps.it), accedendo al servizio “reddito di cittadinanza” all’indirizzo “https://serviziweb2.inps.it/AS0207/RedditoCittadinanza/”, ed autenticandosi con SPID, Carta Nazionale dei Servizi (CNS) e Carta di Identità Elettronica (CIE);
– gli Istituti di patronato di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152.
Possono procedere alla compilazione del modello Rdc – Com AU in qualità di dichiaranti:
– i genitori facenti parte del nucleo Rdc nel quale siano presenti i figli a carico aventi diritto all’integrazione Rdc/AU;
– i genitori affidatari (preadottivi o temporanei) facenti parte del nucleo Rdc nel quale siano presenti i figli a carico aventi diritto all’integrazione Rdc/AU;
– il tutore dei figli aventi diritto all’integrazione Rdc/AU, purché la domanda di Rdc oggetto di integrazione con AUU sia stata presentata dallo stesso tutore;
– il tutore del genitore avente diritto all’integrazione Rdc/AU, purché la domanda di Rdc oggetto di integrazione con AUU sia stata presentata dallo stesso tutore (procedendo esclusivamente alla compilazione del quadro 2 del modello);
– i figli maggiorenni aventi diritto all’integrazione Rdc/AU, qualora soddisfino una delle condizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lett. b), del D.lgs n. 230/2021, per l’accesso all’AUU (procedendo esclusivamente alla compilazione del quadro 3 del modello).
Non è possibile presentare il modello Rdc – Com AU per tutte le domande di Rdc che siano state oggetto di revoca o decadenza, con carattere sanzionatorio per le quali, come chiarito con la circolare n. 53/2022, è possibile presentare la domanda di AUU.


Il modello Rdc – Com AU può essere presentato a partire dal mese di marzo di ogni anno, per il riconoscimento dell’integrazione eventualmente spettante nell’anno di competenza dell’AUU (dal 1° marzo al 28 febbraio dell’anno successivo). Conseguentemente, non sarà possibile presentare il modello oltre il 28 febbraio 2023 ai fini del riconoscimento di importi riferiti a periodi antecedenti al 1° marzo 2022.
Nell’ipotesi in cui è prevista la presentazione del modello Rdc – Com AU, le prime erogazioni dell’integrazione Rdc/AU spettante avverranno a partire dal mese successivo alla data di presentazione del medesimo modello. Pertanto, tenuto conto della regola vigente in materia di Rdc, secondo cui la mensilità di riferimento viene corrisposta nel mese successivo, se il modello è presentato il 15 ottobre 2022, nel mese di novembre verrà riconosciuta la rata di Rdc di ottobre dello stesso anno, maggiorata dell’integrazione spettante.
Il modello Rdc – Com AU produrrà i suoi effetti con efficacia retroattiva se presentato entro il 30 giugno dell’anno di riferimento, comportando il riconoscimento degli importi relativi alle mensilità arretrate, con decorrenza dal mese di marzo del medesimo anno.
Laddove sia necessario modificare e/o rettificare le dichiarazioni contenute nel modello Rdc – Com AU, il dichiarante dovrà presentare un nuovo modello Rdc – Com AU, avendo cura di replicare all’interno del nuovo modello le dichiarazioni che restano confermate (messaggio 30 maggio 2022, n. 2261).

Edilizia Industria Verona: verifica e determinazione EVR



Elemento Variabile della Retribuzione (E.V.R.) per la provincia di Verona – Accordo collettivo territoriale 12/4/2022 – Determinazione importi da erogare a livello provinciale nell’anno 2022 per l’anno di competenza 2021


L’ANCE Verona con Circolare del 6 maggio 2022, ha sintetizzato quanto segue a proposito degli importi da erogare a titolo di EVR ai lavoratori edili della provincia di Verona.


In data 12 aprile 2022, ANCE Verona Costruttori Edili e Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil di Verona hanno sottoscritto l’accordo collettivo territoriale per la provincia di Verona che regolamenta l’Elemento Variabile della Retribuzione (E.V.R.) di competenza degli anni 2021, 2022 e 2023 quale premio variabile che tiene conto dell’andamento congiunturale del settore e correlato ai risultati conseguiti in termini di produttività, qualità e competitività del territorio, così come previsto dall’art. 38 dall’accordo nazionale 1° luglio 2014 di rinnovo del CCNL per i dipendenti delle imprese edili ed affini (Edilizia Industria) 19 aprile 2010.
Con successivo accordo collettivo territoriale del 29 aprile 2022 ANCE Verona Costruttori Edili e Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil di Verona hanno verificato gli indicatori territoriali sulla base dei dati forniti dalla Cassa Edile di Verona ed hanno determinato gli importi orari a livello territoriale dell’Elemento Variabile della Retribuzione (E.V.R.) di competenza 2021 da erogare, da parte delle imprese, in una unica soluzione con la retribuzione del mese di competenza di agosto 2022 come da tabelle allegate


Tabelle EVR (2 Indicatori aziendali pari o positivi – 4%)


OPERAI


















Livello

2 indicatori aziendali pari o positivi

  Euro
4° livello 0,29
3° livello 0,27
2° livello 0,24
1° livello 0,21


IMPIEGATI



























Livello

2 indicatori aziendali pari o positivi

  Euro
7° livello 0,41
6° livello 0,37
5° livello 0,31
4° livello 0,29
3° livello 0,27
2° livello 0,24
1° livello 0,21


Tabelle EVR (1 Indicatori aziendali pari o positivi – 2,6%)


OPERAI


















Livello

1 indicatore aziendale pari o positivo

  Euro
4° livello 0,19
3° livello 0,17
2° livello 0,16
1° livello 0,13


IMPIEGATI



























Livello

1 indicatore aziendale pari o positivo

  Euro
7° livello 0,27
6° livello 0,24
5° livello 0,20
4° livello 0,19
3° livello 0,17
2° livello 0,16
1° livello 0,13