Adottato il progetto di ricerca per la valutazione dei percorsi di inclusione


Adottato il progetto di ricerca per la valutazione controfattuale del Reddito di Cittadinanza (Ministero lavoro, comunicato 10 giugno 2022).

Il progetto fa riferimento a un esperimento controllato dei percorsi di inclusione dei beneficiari del Reddito di cittadinanza: sia quelli avviati attraverso i Patti per il lavoro, sia quelli definiti nei Patti per l’Inclusione Sociale, con lo stesso approccio metodologico e il medesimo piano di campionamento.
L’obiettivo è quantificare l’efficacia dei percorsi di attivazione previsti dalla norma, laddove correttamente implementati. Non è quindi finalizzata a stimare l’impatto attuale della misura, che dipenderebbe dallo stato corrente di implementazione.
La metodologia controfattuale permette di isolare e identificare l’impatto causale dei percorsi sul benessere, l’inserimento lavorativo o dell’acquisizione di competenze, e altre sfere tramite l’assegnazione casuale dei beneficiari ai gruppi di controllo e trattamento. Il gruppo di controllo continuerà a ricevere il beneficio economico, ma non viene sottoposto agli impegni e interventi previsti dai percorsi di inclusione per la durata della valutazione.
L’impostazione permette sia di ridurre eventuali distorsioni create dal diverso stato di implementazione dei percorsi d’inclusione sociale e lavorativa nelle diverse aree del territorio, sia di utilizzare i risultati della valutazione per supportare i responsabili dell’implementazione del Reddito di Cittadinanza in questa fase di attuazione della misura, in cui la parte di attivazione non è ancora andata a regime per migliorare il disegno e l’implementazione dei percorsi di accompagnamento, aumentare la credibilità e la trasparenza del RdC e testare innovazioni nel disegno della misura o nella fornitura di servizi (service delivery).

Nuove spese 2022 al Fondo Gomma e Plastica

Prevista una nuova procedura di prelievo delle quote associative a carico degli iscritti nella fase di accumulo del Fondo Nazionale di Pensione Complementare Gomma e Plastica.

Approvata la nuova modalità di quantificazione delle spese direttamente a carico degli iscritti che vengono ora determinate in cifra fissa dal Fondo Nazionale di Pensione Complementare per i lavoratori dell’industria della gomma, cavi elettrici ed affini e delle industrie delle materie plastiche.
Tale aggiornamento è stato necessario perché il precedente criterio, quantificato in percentuale rispetto alle voci della retribuzione valide ai fini del calcolo del TFR, non è più consentito dalla Commissione di Vigilanza.
Sono state determinate per l’anno 2022 le seguenti spese direttamente a carico degli iscritti che si trovino nella fase di accumulo:
– € 22 annui per gli associati con contribuzione ordinaria;
– € 18 annui per gli aderenti privi di contribuzione;
– non applicazione delle spese ai familiari fiscalmente a carico            di lavoratori aderenti.
Per il 2022 le spese in cifra fissa, conteggiate pro-quota a partire dal 31 marzo, sono pari quindi ad € 16,50; per il periodo del 2022 antecedente a tale data si è utilizzato il previgente criterio (0,07% della retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR con prelievo mensile).
Il nuovo criterio di calcolo delle spese associative non comporterà variazioni di carattere sostanziale circa l’entità complessiva annuale del prelievo rispetto alla precedente modalità.

Autonomi e Gestione separata: calcolo dei contributi in sede di dichiarazione dei redditi

Con la Circolare n. 66 del 9 giugno 2022, l’Inps fornisce istruzioni in ordine alle modalità di compilazione del Quadro RR del Modello “Redditi 2022-PF”, per il calcolo dei contributi dovuti dai soggetti iscritti alle Gestioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali e dei lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata, che quest’anno è caratterizzato dall’ applicazione dell’esonero contributivo.

Artigiani e commercianti


I titolari di imprese artigiane e commerciali e i soci titolari di una propria posizione assicurativa tenuti al versamento di contributi previdenziali, sia per sé stessi sia per le persone che prestano attività lavorativa nell’impresa (familiari collaboratori) compilano la Sezione I (Contributi previdenziali dovuti da artigiani ed esercenti attività commerciali) del Quadro RR del Modello Redditi PF-2022.
La stessa Sezione deve essere compilata anche dai soci di cooperative artigiane che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma.
La base imponibile su cui calcolare i contributi è determinata dal totale dei redditi d’impresa conseguiti nel 2021, al netto delle eventuali perdite pregresse scomputate.
Per i soci di società a responsabilità limitata, la base imponibile, oltre a quanto eventualmente dichiarato come reddito d’impresa, è costituita dalla parte del reddito d’impresa della S.r.l. corrispondente alla quota di partecipazione agli utili ovvero alla quota del reddito attribuita al socio per le società partecipate in regime di trasparenza. Restano esclusi gli utili derivanti dalla partecipazione a società di capitali (non in regime di trasparenza) senza prestazione di attività lavorativa, annoverati tra i redditi di capitale.
Il reddito d’impresa del titolare deve essere diminuito del reddito dei coadiutori o coadiuvanti. Nel caso in cui il coadiuvante/coadiutore possegga utili derivanti da partecipazione in S.r.l. diversa da quella per la quale è stato iscritto alle Gestioni autonome, l’importo deve essere indicato nella colonna 3A e andrà indicato, sommato agli altri redditi d’impresa, in RR3, colonna 3. Non devono essere indicati gli utili derivanti dalla partecipazione a società di capitali senza prestazione di attività lavorativa.


Per i soggetti in “regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità”, qualora sia applicato il regime contributivo agevolato, la base imponibile è determinata dalla somma degli importi della colonna 1 del rigo LM34, meno le perdite pregresse relative ai redditi considerati facenti parte dell’importo indicato nella colonna 1 del rigo LM37, indicati in ciascun modulo del Quadro LM, sezione II.


Per i soci di cooperative artigiane che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma la base imponibile corrisponde al reddito dichiarato nei Righi da RC1 a RC3 – Redditi di lavoro dipendente e assimilati in colonna 3, in presenza di codice “3” soci cooperative artigiani nella colonna 4.

ESONERO CONTRIBUTIVO ANNO 2021 (articolo 1, commi da 20 a 22-bis, della legge n. 178/2020)


I soggetti tenuti al versamento della contribuzione sul reddito minimale, che hanno richiesto e ottenuto l’esonero contributivo devono compilare come segue:
– a colonna 11: contributi IVS dovuti sul reddito minimale, calcolati applicando al reddito indicato nella colonna 10, le aliquote stabilite per la gestione di appartenenza (artigiani o commercianti) al netto di eventuali riduzioni indicate a colonna 7. L’importo deve essere indicato al lordo dell’importo concesso a titolo di esonero. Nel caso siano stati compilati più righi per il singolo soggetto, nella determinazione del contributo dovuto si deve tenere conto delle diverse riduzioni indicate nei singoli righi;
– a colonna 12: contributo per le prestazioni di maternità fissato nella misura di euro 0,62 mensili;
– a colonna 13: importi relativi alle quote associative o ad eventuali oneri accessori;
– a colonna 14: totale dei contributi versati sul reddito minimale, comprensivo di contributi di maternità, quote associative ed oneri accessori, deve essere indicato considerando gli importi effettivamente versati;
– a colonna 15: ammontare complessivo dei contributi previdenziali dovuti sul reddito minimale compensati senza l’utilizzo del modello F24, con crediti non risultanti dalla precedente dichiarazione, ma riconosciuti dall’INPS su richiesta dell’assicurato;
– a colonna 23: importo del beneficio dell’esonero;
– a colonna 24: reddito eccedente il minimale fino al massimale.

I soggetti non tenuti al versamento della contribuzione sul reddito minimale (affittacamere o di produttori di assicurazione di terzo e quarto gruppo), che hanno richiesto e ottenuto l’esonero contributivo devono compilare come segue:
– a colonna 25: contributi IVS dovuti sul reddito eccedente il minimale, calcolati applicando al reddito indicato nella colonna 24, le aliquote per scaglioni di imponibile stabilite per la gestione di appartenenza (artigiani o commercianti) al netto di eventuali riduzioni indicate a colonna 7. L’importo deve essere indicato al lordo dell’importo concesso a titolo di esonero. Nel caso siano stati compilati più righi per il singolo soggetto, nella determinazione del contributo dovuto si deve tenere conto delle diverse riduzioni indicate nei singoli righi;
– a colonna 26: contributo per le prestazioni di maternità;
– a colonna 27: totale dei contributi versati sul reddito che eccede il minimale, compreso il contributo di maternità. Deve essere calcolato considerando gli importi effettivamente versati;
– a colonna 28: ammontare complessivo dei contributi previdenziali dovuti sul reddito eccedente il minimale e compensati senza l’utilizzo del modello F24, con crediti non risultanti dalla precedente dichiarazione, ma riconosciuti dall’INPS su richiesta dell’assicurato;
– a colonna 37: importo del beneficio dell’esonero.
Tali contribuenti devono effettuare il versamento con modello F24 nel caso di residuo debito determinato dalla differenza tra l’importo dei contributi a debito calcolati sul reddito (RR2 col. 29) e l’importo riconosciuto a titolo di esonero (RR2 col. 37), al netto di eventuali versamenti già effettuati a titolo di acconto 2021.


Per i beneficiari dell’esonero contributivo, le eccedenze dei versamenti effettuati per le rate dell’emissione dell’anno 2021, con scadenza entro il 31 dicembre 2021, conseguenti all’applicazione dell’esonero, sono state automaticamente utilizzate a copertura di quanto dovuto per la tariffazione 2021, senza necessità di presentazione di modelli F24 o domande di compensazione. In presenza di eventuali ulteriori eccedenze di versamento rispetto alla capienza dell’emissione 2021, deve essere presentata all’Inps istanza di compensazione con la contribuzione da versare a scadenze successive.

Professionisti iscritti alla Gestione separata INPS


La sezione II (Contributi previdenziali dovuti da liberi professionisti iscritti alla Gestione separata Inps) del Quadro RR deve essere compilata dai soggetti che dichiarano redditi da lavoro autonomo.
Non sono iscritti alla Gestione separata e, conseguentemente, non devono compilare il Quadro RR, sezione II, del modello fiscale né sono tenuti al pagamento dei relativi contributi i professionisti che sono obbligati al versamento della contribuzione obbligatoria previdenziale (cd. contributo soggettivo) presso le Casse professionali autonome, e coloro i quali, pur producendo redditi di lavoro autonomo, sono assoggettati per l’attività professionale ad un’altra forma di previdenza assicurativa (come ad esempio le ostetriche iscritte alla Gestione dei commercianti o i maestri di sci).
Sono invece obbligati al versamento alla Gestione separata i professionisti che, pur iscritti ad Albi, non sono tenuti, o ne sono tenuti parzialmente, al versamento del contributo soggettivo presso la Cassa di appartenenza oppure hanno esercitato eventuali facoltà di non versamento o iscrizione in base alle previsioni dei rispettivi statuti o regolamenti (ad esempio, gli ingegneri presso Inarcassa).


La base imponibile sulla quale calcolare la contribuzione dovuta è rappresentata dalla totalità dei redditi prodotti quale reddito di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF, compreso quello prodotto in forma associata e/o quello prodotto in “regime forfettario” o in “regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità”.
La somma algebrica dei redditi deve essere riportata nel rigo RR5, colonna 2. Il dato deve essere sempre riportato anche nel caso di importo negativo (indicando il meno davanti).
In particolare, per i soggetti che producono redditi di lavoro autonomo professionale la sezione II del quadro RR deve essere compilata anche nei casi in cui:
– il reddito sia negativo o non sia stato prodotto alcun reddito a seguito di eventi particolari;
– sul reddito da lavoro autonomo prodotto è stato calcolato il contributo previdenziale obbligatorio in altra Gestione previdenziale o Cassa professionale autonoma (in questo caso come “contribuzione soggettiva”);
– sia stato raggiunto il massimale come parasubordinato (così da non assoggettare a contribuzione anche la parte quale libero professionista) indicando correttamente sia il codice 1 (totale del reddito da lavoro autonomo) sia il codice 3 (redditi provenienti da denunce Uniemens il cui imponibile concorre alla formazione del massimale annuo);
– nel caso in cui il reddito da lavoro autonomo comprenda anche compensi percepiti e sui quali il sostituto di imposta abbia assolto l’obbligo contributivo.
Nel caso in cui il professionista abbia percepito nell’anno di imposta l’indennità di maternità, tale importo è dichiarato tra i componenti positivi (RE3 altri proventi).
Nel rigo RR6, colonna 2, devono essere indicati eventuali contributi relativi agli anni di imposta precedenti all’anno 2020, che sono risultati indebiti e non sono stati richiesti né in compensazione, utilizzando la delega di pagamento unica (modello F24), né a rimborso, ma che sono stati riconosciuti in autoconguaglio dall’INPS su richiesta dell’interessato mediante apposita istanza presentata direttamente alla propria Struttura territoriale di competenza tramite la funzione “Comunicazione bidirezionale” del Cassetto previdenziale – Gestione separata (Liberi professionisti).


Per il calcolo dell’acconto anno di imposta 2022 si applica l’aliquota del 26,23% (IVS + maternità, Anf, degenza ospedaliera, malattia e congedo parentale + ISCRO).


Nel caso di malattia o infortunio di gravità tale da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa per oltre 60 giorni, il professionista ha la possibilità di sospendere il versamento contributivo. La sospensione interessa sia il saldo che gli acconti dovuti nel periodo dell’evento. Gli importi sospesi devono essere indicati nel rigo RR5, colonna 18, mentre nella colonna 17 deve essere indicato il codice relativo alla sospensione: 1 per malattia, 2 per infortunio grave e 3 per calamità naturali. L’importo indicato nella colonna 18 non può superare l’importo del contributo dovuto indicato nella colonna 15.
I soggetti che hanno iniziato l’attività nel corso dell’anno 2021 devono inviare, se non ancora effettuata, tramite la funzione “Comunicazione bidirezionale” del Cassetto previdenziale – Gestione separata liberi professionisti, la domanda di iscrizione quale libero professionista al fine della corretta implementazione della propria posizione contributiva.

ESONERO CONTRIBUTIVO ANNO 2021 (articolo 1, commi da 20 a 22-bis, della legge n. 178/2020)


Anche i professionisti iscritti alla Gestione separata possono beneficiare dell’esonero contributivo per l’anno 2021.
Oggetto dell’esonero sono i versamenti in acconto dovuti per l’anno di imposta 2021, da versare entro il 20 agosto 2021 e il 30 novembre 2021.
Il Quadro RR sezione II è stato quindi implementato con il rigo RR9 nel quale il contribuente deve:
– in colonna 1, attestare di essere stato beneficiario di esonero parziale dei contributi previdenziali previsto dall’articolo 1, commi da 20 a 22-bis, della legge n. 178/2020;
– in colonna 2, riportare l’importo del contributo concesso a titolo di esonero.
Tenuto conto che gli importi (acconti 2021) interessati dall’esonero sono stati calcolati sul reddito prodotto per l’anno di imposta 2020, mentre il contributo dovuto indicato in colonna 15 è calcolato sul reddito effettivamente prodotto per l’anno di imposta 2021, si possono verificare diverse ipotesi:
1) contributo dovuto (colonna 15) uguale a importo esonero (e assenza di versamento in acconto). Il contribuente non deve effettuare alcun versamento a saldo 2021;
2) contributo dovuto (colonna 15) maggiore dell’importo concesso in esonero (e assenza di versamento in acconto). Il contribuente deve versare come saldo 2021 la differenza tra contributo dovuto e l’importo dell’esonero concesso;
3) contributo dovuto minore dell’importo concesso a titolo di esonero. Il contribuente non deve effettuare alcun versamento. La contribuzione accreditata sarà pari al contributo dovuto;
4) contributo dovuto minore dell’importo concesso a titolo di esonero e il contribuente ha effettuato il pagamento del secondo acconto 2021 entro il 30 novembre. Il contribuente non deve effettuare alcun versamento a saldo 2021 e la somma in eccedenza può essere utilizzata in compensazione per il pagamento acconto 2022 o richiesta a rimborso.

Versamento dei contributi


I contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale (per artigiani e commercianti) e la contribuzione dovuta per gli iscritti alla Gestione separata devono essere versati entro il 30 giugno 2022 ovvero entro il 22 agosto 2022 – per chi si avvale della possibilità di rateazione – per i versamenti a saldo per l’anno di imposta 2021 e primo acconto per l’anno 2022 ed entro il 30 novembre 2022 per il secondo acconto 2022.
In sede di versamento dei contributi tramite modello F24, l’importo a debito può essere diminuito di quanto concesso a titolo di esonero contributivo.
I contribuenti che decidono di versare la contribuzione dovuta nel periodo tra il 1° luglio 2022 e il 22 agosto 2022 (saldo 2021 e primo acconto 2022) devono sempre applicare sulle somme la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. In caso contrario vengono applicate le sanzioni per ritardato versamento. A tal fine, la somma dell’interesse corrispettivo deve essere versata separatamente dai contributi, utilizzando le seguenti causali contributo:
– “API” (artigiani) e la codeline INPS utilizzata per il versamento del relativo contributo;
– “CPI” (commercianti) e la codeline INPS utilizzata per il versamento del relativo contributo;
– “DPPI” nel caso dei liberi professionisti.
Qualora emergano debiti a titolo di contributi dovuti sul minimale di reddito e il contribuente intenda regolarizzare la propria posizione tramite modello F24, la codeline da riportare nello stesso è quella prevista per i predetti contributi sul minimale di reddito (codeline del titolare). In caso di importi diversi da quelli originari, la codeline deve essere rideterminata tramite la funzione di calcolo della codeline presente sul sito www.inps.it.

RATEIZZAZIONE


Per i commercianti e gli artigiani la rateizzazione può avere a oggetto esclusivamente i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile a titolo di saldo 2021 e primo acconto 2022.
Per i liberi professionisti la rateizzazione può essere effettuata sia sul contributo dovuto a saldo per l’anno di imposta 2021 che sull’importo del primo acconto relativo ai contributi per l’anno 2022.
In ogni caso il pagamento rateale deve essere completato entro il 30 novembre 2022.
Sull’importo da pagare ad ogni scadenza sono dovuti gli interessi, che devono essere corrisposti utilizzando, per ogni sezione del modello, l’apposita causale (API o CPI o DPPI) e, per gli artigiani e commercianti, la medesima codeline relativa al contributo cui afferiscono. Vanno esposti separatamente dai contributi.
Nell’importo da rateizzare è inclusa anche la maggiorazione dello 0,40% nel caso di versamento della prima rata effettuato dal 1° luglio 2022 al 30 luglio 2022.

Come accedere al bonus wedding, intrattenimento, cerimonie e horeca


Pronte le regole per accedere al contributo a fondo perduto per i settori del wedding, dell’organizzazione di feste e cerimonie, e di hotel, ristoranti e catering (HO.RE.CA). Le domande possono essere presentate dal 09 giugno al 23 giugno 2022 (Agenzia delle Entrate – provvedimento 08 giugno 2022 n. 197396).

Al fine di mitigare la crisi economica derivante dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’art. 1-ter, co. 1, D.L. n. 73/2021, conv., con modif. dalla L. n. 106/2021, ha previsto un contributo a fondo perduto a favore delle imprese operanti nei settori del wedding, dell’intrattenimento, dell’organizzazione di feste e cerimonie e del settore dell’HO.RE.CA..
Le risorse finanziarie stanziate complessivamente ammontano a 60 milioni di euro e sono state suddivise tra i diversi settori, destinando 40 milioni di euro ai soggetti operanti nel settore del “wedding”, 10 milioni di euro ai soggetti operanti nel settore dell’intrattenimento e dell’organizzazione di feste e cerimonie, diverso dal wedding, e 10 milioni di euro ai soggetti operanti nel settore dell’HO.RE.CA..
Gli aiuti non possono essere erogati ai soggetti destinatari di sanzioni interdittive o che si trovino in altre condizioni previste dalla legge come causa di incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche o comunque a ciò ostative. Gli aiuti, inoltre, non possono essere richiesti dai soggetti che si trovino in liquidazione volontaria o sottoposti a procedure concorsuali con finalità liquidatorie nonché da imprese già in difficoltà al 31 dicembre 2019, ad eccezione delle micro-imprese e delle piccole imprese, purché rispettino il requisito del mancato stato di liquidazione e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione.
I contributi spettano se le imprese operanti nei settori del wedding, dell’intrattenimento e dell’HORECA hanno subito nell’anno 2020 una riduzione dei ricavi non inferiore al 30 per cento rispetto ai ricavi del 2019 e un peggioramento del risultato economico di esercizio del 2020 di almeno il 30 per cento rispetto a quello del 2019. Per le imprese costituite nel corso del 2019 la determinazione del calo dei ricavi previsto dalla norma sarà calcolata in base ai valori degli imponibili delle fatture emesse e dei corrispettivi certificati nei periodi infrannuali di riferimento.
Con riferimento alle imprese con periodo di imposta non coincidente con l’anno solare, la riduzione dei ricavi e del risultato economico di esercizio sarà calcolata sulla base dei ricavi conseguiti nel periodo d’imposta precedente a quello dell’entrata in vigore del Decreto Sostegni-bis (ovvero quello relativo all’esercizio 2019/2020), da rapportare al valore dei ricavi o del risultato economico di esercizio conseguiti nel secondo periodo d’imposta precedente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto (ossia all’esercizio 2018/2019).
Le imprese, per accedere al contributo devono risultare regolarmente costituite, iscritte e attive nel Registro delle imprese alla data di presentazione dell’istanza e devono avere sede legale o operativa ubicata sul territorio nazionale. In particolare, per poter beneficiare del contributo, le imprese devono svolgere come attività prevalente, una di quelle individuate da uno dei codici ATECO 2007 indicati nelle tabelle A, B o C di cui all’Allegato 1 del decreto interministeriale del 30 dicembre 2021.
Per le imprese operanti nel settore del wedding in quanto svolgono una delle attività indicate nella tabella A, il contributo è spettante solo se l’ammontare dei ricavi del periodo di imposta del 2019 sia generato per almeno il 30 per cento da prodotti o servizi inerenti a matrimoni, feste e cerimonie.
Per la richiesta dei contributi, i soggetti in possesso dei requisiti sopra citati sono tenuti ad inviare una istanza, esclusivamente in via telematica, all’Agenzia delle entrate che curerà anche il processo di erogazione dei contributi stessi.
Detto questo, ai fini della fruizione del bonus, l’Agenzia delle Entrate ha definito le modalità di presentazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione, le specifiche tecniche e ogni altro elemento necessario all’attuazione della misura.
L’istanza, oltre ai dati identificativi del soggetto richiedente e del suo rappresentante legale qualora si tratti di un soggetto diverso dalla persona fisica, contiene la dichiarazione che la riduzione dei ricavi dell’anno 2020 sia almeno del 30 per cento rispetto a quelli del 2019, che il peggioramento del risultato di esercizio del 2020 rispetto a quello del 2019 sia almeno del 30 per cento, l’IBAN del conto corrente intestato al soggetto richiedente, identificato dal relativo codice fiscale, e il codice fiscale dell’intermediario eventualmente delegato alla trasmissione.
L’Agenzia delle entrate determina i contributi sulla base delle informazioni contenute nell’istanza. I contributi sono erogati mediante accredito sul conto corrente bancario o postale del richiedente. L’erogazione dei contributi di importo superiore a 150.000 euro sarà effettuata solo successivamente alla trasmissione della autocertificazione di regolarità antimafia.
Prima di effettuare l’accredito, l’Agenzia delle entrate effettua alcuni controlli con i dati presenti in Anagrafe Tributaria al fine di individuare anomalie e incoerenze che determinano lo scarto dell’istanza.
Tra i predetti controlli vi è anche quello della verifica che il conto corrente sul quale erogare il bonifico, identificato dal relativo codice IBAN, sia intestato o cointestato al soggetto richiedente. La predetta verifica è effettuata mediante un servizio realizzato da PagoPa S.p.A..

Tax credit strutture ricettive: modifica termini apertura piattaforma


Modalità applicative per l’accesso alla piattaforma online per la concessione del credito d’imposta alle strutture ricettive, di cui all’articolo 79 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (Ministero del turismo – Avviso 07 giugno 2022).

L’avviso in oggetto, che aggiorna e sostituisce l’avviso del 26 maggio 2022, è rivolto alle strutture ricettive esistenti alla data del 1° gennaio 2012. L’agevolazione consiste in un credito d’imposta nella misura del 65% delle spese sostenute, entro il massimo di 200.000 euro, per interventi di:
– manutenzione straordinaria
– restauro e di risanamento conservativo
– ristrutturazione edilizia
– eliminazione delle barriere architettoniche
– incremento dell’efficienza energetica
– adozione di misure antisismiche
– acquisto di mobili e componenti d’arredo
– realizzazione di piscine termali, per i soli stabilimenti termali
– acquisizione di attrezzature e apparecchiature necessarie per lo svolgimento delle attività termali, per i soli stabilimenti termali.
Il credito d’imposta è riconosciuto nei limiti delle risorse disponibili pari a 380 milioni di euro.
Le domande possono essere compilate e presentate dalle ore 12:00 del giorno 13 giugno 2022 alle ore 12:00 del giorno 16 giugno 2022, accedendo alla piattaforma dedicata.


Ferrovie dello Stato: una tantum a giugno



Spetta, con la retribuzione del mese di giugno, un importo una tantum  per i dipendenti delle attività ferroviarie


Ai lavoratori in forza nelle aziende che applicano il CCNL della Mobilità/Area contrattuale Attività Ferroviarie al 22/3/2022, ad integrale copertura del periodo 1° gennaio 2021 – 30 aprile 2022 viene riconosciuto un importo lordo omnicomprensivo pro-capite una tantum nelle misure di seguito indicate:
Dette somme saranno corrisposte in un’unica soluzione con la retribuzione del mese dì giugno 2022, in proporzione ai mesi di servizio prestati nel periodo di riferimento, arrotondando a mese intero la frazione di mese superiore a 15 giorni.
Per i lavoratori occupati negli appalti/subappalti, le modalità (eventuale rateizzazione e relative tempistiche) per la corresponsione dei suddetti importi potranno essere definite con accordo a livello aziendale da raggiungere entro giugno 2022.



















































Livello/Parametro

Importo Una tantum

Q1 670,54
Q2 589,15
A 569,77
B1 542,64
B2 519,38
B3 511,63
C1 500,00
C2 492,25
D1 484,50
D2 468,99
D3 461,24
E1 453,49
E2 434,11
E3 426,36
F1 395,35
F2 387,60

Escluso l’IRPEF per il lavoratore residente in Svizzera


9 giu 2022 Non è tenuto al pagamento dell’IRPEF il contribuente residente in Svizzera che presti la propria attività lavorativa in Italia (Corte di Cassazione, Ordinanza 06 giugno 2022, n. 18009).


La vicenda


Con avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate sottoponeva a tassazione i redditi da lavoro corrisposti ad un lavoratore da società italiana e quelli assimilati a redditi da lavoro dipendente corrisposti dall’INPS, sul presupposto che questi, cittadino italiano, residente in Svizzera ed iscritto all’AIRE, avesse domicilio fiscale in Italia.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso del contribuente e la Commissione tributaria regionale rigettava l’appello dell’Agenzia.
In particolare, la C.T.R. richiamava la norma convenzionale OCSE, secondo la quale, in caso di conflitto tra Stati circa la residenza fiscale di una persona fisica, il potere impositivo spetti preliminarmente allo Stato ove il soggetto abbia un’abitazione permanente, in subordine a quello in cui abbia il proprio centro di interessi vitali, e ancora in subordine a quello in cui esso abbia una dimora abituale; evidenziava poi che nel caso in argomento il lavoratore aveva dimostrato di essere effettivamente residente in Svizzera, di essere iscritto all’AIRE, unitamente a moglie e figlio, di essere titolare del mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione in Svizzera, di essere titolare di più utenze domestiche, che il figlio frequentava l’Università di Zurigo e la moglie lavorava in una scuola di Lugano; riteneva infine irrilevante, a fronte di tali elementi, che egli lavorasse presso una società con sede in Italia, avendo lo stesso dimostrato di recarsi quotidianamente al lavoro dalla propria abitazione in Svizzera, vista la breve distanza.
Avverso la sentenza della C.T.R. ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate.


La pronuncia della Corte


La Cassazione ha rigettato il ricorso, rilevando che nel caso di specie la Commissione tributaria aveva correttamente ritenuto che il lavoratore avesse adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico.
La stessa, difatti, dopo aver richiamato la circolare 140E del 1999 dell’Agenzia delle entrate, che indica gli elementi in base ai quali la parte possa dimostrare l’effettività della residenza nello Stato estero a fiscalità privilegiata, aveva ritenuto non fittizio il trasferimento della residenza all’estero del contribuente in questione.


La Corte ha, inoltre, rammentato che soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato e che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza.
Atteso che nel caso di specie il lavoratore era residente in Svizzera ed iscritto all’A.I.R.E., il criterio di attribuzione della residenza fiscale in Italia invocato dall’ufficio tributario italiano era, dunque, rappresentato dal domicilio.
Secondo costante giurisprudenza, tuttavia, quest’ultimo deve essere inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi; in concreto, dunque, il domicilio va valutato in relazione al luogo in cui la persona intrattiene sia i rapporti personali che quelli economici.
Tanto premesso, nel caso di specie, la C.T.R., giungendo a conclusioni pienamente condivise dal Collegio, aveva negato che potesse attribuirsi al lavoratore un domicilio in Italia, adeguatamente valutando i vari elementi dedotti e provati dal lavoratore ai fini della residenza, attinenti alla sfera personale e familiare, evidenziando, in base ad essi, che da molti anni lo stesso contribuente aveva stabilito il proprio centro di interessi vitali in Svizzera, assieme al proprio nucleo familiare, e che non vi fossero altri elementi gravi, precisi e concordanti di segno contrario, restando del tutto irrilevante la vicinanza tra luogo di residenza e sede di lavoro dello stesso contribuente.

Bonus produzione videogiochi: in arrivo il codice tributo


Istituito i codice tributo per l’utilizzo, tramite modello F24, del credito d’imposta a favore delle imprese di produzione dei videogiochi (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 08 giugno 2022, n. 26/E)

Il credito d’imposta a favore delle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva è stato previsto in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 40 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche e audiovisive. (art. 15, legge 14 novembre 2016, n. 220).
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
La Direzione generale Cinema e audiovisivo del Ministero della cultura comunica telematicamente all’Agenzia delle entrate, entro il giorno 5 di ciascun mese, i dati dei soggetti ai quali, nel mese precedente, è stato riconosciuto il credito d’imposta con i relativi importi, nonché le eventuali variazioni, revoche e cessioni intervenute o accettate in detto mese.
Ciascun beneficiario può visualizzare l’ammontare dell’agevolazione fruibile in compensazione tramite il proprio cassetto fiscale, accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
Per consentire l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del suddetto credito d’imposta, è istituito il seguente codice tributo:
– “6977” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese di produzione dei videogiochi – art. 15 della legge 14 novembre 2016, n. 220”.


Minimale contributivo per le cooperative che deliberano un piano di crisi aziendale


L’Inps fornisce alcune precisazioni sulla corretta individuazione dell’obbligo contributivo in capo alle società cooperative nell’ipotesi di deliberazione di un piano di crisi aziendale.


Il regolamento interno delle società cooperative deve, in ogni caso, contenere l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali e la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi, con il divieto, per l’intera durata del piano, di distribuire eventuali utili, nonché la possibilità di prevedere “forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie”, fatto salvo “il rispetto del solo trattamento economico minimo”.
Relativamente agli aspetti di carattere previdenziale, ai fini della contribuzione previdenziale ed assicurativa si fa riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative.
Le disposizioni secondo cui, il regolamento della cooperativa deve prevedere, in ogni caso, la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti retributivi, produce effetti anche sulla determinazione e quantificazione del minimale contributivo.
La disciplina sui minimali contributivi è contenuta nell’articolo 1, comma 1, del DL 9 ottobre 1989, n. 338, secondo cui “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.
Per il periodo di durata del piano di crisi, opera il minimale di retribuzione giornaliera.
Infatti, nel caso di specie, è la legge, ovvero il combinato disposto di cui agli articoli 4 e 6, che introduce in via sistematica una specifica ipotesi di “deroga” alla disciplina del minimale contributivo.
Le “crisi” cui fanno riferimento le disposizioni in parola si caratterizzano per la particolare gravità e straordinarietà che potrebbero compromettere la continuità aziendale.
Inoltre, al fine di evitare possibili abusi a danno dei soci lavoratori, la deliberazione del “piano di crisi aziendale” deve contenere elementi adeguati e sufficienti tali da esplicitare: l’effettività dello stato di crisi aziendale che richiede gli interventi straordinari consentiti dalla legge; la temporaneità dello stato di crisi e dei relativi interventi; uno stretto nesso di causalità tra lo stato di crisi aziendale e l’applicabilità ai soci lavoratori degli interventi in esame.
Le misure indicate possono concorrere con le forme di sostegno al reddito e dell’occupazione alle quali la cooperativa abbia accesso a norma di legge, avendo cura che i predetti strumenti siano opportunamente coordinati allo scopo di ottenere dai soci apporti sostanzialmente equilibrati.
Tanto premesso, esclusivamente per il periodo di durata del piano di crisi aziendale deliberato, è consentito il superamento della generale disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989. Pertanto, limitatamente al periodo di durata del piano di crisi aziendale, l’obbligazione contributiva deve essere quantificata sulla base di un imponibile corrispondente alle somme effettivamente corrisposte ai lavoratori, nel rispetto tuttavia del minimale contributivo giornaliero (Messaggio Inps 8 giugno 2022, n. 2350).

Provvedimento di sospensione dell’attività con effetto posticipato


L’Ispettorato Nazionale del Lavoro precisa che con la nuova disciplina del provvedimento di sospensione dell’attività, gli ispettori possono posticiparne gli effetti nei casi in cui l’interruzione della stessa potrebbe comportare gravi conseguenze ai beni ed alla produzione o compromettere il regolare funzionamento di un servizio pubblico. (Nota 07 giugno 2022, n. 1159).

A seguito dell’introduzione del “nuovo” provvedimento di sospensione, a differenza della previgente disciplina, non è più contemplata la discrezionalità in capo al personale ispettivo, fatta salva la possibilità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo, a meno che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.
Tuttavia, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha chiarito che resta ferma la necessità di valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di non adottare il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.
Tali circostanze sono anzitutto legate ad esigenze di salute e sicurezza sul lavoro. In altre parole, laddove la sospensione dell’attività possa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori o di terzi è opportuno non emanare alcun provvedimento.
In tal senso, dunque, l’Ispettorato ha fornito indicazioni al personale ispettivo di non adottare il provvedimento di sospensione quando l’interruzione dell’attività svolta dall’impresa determini a sua volta una situazione di pericolo per l’incolumità dei lavoratori della stessa o delle altre imprese che operano nel cantiere (si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno scavo in presenza di una falda d’acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di ultimare eventuali lavori di rimozione di materiali nocivi).
La mancata adozione del provvedimento di sospensione costituisce, pertanto, un’extrema ratio rispetto alla fisiologica applicazione della normativa, determinata dal rischio che dall’adozione del provvedimento possano derivare situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.


Tale valutazione va effettuata in rapporto alla fattispecie concreta da parte del personale ispettivo, effettuando un bilanciamento degli interessi coinvolti nel caso di specie e la decisione della mancata adozione va accuratamente motivata, indicando già nel verbale di primo accesso i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione.


A tal fine, può ritenersi un grave rischio per la pubblica incolumità la sospensione di un servizio pubblico che, in assenza di valide alternative che possano garantire l’esercizio di diritti spesso di rango costituzionale, va dunque salvaguardato (ad es. attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica ecc.).
Analogamente è possibile che dalla sospensione dell’attività di allevamento di animali derivi un grave rischio per la pubblica incolumità, stanti peraltro le conseguenze di natura igienico sanitaria legate al mancato accudimento.
In tutte le ipotesi in cui non ricorrano i presupposti per una mancata adozione del provvedimento di sospensione, gli ispettori possono valutare il posticipo degli effetti della sospensione in un momento successivo a quello dell’adozione del provvedimento, qualora valutino che dallo stesso possano comunque derivare significativi danni per ragioni tecniche, sanitarie o produttive (ad esempio, per l’interruzione di cicli produttivi avviati o danni agli impianti per l’improvvisa interruzione, raccolta dei frutti maturi, vendemmia in corso, ecc.). Ciò a condizione che dal posticipo non derivino rischi per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.
Laddove, medio tempore, stante il posticipo degli effetti del provvedimento di sospensione, l’azienda provveda a regolarizzare le violazioni riscontrate, il provvedimento può comunque essere revocato.


L’Ispettorato ha infine precisato che in ogni caso la continuazione dell’attività per mancata adozione del provvedimento o per posticipazione dei suoi effetti deve comunque avvenire nel rispetto di ogni condizione di legalità e di sicurezza, pertanto sarà ad esempio impedito ai lavoratori cd. “in nero” di continuare a svolgere la propria attività sino ad una completa regolarizzazione e la possibilità di “imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro”.