Adeguamento dei minimi retributivi per la Metalmeccanica – Confapi



Sorroscitto, l’accordo in attuazione di quanto previsto dall’Ipotesi di Accordo rinnovo del CCNL 26 maggio 2021 in materia di adeguamento dei minimi contrattuali, indennità di trasferta e indennità di reperibilità per i lavoratori della Metalmeccanica Piccola Industria


Le parti, sulla base della dinamica inflativa consuntivata relativa all’anno 2021, misurata con “l’IPCA al netto degli energetici importati”, così come comunicata dall’ISTAT il 7 giugno u.s. pari allo 0,8%, hanno definito l’adeguamento del valore dei minimi in vigore al 31 maggio 2022 come da tabella riportata:




































Livelli

Valore riferito all’IPCA

1 € 10,87
2 € 12,00
3 € 13,31
4 € 13,89
5 € 14,88
6 € 15,95
7 € 17,12
8 € 18,61
8Q € 18,61
9 € 20,70
9Q € 20,70


 Tenuto conto di quanto previsto dall’Ipotesi di Accordo di rinnovo del 26 maggio 2021, e verificato che la rilevazione dell’IPCA non comporta scostamenti sugli aumenti definiti e decorrenti dal 1° giugno 2022 dal richiamato accordo, i minimi da riconoscere sono quelli riportati nella tabella seguente:


Minimi retributivi in vigore dal 1° giugno 2022















































Livello

Aumenti dal 1/6/2022

Minimi CCNL dal 1/6/2022

1 16,79 1.375,00
2 18,55 1.518,55
3 20,58 1.684,87
4 21,47 1.757,91
5 23,00 1.883,07
6 24,66 2.018,99
7 26,46 2.166,05
8 28,77 2.355,54
8Q 28,77 2.355,54
9 32,00 2.619,60
9Q 32,00 2.619,60


Trasferte e Reperibilità
Le parti, sulla base della dinamica inflativa consuntivata 2021 misurata con “l’IPCA al netto degli energetici importati” cosi come fornita dall’ISTAT e pari allo 0,8%, hanno altresì proceduto all’adeguamento dell’indennità di trasferta forfetizzata e dell’indennità di reperibilità in essere alla data del 31 maggio 2022.


Pertanto, a far data dal 1° giugno 2022 le suddette indennità risultano le seguenti:












Indennità di trasferta

Dall1/6/2022

Trasferta intera € 44,47
Quota pasto meridiano o serale € 11,97
Quota pernottamento € 20,53


Indennità di reperibilità dal 1° giugno 2022



























 

16 h (gg lavorato)

24 h (gg libero)

24 h(festive)

6 gg

6gg con festivo

6 gg con festivo e gg libero

Superiore al 5° livello € 6,84 € 11,24 € 11,83 € 45,42 € 46,02 € 50,42
4° e 5° livello € 5,95 € 9,33 € 10,01 € 39,06 € 39,74 € 43,13
1°, 2°, 3° livello € 4,99 € 7,51 € 8,11 € 32,48 € 33,09 € 35,60

Bonus edilizi: nuove disposizioni attuative dal Fisco


A seguito delle modifiche introdotte dal “Sostegni-ter” convertito e dal decreto “Aiuti”, con il provvedimento 10 giugno 2022, n. 202205, l’Agenzia delle entrate, ha apportato modifiche al provvedimento n. 35873 del 3 febbraio 2022, recante disposizioni di attuazione degli articoli 119 e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, per l’esercizio delle opzioni relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica.

In alternativa all’utilizzo in compensazione, a decorrere dal giorno 10 del mese successivo alla corretta ricezione della Comunicazione:
a) i fornitori che hanno applicato gli sconti, possono cedere i relativi crediti ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari. In tale contesto, i successivi cessionari possono effettuare una sola ulteriore cessione a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo, di società appartenenti a un gruppo bancario, oppure di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia. I soggetti qualificati che hanno acquistato i crediti possono effettuare una sola ulteriore cessione esclusivamente a favore di altri soggetti qualificati;
b) i primi cessionari che hanno acquistato i crediti, possono effettuare una sola ulteriore cessione a favore di soggetti qualificati. I soggetti qualificati che hanno acquistato i crediti possono effettuare una sola ulteriore cessione esclusivamente a favore di altri soggetti qualificati. Tuttavia, se la Comunicazione è stata inviata all’Agenzia delle entrate entro il 16 febbraio 2022, i primi cessionari possono cedere il credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, che possono poi procedere alla cessione dei crediti in favore dei soggetti qualificati;
c) alle banche, ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario, è sempre consentita la cessione a favore dei clienti professionali privati, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione. Le funzionalità della Piattaforma cessione crediti che consentiranno di comunicare le predette cessioni saranno disponibili a partire dal 15 luglio 2022.

Con riferimento ai crediti acquistati dai successivi cessionari, comunicati tramite la Piattaforma cessione crediti fino al 16 febbraio 2022, resta fermo quanto previsto dall’articolo 28, comma 2, del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, circa la possibilità di cedere il credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, che possono poi procedere alla cessione dei crediti in favore dei soggetti qualificati.
La comunicazione delle cessioni avviene esclusivamente a cura del soggetto cedente tramite la Piattaforma cessione crediti, dopo aver proceduto all’accettazione della cessione, utilizzando la medesima Piattaforma.
I cessionari utilizzano i crediti d’imposta secondo gli stessi termini, modalità e condizioni applicabili al cedente, dopo l’accettazione della cessione, da comunicare esclusivamente a cura degli stessi cessionari tramite la Piattaforma cessione crediti. Inoltre, in caso di utilizzo in compensazione, per i crediti derivanti dalle comunicazioni inviate dal 1° maggio 2022, è necessario comunicare preventivamente, tramite la suddetta Piattaforma, la scelta irrevocabile di fruizione in compensazione, con riferimento a ciascuna rata annuale.
Ai sensi dell’articolo 121, comma 1-quater, del Decreto, le rate annuali dei crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni da parte dei titolari delle detrazioni, comunicate all’Agenzia delle entrate ai sensi del punto 4 dal 1° maggio 2022, non possono formare oggetto di cessioni parziali successive. A tal fine, a ciascuna rata è attribuito un codice identificativo univoco da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni tramite la Piattaforma cessione crediti. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano ai crediti derivanti dalle suddette opzioni comunicate all’Agenzia delle entrate entro il 30 aprile 2022, ivi comprese le comunicazioni relative alle spese del 2020 e del 2021 inviate dal 9 al 13 maggio 2022, ai sensi della risoluzione n. 21/E del 5 maggio 2022.
I contratti di cessione conclusi in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 121, comma 1, del Decreto e all’articolo 28, comma 2, del decreto-legge n. 4 del 2022 sono nulli.”


 

INPS: nuovo serivizio on line fondo casalinghe


Relativamente al “Fondo casalinghe”, l’Inps fornise alcune indicazioni servizio telematico e le procedure per il pagamento online dei contributi.


Il servizio è disponibile sul sito internet Inps a percorso: “Prestazioni e Servizi” > “Servizi” > “Fondo previdenza casalinghe – Iscrizione (Cittadino)”. Per l’accesso è richiesta l’autenticazione tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di II livello, CIE (Carta d’Identità Elettronica), CNS (Carta Nazionale dei Servizi).
Tale servizio consente al cittadino di presentare online la domanda di iscrizione al Fondo. L’utente è guidato a sottoscrivere le dichiarazioni sostitutive e l’informativa sul trattamento dei dati personali.
A conclusione dell’operazione il servizio rende disponibile la stampa della ricevuta che contiene il riepilogo dei dati inseriti e il codice identificativo della domanda.
L’iscrizione ha effetto dalla conclusione con esito positivo delle operazioni previste dal servizio online.
Il servizio è disponibile anche per i Patronati. L’accesso è possibile attraverso il sito internet dell’Istituto www.inps.it al seguente percorso: “Prestazione e Servizi” > “Servizi” > “Fondo previdenza casalinghe – Iscrizione (Patronato)”.
Gli operatori di Patronato vi possono accedere secondo le consuete modalità, con la dichiarazione esplicita di essere in possesso della delega a operare.
Al termine della compilazione da parte del cittadino o del soggetto abilitato, la domanda è acquisita automaticamente dalla procedura; non si rende, di conseguenza, necessario alcun adempimento da parte degli operatori di Sede. La domanda è accolta automaticamente se non sono rilevate condizioni ostative all’iscrizione al Fondo. Il cittadino appena iscritto potrà iniziare a effettuare i versamenti dopo avere ricevuto il provvedimento di accoglimento della richiesta.
Nell’eventualità che non siano soddisfatti tutti i requisiti necessari all’accoglimento immediato, la domanda è posta in stato “Da verificare”, per permettere agli operatori di Sede di espletare gli ulteriori controlli. Al termine dell’istruttoria il richiedente riceverà la comunicazione dell’esito della verifica tramite lettera ordinaria, in caso di accoglimento, o raccomandata, in caso di reiezione.
Nel Portale dei Pagamenti, con accesso dalla home page del sito www.inps.it, è presente una sezione dedicata al Fondo Casalinghe e Casalinghi. Nel dettaglio, dal Portale è possibile:
– compilare e stampare gli avvisi di pagamento PagoPA;
– eseguire il pagamento dei contributi online utilizzando paga online PagoPA;
– visualizzare e stampare le ricevute di pagamenti effettuati tramite PagoPA.
Il versamento può essere effettuato in qualsiasi momento dell’anno e con importo libero, anche se la soglia minima per l’accredito di un mese di contribuzione è di 25,82 euro. Per conoscere l’importo e il numero di contributi (in mesi) che l’INPS accrediterà ogni anno, quindi, è sufficiente dividere la cifra complessiva versata nell’anno di riferimento per 25,82 euro (Messaggio Inps 11 giugno 2022, n. 2378).

CCNL EDITORIA E GRAFICA INDUSTRIA: seconda tranche dell’una tantum

Assografici, con circolare dell’8/6/2022, ricorda alle Aziende Grafiche Editoriali associate, che con la paga di giugno 2022, va corrisposta la seconda tranche dell’una tantum

ASSOGRAFICI, una delle parti datoriali firmatarie con le OO.SS. SLC-CGIL / FISASCAT-CISL / UILTUCS del CCNL per i dipendenti delle aziende grafiche ed affini e delle aziende editoriali anche multimediali, ricorda alle aziende associate che, con la retribuzione del mese di giugno, è prevista l’erogazione della seconda tranche di una tantum pari ad € 100,00 lordi.
“Come indicato dalla disposizione contrattuale, l’erogazione dell’una tantum è prevista per i lavoratori in forza alla data del 19 gennaio 2021, è commisurata al periodo di servizio prestato dall’ultima scadenza al 31/12/2020, con riduzione proporzionale esclusivamente in caso di aspettativa, assenza facoltativa e CIG-FIS e cassa integrazione in deroga a zero ore (non considerando la causale covid).”

Prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero


In arrivo le norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta (LEGGE 17 maggio 2022, n. 61)

La legge in oggetto è volta a valorizzare e a promuovere la domanda e l’offerta dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, favorendone il consumo e la commercializzazione e garantendo ai consumatori un’adeguata informazione sulla loro origine e sulle loro specificità.
Le regioni e gli enti locali possono adottare le iniziative di loro competenza per assicurare la valorizzazione e la promozione dei prodotti di cui sopra.
All’attuazione dl quanto previsto si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si intendono per prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero, i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento, compresa l’acquacoltura, di cui all’allegato I al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e i prodotti alimentari di cui all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, provenienti da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima o delle materie prime agricole primarie utilizzate posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita, o comunque provenienti dalla stessa provincia del luogo di vendita, o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, e i prodotti freschi della pesca in mare e della pesca nelle acque interne e lagunari, provenienti da punti di sbarco posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, catturati da imbarcazioni iscritte nei registri degli uffici marittimi delle capitanerie di porto competenti per i punti di sbarco, e da imprenditori ittici iscritti nei registri delle licenze di pesca tenuti presso le province competenti.
I prodotti agricoli e alimentari nazionali provenienti da filiera corta, invece, sono i prodotti la cui filiera produttiva risulti caratterizzata dall’assenza di intermediari commerciali, ovvero composta da un solo intermediario tra il produttore, singolo o associato in diverse forme di aggregazione, e il consumatore finale.
Le cooperative e i loro consorzi non sono considerati intermediari. I comuni riservano agli imprenditori agricoli e agli imprenditori della pesca e dell’acquacoltura marittima e delle acque interne, singoli o associati in cooperative, esercenti la vendita diretta dei prodotti agricoli e alimentari almeno il 30 per cento del totale dell’area destinata al mercato e, per la pesca, delle aree prospicienti i punti di sbarco.
I comuni, nel caso di apertura di mercati agricoli, possono riservare agli imprenditori agricoli, singoli o associati in diverse forme di aggregazione, esercenti la vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, appositi spazi all’interno dell’area destinata al mercato. E’ fatta salva, in ogni caso, la possibilità per gli imprenditori agricoli di realizzare tipologie di mercati riservati alla vendita diretta.
Le regioni e gli enti, locali, d’intesa con le associazioni di rappresentanza del commercio e della grande distribuzione organizzata, possono favorire, all’interno dei locali degli esercizi della grande distribuzione commerciale, la destinazione di particolari aree alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta.
Chiunque utilizza le definizioni sopra indicate in maniera non conforme alla presente legge o utilizza i loghi in assenza dei requisiti, nell’etichettatura, nella pubblicità, nella presentazione e nei documenti commerciali è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.600 euro a 9.500 euro.

Esonero contributivo per aziende dei settori turismo e stabilimenti balneari


Vista l’autorizzazione UE del 7 giugno 2022, le aziende dei settori del turismo e degli stabilimenti termali possono accedere all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per le assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale, e per le conversioni a tempo indeterminato dei predetti contratti, effettuate dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022. L’Inps ha fornito le istruzioni per la fruizione (Circolare 10 giugno 2022, n. 67).

Il Decreto Sostegni-ter (art. 4, co. 2, D.L. n. 4/2022) ha stabilito per le assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale nei settori del turismo e degli stabilimenti termali, effettuate dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022, limitatamente al periodo di durata dei contratti stipulati e comunque sino a un massimo di 3 mesi, l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. In caso di conversione dei suddetti contratti in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, l’esonero è riconosciuto per un periodo massimo di 6 mesi dalla conversione.
L’esonero, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è riconosciuto nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL.
Considerata l’applicazione selettiva ai soli settori del turismo e degli stabilimenti termali il beneficio è subordinato all’autorizzazione della Commissione Europea, che è stata rilasciata il 7 giugno 2022 (decisione C(2022) 3835 final).

SOGGETTI BENEFICIARI


Possono accedere all’esonero contributivo i datori di lavoro privati rientranti nei settori del turismo (strutture ricettive, bar, gelaterie, pubblici esercizi e ambulanti per la somministrazione di alimenti e bevande) e degli stabilimenti termali, a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditori.
Il beneficio non si applica nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.

RAPPORTI DI LAVORO INCENTIVATI


L’esonero contributivo trova applicazione per le assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale nei settori del turismo e degli stabilimenti termali, effettuate dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022, e per la conversione dei predetti contratti a termine in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, intervenuta nel corso della medesima finestra temporale (1/1-31/3/2022).
L’agevolazione può essere riconosciuta anche:
– in caso di rapporto a tempo parziale (in tal caso però la misura della soglia massima di esonero è ridotta sulla base dello specifico orario di lavoro);
– ai rapporti di lavoro subordinato (assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale o loro conversione a tempo indeterminato) instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro;
– per le assunzioni a scopo di somministrazione, purché l’utilizzatore che si avvale della prestazione lavorativa appartenga al settore del turismo o degli stabilimenti termali.


Devono ritenersi escluse, invece, le assunzioni con contratto di lavoro intermittente o a chiamata, anche nell’ipotesi in cui prevedano la corresponsione di un compenso continuativo in termini di indennità di disponibilità.

MISURA DEL BENEFICIO


L’esonero è pari alla contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per un importo massimo di 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile, per la durata del rapporto a termine o stagionale, fino a un massimo di 3 mensilità o fino a 6 mensilità in caso di conversione.
La soglia massima di esonero della contribuzione datoriale riferita al periodo di paga mensile è, pertanto, pari a 671,66 euro (€ 8.060/12) e, per rapporti di lavoro instaurati e risolti nel corso del mese, detta soglia va riproporzionata assumendo a riferimento la misura di 21,66 euro (€ 671,66/31) per ogni giorno di fruizione dell’esonero contributivo.
Nelle ipotesi di rapporti di lavoro a tempo parziale, il massimale dell’agevolazione deve essere proporzionalmente ridotto.


Nella determinazione delle contribuzioni oggetto dello sgravio è necessario fare riferimento, ai fini della delimitazione dell’esonero, alla contribuzione datoriale che può essere effettivamente oggetto di sgravio. A tal fine sono esclusi:
– i premi e i contributi dovuti all’INAIL;
– il contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei TFR;
– il contributo, ove dovuto, ai Fondi di solidarietà bilaterali, al Fondo di solidarietà territoriale intersettoriale della Provincia autonoma di Trento e al Fondo di solidarietà bilaterale della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige;
– il contributo di finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua.
Vanno, inoltre, escluse dall’applicazione dell’esonero le contribuzioni che non hanno natura previdenziale e quelle concepite allo scopo di apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento.
Nelle ipotesi di trasformazione di rapporti a tempo determinato, è prevista inoltre la restituzione del contributo addizionale dell’1,40%, ove dovuto, prevista per i contratti a tempo determinato.
Con riferimento al periodo di fruizione dell’esonero, lo stesso ha una durata pari al decorso del rapporto e, comunque, sino ad un massimo di 3 mesi. Nelle ipotesi in cui sia stato già riconosciuto l’esonero per l’assunzione a termine, e il rapporto sia convertito a tempo indeterminato, l’esonero spetta per ulteriori 6 mesi a partire dalla data di conversione.
Il periodo di fruizione dell’incentivo può essere sospeso esclusivamente nei casi di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, consentendo, in tale ipotesi, il differimento temporale del periodo di godimento del beneficio.

CONDIZIONI DI SPETTANZA DEL BENEFICIO


L’esonero contributivo è riconosciuto in presenza delle seguenti condizioni:
– regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale (DURC);
– assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge;
– rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
– rispetto del diritto di precedenza alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;
– l’assunzione non deve riguardare lavoratori licenziati, nei 6 mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, alla data del licenziamento, presentava elementi di relazione con il datore di lavoro che assume, sotto il profilo della sostanziale coincidenza degli assetti proprietari ovvero della sussistenza di rapporti di controllo o collegamento;
– assenza, presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione, di sospensioni dal lavoro connesse a una crisi o riorganizzazione aziendale, ovvero che l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati a un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in diverse unità produttive.


L’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti all’instaurazione del rapporto di lavoro o di somministrazione incentivato, determina la perdita della parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.
In caso di somministrazione, i benefici economici sono trasferiti all’utilizzatore.


L’esonero non spetta qualora l’assunzione costituisca attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione.

COMPATIBILITÀ


L’esonero è concesso nel rispetto della disciplina sugli aiuti di Stato, e in particolare delle seguenti condizioni:
– importo non superiore a 2.300.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere);
– impresa che non fosse già in difficoltà al 31 dicembre 2019 (ad eccezione di Micro e P.M.I. purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione);
– sia concesso entro il 30 giugno 2022.


L’esonero contributivo è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.

ACCESSO AL BENEFICIO


Ai fini del riconoscimento dell’esonero, il datore di lavoro deve inoltrare la domanda all’Inps, avvalendosi esclusivamente del modulo di istanza on-line “TUR44”, disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Istituto, nella sezione denominata “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)”.
L’invio delle domande di ammissione è consentito entro e non oltre il 30 giugno 2022.
Con riferimento ai rapporti a tempo parziale, la retribuzione lorda media mensile da indicare nella domanda è quella rapportata al tempo pieno, in quanto sono le procedure telematiche a parametrare l’importo di esonero spettante alla percentuale oraria indicata.
In caso di variazione in aumento della percentuale oraria di lavoro nel corso del rapporto lavorativo, compreso il caso di assunzione a tempo parziale e successiva trasformazione a tempo pieno, il beneficio fruibile non potrà superare, per i vincoli legati al finanziamento della misura, il tetto già autorizzato.
Nelle ipotesi di diminuzione dell’orario di lavoro, compreso il caso di assunzione a tempo pieno e successiva trasformazione in part-time, sarà onere del datore di lavoro riparametrare l’incentivo spettante per fruire dell’importo ridotto.
La fruizione del beneficio avviene mediante conguaglio nelle denunce contributive e nei limiti della contribuzione mensile esonerabile.


Ulteriore rideterminazione temporanea aliquote di accisa sui carburanti


Forniti chiarimenti sull’ulteriore rideterminazione temporanea delle aliquote di accisa sui carburanti e sugli adempimenti per gli esercenti (Agenzia delle dogane e dei monopoli – Circolare 08 giugno 2022, n. 23).

La legge 20 maggio 2022, n. 51, nel convertire il decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, ha introdotto l’art. 1-bis riproducente le disposizioni dell’art. 1 del decreto-legge 2 maggio 2022, n. 38.
Si rammenta che il citato art.1 del decreto-legge n. 38/2022, ora abrogato dalla della legge n. 51/2022 (art. 1, comma 2), aveva apportato un’ulteriore rideterminazione di talune aliquote di accisa di cui all’Allegato I al testo unico approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, (TUA), senza soluzione di continuità e nelle misure fissate dai precedenti interventi normativi di riduzione temporanea.
L’art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/2022 conferma la vigenza delle aliquote di accisa sotto specificate a decorrere dal 3 maggio 2022):
– benzina: euro 478,40 per mille litri;
– oli da gas o gasolio usato come carburante: euro 367,40 per mille litri;
– gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante: euro 182,61 per mille chilogrammi.
Viene così mantenuta l’efficacia delle riduzioni operate dapprima dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 21/2022 e dall’art. 1 del decreto 18 marzo 2022 del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica (a decorrere dal 22 marzo 2022) e, successivamente, dal decreto interministeriale 6 aprile 2022 (a decorrere dal 22 aprile 2022 per la benzina ed il gasolio, dal 21 aprile 2022 per i GPL, e fino al 2 maggio 2022 per tutti i menzionati prodotti).
Il medesimo art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/2022, sempre a decorrere dal 3 maggio e fino all’8 luglio 2022, ha ricompreso nella rideterminazione temporanea anche un’ulteriore aliquota di accisa di cui si riporta la variazione intervenuta:
– gas naturale usato per autotrazione: da euro 0,00331 per metro cubo ad euro zero per metro cubo.
Di tale aliquota si dovrà tener conto in sede di liquidazione dell’accisa nelle fatturazioni relative ai quantitativi di gas naturale per uso autotrazione forniti nel predetto arco temporale.
Le aliquote di accisa così rideterminate restano in vigore fino all’8 luglio 2022.
L’art. 1-bis, comma 2, mantiene fino al suddetto termine dell’8 luglio 2022 la disapplicazione della aliquota ridotta prevista per il gasolio commerciale dal punto 4-bis della Tabella A allegata al TUA di cui ordinariamente beneficiano gli esercenti trasporto di merci e trasporto di persone (art. 24-ter del TUA), inglobando anche il periodo che va dal 22 aprile al 2 maggio 2022 di vigenza del decreto interministeriale 6 aprile 2022. Conseguentemente non si darà luogo, per il secondo trimestre 2022, alla presentazione della dichiarazione di rimborso dell’accisa sui litri di gasolio consumati.
L’art. 1-bis, comma 3, fissa l’obbligo per gli esercenti depositi commerciali di cui all’art. 25, comma 1, del TUA nonché impianti di distribuzione stradale di carburanti di cui al comma 2, lett. b), del medesimo art. 25 di trasmettere al competente Ufficio delle dogane, tramite PEC ovvero per via telematica, entro il 15 luglio 2022, i dati dei quantitativi fisici dei carburanti le cui aliquote sono state da ultimo rideterminate giacenti nei serbatoi alla fine della giornata dell’8 luglio 2022.
Lo stesso comma 3 sancisce il venir meno del pregresso obbligo di comunicazione delle giacenze disposto dall’art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 21/2022 originariamente riguardante solo la benzina ed il gasolio usato come carburante (rilevazione delle giacenze alla data del 21 aprile 2022) facendo salvi, in ragione dell’avvenuto assorbimento dell’adempimento, eventuali comportamenti omissivi posti in essere dagli esercenti. Va da sé che non sono configurabili come illeciti amministrativi neanche possibili inosservanze dell’art. 1 della determinazione direttoriale prot. 177707/RU del 22 aprile 2022 (rilevazione delle giacenze alla data del 2 maggio 2022).
Infine, cessato il periodo di specifica efficacia, non trova più applicazione l’adempimento di cui all’art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 21/2022, in virtù del quale i titolari dei depositi fiscali e gli esercenti dei depositi commerciali di cui agli art. 23 e 25 del TUA erano tenuti a riportare nel documento amministrativo semplificato telematico l’aliquota di accisa applicata ai quantitativi dei prodotti energetici ivi indicati.


Via libera per il servizio di ricarica auto elettriche private dei dipendenti nel Welfare aziendale


Rientra nel regime di esclusione dal reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, co. 2, lett. f), D.P.R. n. 917/1986, il servizio di ricarica gratuito delle auto elettriche che la società datrice di lavoro offre ai propri dipendenti (Agenzia Entrate – risposta 10 giugno 2022 n. 329).

L’art. 51, co. 1, D.P.R. n. 917/1986, prevede che costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.


La predetta disposizione include nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro (c.d. “principio di onnicomprensività”), salve le tassative deroghe contenute nei successivi commi del medesimo art. 51.


In particolare, il co. 2, lett. f), del cit. art. 51 del Tuir dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”.


In relazione all’ambito di operatività della lettera f), l’Agenzia delle Entrate ha più volte precisato che, affinché si determini l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, devono verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni:


– le opere e i servizi devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti;


– le opere e i servizi devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura e non erogazioni sostitutive in denaro;


– le opere e i servizi devono perseguire specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto di cui all’art. 100, co. 1, del Tuir.


Le opere e i servizi contemplati dalla norma possono essere messi direttamente a disposizione dal datore di lavoro o da parte di strutture esterne all’azienda, a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio.


In considerazione della finalità della predetta normativa, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la disposizione di cui all’art. 51, co. 2, lett. f) del Tuir possa applicarsi anche nella ipotesi in cui il datore di lavoro, allo scopo di promuovere un utilizzo consapevole delle risorse ed atteggiamenti responsabili dei dipendenti verso l’ambiente, attraverso il ricorso alla mobilità elettrica, offra ai propri dipendenti il servizio di ricarica dell’auto elettrica.


Illegittimo il licenziamento del dirigente dissenziente


E’ illegittimo il licenziamento del dirigente – direttore generale che, anche al fine di non incorrere in responsabilità verso la società per atti e comportamenti degli amministratori, eserciti, in maniera non pretestuosa, il diritto al dissenso, con modalità non diffamatorie o offensive (Corte di Cassazione, Sentenza 31 maggio 2022, n. 17689).


La vicenda


La Corte distrettuale respingeva l’appello proposto da un lavoratore, direttore generale con qualifica di dirigente, volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli.
I giudici, nel respingere l’appello, avevano evidenziato che il dirigente nei primi giorni di ingresso in azienda aveva manifestato al consigliere delegato le sue riserve sulla valutazione di alcune poste contabili inserite nella bozza del bilancio e che lo stesso aveva poi partecipato alla riunione del consiglio di amministrazione della società, nel corso della quale aveva dato lettura di un documento in cui manifestava critiche al bilancio, rivelatesi, in seguito alle verifiche svolte, sostanzialmente infondate;
pertanto la società aveva provveduto a muovere una contestazione disciplinare al dirigente che, con lettera, forniva giustificazioni.


Alla luce di tanto, i giudici hanno ritenuto che il licenziamento intimato fosse sorretto da giusta causa, o quanto meno da giustificatezza, sul presupposto che la facoltà del dirigente di sollevare perplessità circa il bilancio della società datrice di lavoro, non legittimava lo stesso, specialmente nelle fasi iniziali del rapporto di lavoro, a pubblicizzare le proprie perplessità, a descrivere sempre pubblicamente le fattispecie di reato potenzialmente configurabili in caso di mancato accoglimento dei rilievi dallo stesso sollevati e ad addebitarne la responsabilità ai membri del CdA della società.


La Corte aveva, inoltre, ritenuto che i comportamenti del dirigente già nelle fasi iniziali del rapporto rivelavano come lo stesso si fosse volontariamente posto in contrapposizione con le scelte adottate dagli organi gestionali della società e come, quindi, non potesse sussistere alcun rapporto di fiducia e che l’evidente infondatezza delle censure espresse alla bozza di bilancio giustificava il licenziamento irrogato.


La pronuncia della Cassazione


La Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dal lavoratore, ha richiamato alcuni consolidati principi di diritto, tra cui quello in base al quale il comportamento del lavoratore, consistente nella divulgazione di fatti ed accuse, ancorché vere, obiettivamente idonee a ledere l’onore o la reputazione del datore di lavoro, esorbita dal legittimo esercizio del diritto di critica e può configurare un fatto illecito, consentendo il recesso del datore di lavoro, se l’illecito stesso risulta incompatibile con l’elemento fiduciario necessario per la prosecuzione del rapporto, qualora si traduca in una condotta che sia imputabile al suo autore a titolo di dolo o di colpa, e che non trovi adeguata e proporzionale giustificazione nell’esigenza di tutelare interessi di rilevanza giuridica almeno pari al bene oggetto dell’indicata lesione.


Tenuto conto, poi, del ruolo di direttore generale rivestito dal lavoratore, la Corte di legittimità ha posto in evidenza i profili di responsabilità legati a tale figura e la valenza del diritto al dissenso come meccanismo di esonero dalla responsabilità.
La sentenza impugnata, difatti, aveva ritenuto, erroneamente, esorbitante la manifestazione di dissenso del dipendente per avere egli esposto le critiche pubblicamente, senza documenti a supporto e sapendo che si trattava di una bozza di bilancio modificabile.
Ravvisando, dunque, in tale condotta la giusta causa di recesso, la stessa sentenza si è, invero, posta in contrasto con il principio in base al quale deve escludersi che l’esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro possa essere di per sé fonte di responsabilità disciplinare e giustificare il licenziamento per giusta causa, a meno che la denuncia non abbia carattere calunnioso.
Pertanto, non può attribuirsi rilevanza disciplinare atta ad integrare di per sé la giusta causa di recesso alla condotta di un lavoratore, dirigente e direttore generale che, senza neanche rivolgersi all’autorità giudiziaria o amministrativa, si limiti a ipotizzare la configurabilità di illeciti penali o amministrativi, mettendo in guardia i soggetti insieme a lui teoricamente responsabili.


Nei confronti del dirigente in questione la Corte d’appello aveva ritenuto, inoltre, integrato il requisito di giustificatezza del licenziamento in ragione della contrapposizione con le scelte datoriali, desumibile dalla complessiva condotta tenuta dal dipendente, giudicata sufficiente a violare ogni rapporto di fiducia, oltre che sulla base dell’ infondatezza delle accuse espresse alla bozza di bilancio.
Tuttavia, come posto in rilievo dal Collegio, il legame fiduciario che caratterizza il rapporto di lavoro dirigenziale non può determinare alcuna automatica compressione del diritto di critica, di denuncia e di dissenso spettante al lavoratore.
Ne consegue che, anche nel rapporto di lavoro dirigenziale e ai fini della giustificatezza del recesso, l’obbligo di fedeltà del dirigente deve essere bilanciato con il diritto di critica, di denuncia e di dissenso al medesimo spettante, escludendo che l’esercizio di tali diritti, quando avvenga in maniera ragionevole e non pretestuosa nonché con modalità formalmente corrette, possa integrare di per sé la nozione di giustificatezza del licenziamento.
Da tanto discende l’illegittimità del licenziamento del dirigente che, anche al fine di non incorrere in responsabilità verso la società per atti e comportamenti degli amministratori, eserciti, con modalità non diffamatorie o offensive, il proprio diritto al dissenso.

IVA: effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa


Il Fisco fornisce chiarimenti sul differimento dei termini di accertamento IVA e gli effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 09 giugno 2022, n. 328)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, l’istante ritiene di essere nei termini per presentare la dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 al fine di modificare la scelta dell’utilizzo di un credito IVA da rimborso, come manifestato nella dichiarazione originariamente presentata, a detrazione e/o compensazione.
La Società, infatti, come meglio argomentato nel seguito, ritiene di poter presentare una dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 fintantoché non sono spirati i termini per il controllo di detta dichiarazione originariamente presentata da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Orbene, nel caso di specie, il termine di decadenza del potere di accertamento in relazione alla Dichiarazione IVA 2014 è ancora in corso, in quanto lo stesso è rimasto sospeso per il periodo che è intercorso tra il quindicesimo giorno successivo alla data in cui l’Ufficio ha notificato la Richiesta Documenti (aprile 2016) e la data in cui la Società ha adempiuto a tale richiesta con la Consegna Documenti (3 luglio 2020).
Tale dilatazione dei tempi per la risposta è stata causata da particolari accadimenti, in precedenza descritti, per cui la Società ha potuto presentare la documentazione comprovante il proprio diritto al rimborso solo quando è riuscita a definire compiutamente la propria posizione debitoria nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e si è conclusa l’attività di controllo medio tempore avviata dall’Ufficio pur se relativa ad un’altra annualità.
Il Fisco, a riguardo, ritiene che il rinvio ai «termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» ad opera del comma 6- bis dell’articolo 8 del d.P.R. n. 322 del 1998 – con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA – non può che far riferimento ai termini “ordinari” disciplinati dal comma 1 dell’articolo 57 per le motivazioni di seguito esposte.
Anzitutto – per finalità di coerenza ed organicità del sistema – vi è l’esigenza di garantire continuità con il passato, laddove, l’originario rinvio – ai fini della presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, anche per l’IVA oltre che per le imposte sui redditi e dell’IRAP – ai termini di cui all’articolo 2, comma 8- bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non contemplava alcuna forma di “differimento” ancorata alle tempistiche di presentazione della documentazione richiesta ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA.
L’allungamento dei tempi di presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, con l’introduzione altresì di una norma ad hoc ai fini IVA, non altera la natura dell’istituto, di natura premiale, finalizzato a consentire al contribuente di emendare gli errori compiuti all’atto della presentazione della dichiarazione originaria, prima di essere raggiunto dall’azione accertatrice dell’Ufficio impositore.
Orbene, il “differimento” contemplato dal comma 3 del richiamato articolo 57, rappresenta uno “strumento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta dell’Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.


Trattasi, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.
Resta fermo che, in base all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 443, nell’ipotesi in cui il rimborso fosse denegato per difetto dei presupposti stabiliti dall’articolo 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, con contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la «detrazione, successivamente alla notificazione» del provvedimento di diniego, «in sede di liquidazione periodica, ovvero nella dichiarazione annuale».